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Il Vangelo della domenica

Riflessione sulla liturgia domenicale

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Durante tutto il mese di giugno la Chiesa ha messo davanti a noi i misteri del Cuore di Gesù, Dio-Uomo. Questo Cuore pulsa con il sangue umano, che è stato versato sulla croce. Questo Cuore pulsa con tutto l’inesauribile amore che è eternamente in Dio. Con questo amore esso è sempre aperto verso di noi, attraverso la ferita che vi ha aperto la lancia del centurione sulla croce. L’amore fa nascere l’amore, sprigiona l’amore e si realizza mediante l’amore. Ciascuna particella di vero amore nel cuore umano ha in sé qualcosa di ciò di cui il Cuore del Dio-Uomo è colmo senza limiti. Perciò Egli chiede a noi nell’odierna liturgia: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me” (Mt 11,28-29). Sono tanti i mali che opprimono e affliggono l'uomo, molti però sono mali dello spirito, sono mali dell'anima. Spirito ed anima non hanno ancora trovato il loro riposo che è solo in Dio, in Cristo e nello Spirito, nella loro santissima volontà. Qui è la pace dell'uomo e qui il risposo dello spirito, qui è la via ed il sentiero verso il cielo. è in questa certezza la pace dell'umanità, fuori di essa c'è solo inquietudine, ricerca vana che vuole ricolmare di non senso il senso della vita che il Signore ha scritto nel profondo dell’essere di ogni uomo. Solo nell'umiltà l'uomo può riconosce il suo stato di inquietudine, di affaticamento del suo spirito, di quella stanchezza che lo tiene incatenato alla terra e che non gli fa alzare gli occhi al cielo per accogliere Cristo ed impara da Lui come prendere su di sé il giogo della sua legge e della sua volontà che è dolce, soave. Così l'anima entra nella quiete e nel ristoro. Non finisce la fatica di avanzare verso il regno, ma essa è fatta nel riposo dello spirito, che è nel possesso del suo bene. è necessario che l'uomo si faccia piccolo, diventi umile, riconosca la sua origine, confessi di essere creatura del suo Signore, bisognosa di salvezza se vuole conoscere quanto Dio gli rivela, manifestandogli il suo mistero, perché esso venga accolto nei cuori. Difatti, è per grazia che l'uomo viene introdotto nel mistero della conoscenza tra il Padre e il Figlio ed è introdotto dalla Sapienza dello Spirito. Dio, che ripetutamente ha parlato “per mezzo dei profeti e ultimamente... per mezzo del Figlio”, come è detto nella Lettera agli ebrei (Eb 1,1-2), ha rivelato se stesso come Padre di un Figlio eterno e consostanziale. A sua volta Gesù, rivelando la paternità di Dio, ha fatto conoscere anche la sua figliolanza divina. è in tal senso che Gesù di Nazaret esclama: “Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. Quali cose ha tenuto nascoste il Signore? Quali misteri ha rivelato? Davvero i più profondi, della sua vita divina, quelli noti qui sulla terra solo a Lui, solo a Cristo stesso. Dice egli infatti: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). Solo il Figlio rivela effettivamente queste cose: Egli solo rivela il Padre e il Padre è rivelato attraverso il Figlio. E a chi rivela il Figlio queste cose? Le rivela a coloro che sceglie: “Perché così è piaciuto a te”, dice Gesù al Padre. Egli rivela queste cose ai piccoli, rivela che la paternità e la figliolanza divina sono tra loro in stretta correlazione all’interno del mistero del Dio uno e trino. “Una è infatti la persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo: ma la divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è una, uguale la gloria, coeterna la maestà... Il Figlio non è fatto, né creato, ma generato dal Padre solo” (Simbolo Quicumque). Si comprende che la vera conoscenza di Cristo è confidenza e dono. è la rivelazione dell'amico agli amici veri, leali, sinceri, desiderosi di entrare nell'intimità della persona amata. Chi vuole penetrare in profondità nel mistero di Gesù, deve volere anche vivere della sua amicizia, ma l'amicizia verso di Lui si fonda su una condizione essenziale: l'accoglienza e il compimento della sua volontà. Non può amare la saggezza chi vive nell'insipienza, né gustare il frutto della vita chi quotidianamente si nutre di frutti di morte. C'è una impossibilità di conoscere il Signore per quanti sono nel frutto della carne, come lo stesso Paolo lascia intendere nella seconda lettura, né è sufficiente il solo annunzio o la sola parola, occorre quella potente forza della grazia che investa la persona e la trasformi, la converta, la liberi dalle tenebre e dalla concupiscenza, la introduca nel regno della luce. Sono gli amici di Dio che ottengono la conversione e sono loro che immettono altri uomini nella conoscenza del loro Dio e Signore, per grazia dell'Onnipotente e per misericordia di Colui che vuole che ogni uomo entri nella conoscenza del suo mistero di grazia, di benedizione, di salvezza eterna.