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Spiritualità

ETICA RELAZIONALE IN MARIA E NUOVO UMANESIMO

Paolo Emanuele · 10 anni fa

L’uomo è un essere relazionale sul piano ontologico e questo si riflette sul piano storico e culturale in cui è inserito e, in base alla propria vocazione, vi partecipa con la sua particolare relazionalità. In tal senso ogni persona incontra l’altro non come nemico e «inferno» ma come amico capace di donare e di donarsi in tutta la sua ricchezza. Sartre nel suo dramma “L’inferno sono gli altri” descrive «tre persone già morte, un uomo e due donne (Garcin, Inès ed Estelle), chiuse in una stanza, senza finestre, senza specchi, senza libri, con una luce che impedisce il sonno, condannate ineluttabilmente ad essere reciprocamente in relazione; ma proprio questa relazione li distrugge senza fine. Ciascuno è costretto a rimanere perennemente paralizzato sotto lo sguardo degli altri due; ciascuno ha bisogno degli altri, senza i quali non può divenire se stesso, ma la loro presenza e il loro giudizio permanente gli impediscono di realizzare i propri desideri, di superare i propri limiti; ciascuno diventa geloso dell’altro, che vorrebbe possedere da solo; ciascuno è giudicato dall’altro, prigioniero della coscienza dell’altro. Questa situazione si rivela definitivamente irreparabile: né la fuga, né il suicidio (sono già morti) possono liberarli dallo stare insieme. La relazione, che dovrebbe salvare l’io, è la sua condanna e la sua distruzione. “L’enfer, c’est les autres” (“L’inferno sono gli altri”) è la conclusione del dramma» (A. Langella, Maria, persona in relazione, e il paradosso della relazione come inferno, in Theotokos 15 [2007], p. 353). Un nuovo umanesimo che trae spunto dal vangelo non può non porre il suo fulcro vitale nelle parole di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). In Maria c’è la figura perfettamente realizzata di un nuovo umanesimo e di una nuova relazionalità totalmente orientata al dono di sè. «Maria diventa così, secondo il linguaggio psico-sociologico, una figura di riferimento, per cui i fedeli scorgono in Maria non solo una “grande persona”, ma anche un elevato modello, con tutto quello che questo comporta. Essa è un invito alla santità, alla coerenza morale, all’impegno della crescita e del perfezionamento di se stessi, nella realizzazione dei diversi doveri umani e religiosi. Tale espressione, infatti, richiama tutta una dinamica di ammirazione, di fiducia, di proiezione ideale, per cui Maria diventa il punto focale della vita di tantissimi fedeli» (G. Scarvaglieri, Maria, persona in relazione, nel vissuto dei cristiani italiani, in Theotokos 15 (2007), p. 456). Quali sono le tipologie di relazione a Maria da parte dei fedeli? Possiamo classificare i fedeli secondo quattro gruppi fondamentali, secondo le variabili della consapevolezza dottrinale e dell’autenticità della pratica (cfr. ibidem, pp. 456-458): il tipo “devoto”, che dall’esempio di Maria ricava un vero senso ecclesiale e l’impegno per una vita cristiana coerente; il tipo “ingenuo”, che imposta il suo rapporto con Maria basandosi su forme emotive o su contenuti teologici non chiari, esagerando le sue doti femminili e esaltando eccessivamente tutte le sue virtù; in tal caso vi è un difetto nelle modalità e forme pratiche del culto al punto che la Vergine Maria possa assumere in sé le funzioni proprie di Cristo o dello Spirito Santo, arrivando ad una sovraesaltazione; il tipo “folklorico”, carente di coscienza teologica e quindi di adeguati aspetti motivazionali; questo lo porta a far emergere di più l’aspetto esteriore che scade in atteggiamenti spettacolari e teatrali per cui non emerge il senso religioso ma si rimane a livello di folklore; il tipo “negativo”, attento in modo particolare a rivelazioni nuove ed a fatti straordinari, in cui è ricercata una sorta di appagamento di un falso senso religioso o soprannaturale, talvolta in opposizione alla fede e alla fiducia in Dio e nella sua provvidenza; c’è il pericolo di superstizione ma anche di elementi di immoralità quando ad esempio si arriva a pregare la Vergine Maria per causare del male agli altri o per ottenere grazie non in linea con la vita cristiana; in tal caso manca sia una consapevolezza dottrinale che un’autenticità di vita conforme a quella di Maria. La chiesa guarda Maria come suo modello ed esempio in quanto sua realizzazione più pura e più intensa. «Nella LG la chiesa viene vista come un mistero di koinonia (cap. I-II); essa viene, cioè, presentata come un’unione intima di persone a Cristo, il Figlio incarnato, e perciò al Padre e allo Spirito Santo. Maria è la realizzazione più pura e più intimamente intensa della chiesa, perché in lei abbiamo la più perfetta koinonia, in quanto madre di Cristo, con lo spirito e il corpo (LG 56-59), per cui ella è figlia prediletta del Padre e tempio particolare dello Spirito Santo. La chiesa, inoltre, viene presentata come diakonia (LG cap. III-IV), cioè un complesso di servizi esercitati sua dalla gerarchia che dai laici, ognuno secondo il suo stato o posto che occupa nella chiesa, popolo di Dio. Maria è la più perfetta diakonìa, in quanto nessuno come lei ha servito Cristo (LG 61) nella salvezza del mondo. Il suo ministero, tutto animato dall’amore, è il tipo perfetto di ogni altro servizio nella chiesa. La chiesa, ancora, è vista come cristofania (LG cap. V-VI), ossia come manifestazione di Cristo, perché chiamata alla santità, che di fatto realizza, anche se non perfettamente, su questa terra. Maria è la più perfetta cristofania, perché con la sua vita tutta informata dalla fede e dall’amore ha manifestato Cristo al mondo più di ogni altro membro della chiesa. La chiesa, inoltre, è di natura escatologica, in quanto tende verso la perfezione o compimento nella glorificazione totale, anima e corpo, dei suoi membri (LG cap. VII). Maria, avendo raggiunto quel compimento di gloria, verso cui tende il popolo di Dio, è l’icona escatologica della chiesa. Ciò spiega come la chiesa, quale corpo mistico di Cristo, si presenta in Maria come in un’immagine (LG 68)» (M. Pedico, Catechesi, in S. De Fiores – S. Meo (Edd.), Nuovo Dizionario di Mariologia, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1996, p. 288). La figura della Vergine Maria ci porta ad elaborare teoricamente e quindi praticamente un umanesimo nuovo che evidenzi la vera struttura relazionale della persona. Purtroppo oggi la società è caratterizzata dall’insicurezza, dalla paura del futuro, da un individualismo egocentrico e narcisistico che addirittura pretende di cancellare la differenza sessuale (G. P. Di Nicola - A. Danese, L’antropologia uniduale al cuore della relazione interpersonale, in Theotokos 15 (2007), pp. 415-432). La cultura contemporanea cerca di abolire la differenza di genere e a negare l’esistenza di una identità maschile e femminile, fino a produrre “l’indifferenza per la differenza”. E’sintomo dell’“uomo senza qualità”: un essere “senza relazioni”. E’l’oscuramento della dignità umana che non riesce ad amare. «Non si impara ad amare moltiplicando le avventure delle notti o storie di amore, ma nella disponibilità al dono, al prendersi cura […]. L’amore, infatti, esige l’irrevocabilità, lancia verso l’eterno» (cfr. M.Farina, In Maria, donna in relazione, le vie di un nuovo umanesimo, in Theotokos 15 (2007), p. 462). La società oggi purtroppo propone un modello consumistico, «trasforma la relazione in antidoto all’insicurezza ove il “tu” è come una transizione d’affari. Di qui l’ondeggiare della fragile zattera della relazione tra i due scogli della sottomissione totale e del potere totale. Di qui il fallimento provocato dalle sue perversioni, cioè dall’encomio e dalla pretesa di cambiare l’altro. La vera relazione, invece, presuppone l’alterità, appunto come le due sponde unite dal ponte, distinte, ma non separate, unite, ma non confuse. E’rapporto tra due io, si nutre del rispetto della libertà dell’altro ed è agli antipodi della volontà di dominio. Chiama in causa la struttura relazionale della persona che ha la sua paradigmatica espressione nella sessualità. Proprio su questa struttura paradigmatica l’amore liquido mostra le sue pretese ed ambiguità fino al paradosso di ostentare libertà dentro l’assunzione di modelli pseudorelazionali consumistici, dentro espressioni non di amore, ma di manipolazione» (ibidem, p. 465). In Maria troviamo vie nuove di umanizzazione. Innanzitutto Paolo VI nella Marialis Cultus invita a ripensare la mariologia segnalando come orientamento fondamentale e decisivo la dimensione antropologica, incoraggiando ad un fecondo dialogo con le scienze umane, valorizzando le nuove sensibilità umanistiche, specie femminili (Paolo VI, Marialis Cultus 29-39, in Enchiridion Vaticanum, vol. 5, nn. 50-70, pp. 85-101). La Vergine Maria è modello di un nuovo umanesimo a partire dalla sua verginità, sponsalità e maternità: «Il valore della verginità apre la via a comprendere la purezza nelle relazioni, non nel senso della leggerezza ed irresponsabilità, ma nel senso dell’innocenza e della limpidezza delle origini che aprono ad una profonda e solidale appartenenza all’unica famiglia umana» (M. Farina, In Maria, donna in relazione, le vie di un nuovo umanesimo, in Theotokos 15 (2007), p. 484) «Nella sponsalità Maria richiama i valori della reciprocità dell’amore oltre la logica romantica dell’“io-tu”, per abbracciare, in concreto, nel prossimo ogni persona, tutta l’umanità. L’intimità dell’amore sponsale mette in rilievo la radicalità lldea fedeltà, l’umiltà e il coraggio esigiti dall’amare fino in fondo, fino alla fine» (ibidem, p. 485). «Maria di Nazareth è la Madre del Figlio di Dio. Con il suo “sì”, atteso nel silenzio da Dio, fa sussultare il cielo e la terra, rallegra il cuore di Dio. Il suo “sì” è un atto di libertà personale di tale portata teoantropologica che si dischiude alla storia dell’umanità, sintetizzando i tempi dell’attesa e della promessa nei tempi del compimento escatologico. Questo “si” che inaugura la storia nuova si compie nel “si” della Croce ove la Vergine Madre viene portata alla mentalità universale, non astratta, ma tanto concreta che collabora alla rigenerazione del genere umano come nuova Eva» (ibidem, p. 487).