Democrazia e Didattica al servizio della Persona Umana Quarta Riflessione L’attività educativa e didattica sorretta dalla pedagogia che pone in primo piano il valore della persona umana non si limita
a osservare passivamente la società e il mondo, ma interviene con sincerità, chiarezza e determinazione per conoscere e, eventualmente, redimere e sanare le innumerevoli controversie e le storture che variamente si dispiegano nel tessuto democratico comunitario.
Essa si pone come motore di ricerca di percorsi e strategie utili e importanti per l’individuazione e l’attuazione di progetti educativi e formativi in grado di soddisfare le necessità dell’uomo, e, quindi, della società, considerato (l’uomo) nella dimensione esistenziale, etica e trascendentale. In questo cammino di ricerca e di concretizzazione dei fattori e dei processi di educazione-formazione la sostanza vitale che definisce l’atto pedagogico-didattico deve essere sempre una linfa che sgorga dall’amore. Il rapporto tra docenti e discenti, le relazioni tra scuola e famiglia, i contatti tra scuola e istituzioni se improntati alla solidarietà e alla partecipazione aperta, responsabile e democratica certamente gli obiettivi di sviluppo e di cambiamento sono possibili. L’impianto pedagogico-didattico non può perdere di vista l’essenzialità dell’uomo con valori che si richiamino all’esistenza, alla crescita, al miglioramento di vita sociale, allo sviluppo economico e lavorativo, ma è fondamentale considerare contestualmente i valori più profondi della persona umana, che sono i valori del suo essere entità unica e irripetibile con pensiero, intelligenza, volontà e spiritualità. Se vengono meno questi postulati è difficile pensare alla formazione di una società democratica.
La democrazia oggi sembra attraversare un periodo di profonda crisi, una crisi generata, probabilmente, dalla falsa idea che si ha di essa; ciò accade perché il tessuto politico-sociale ed economico non ha un solido riferimento all’azione etica che deve vigere in tutti i comportamenti umani, e, in particolar modo negli uomini che reggono la “res pubblica”.
Il liberalismo, proclamato a dismisura, ha contribuito ad allontanare la visione dell’uomo dalla realtà e dai valori che essa deve includere nel percorso realizzativo dei processi formativi, lavorativi, economici, produttivi ecc.. E’questo una forma di liberalismo, a mio giudizio, senza anima, manca di sostanza morale: è solo aperto alla sfrenata affermazione della produzione, dell’incremento di beni materiali e della concentrazione degli stessi. Tra l’altro la circolazione delle risorse materiali e non, a livello mondiale non è controllata da interventi legislativi posti in essere dai vari stati a favore di una equa distribuzione dei beni e dei servizi. La giustizia sociale, i diritti fondamentali dei popoli e delle singole persone, quasi sempre, vengono ignorati e si accentuano solchi incolmabili di disparità economica e di rispetto del cittadino-persona. Questo sistema vale a fare si ché l’accumulo dei beni diventi patrimonio di pochi personaggi del settore produttivo e popoli sterminati soffrono per mancanza del necessario per vivere. I ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Nei primi anni del Secolo XIX alcuni pensatori di ispirazione cristiana hanno tentato di proporre un loro contributo di pensiero riguardo taluni principi su cui deve fondarsi la politica nella prospettiva di una democrazia che fosse attenta ai bisogni e alle aspettative dei cittadini e tale, comunque, nel rispetto dei diritti e dei doveri.
Emmanuel Mounier, Jacques Maritain, Henri Bergson, Eugenio Devaud. Yyes Réné Simon e altri hanno cercato di delineare i canoni fondamentali del governo democratico. Scriveva Mounier, nel 1938: “Noi siamo per una democrazia vitale, non per la democrazia che va in sfacelo. …Noi chiamiamo democrazia ogni regime che mette la cura della persona umana alla base di tutte le pubbliche istituzioni. …Il vero regime democratico non considera la persona del cittadino come una individualità isolata, ma come una concreata realtà, inserita in un certo numero di situazioni e di legami comunitari, dai quali devono scaturire altrettanti istituti giuridici concreti. …La democrazia personalistica non è il parlamentarismo quale è in funzione (anche) oggi. …Alle nostre democrazie è necessaria una rappresentatività reale, che non si identifichi con alcun interesse e che sia al riparo dalla corruzione e dalla menzogna. …La democrazia non è tirannia della maggioranza…, non è l’anarchia individualista e liberale. …La democrazia che noi vogliamo non è neutrale, essa è al servizio della persona umana”. (AA. VV. Educazione e Democrazia tra crisi e innovazione, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 1988, pag. 14).
Pare opportuno sottolineare che l’ampia citazione mette in evidenza la realtà odierna; giornalmente i mass-media narrano degli scandali, del male affare, delle ruberie, degli inganni, delle storture di ogni genere che i così detti parlamentari e amministratori della cosa pubblica ad ogni livello mettono in atto per soddisfare i loro interessi, i loro affari illeciti, i loro desideri scandalosi, le loro “voglie”. Certamente la politica che aspira a un regime democratico sano, giusto, vero non può reggersi con gente che ha come obiettivo non il bene dei cittadini e dello stato, ma nutre nel cuore e nella mente soltanto il proprio tornaconto.
La democrazia presuppone apertura di pensiero e di cuore, di intelligenza e di volontà, capacità di capirsi e di capire, di commisurarsi e commisurare: è, fondamentalmente, impegno convinto che le azioni di direzione, di governo, di legislazione, di esecuzione degli atti amministrativi, di governo della giustizia debbono essere svolte nella direzione del bene comune, dei singoli cittadini, con particolare attenzione nei confronti delle fasce sociali più deboli: bambini, disabili, meno abbienti, persone sofferenti, giovani senza lavoro e senza prospettive ecc.. Occorre riscoprire la sfera della solidarietà, del rispetto, dell’onestà intellettuale e morale.
La politica non può e non deve essere fatta ad immagine e somiglianza di coloro i quali si vogliono servire del potere per diffondere nella società e nel mondo disuguaglianze, tensioni sociali, fame, miseria, venti di guerra. La disuguaglianza sociale toglie la dignità all’uomo, lo pone in una condizione di sofferenza continua, perché sente l’annullamento totale della sua personalità, si spersonalizza tutto il suo essere di uomo-cittadino e persona.
Il regime democratico non nasce “ex abrupto”, all’improvviso, né “hic et nunc”, ora, né con la forza delle armi o la violenza, non è, nemmeno, una merce che si può esportare o importare, la democrazia è conquista graduale di valori, è formazione di pensiero, è sviluppo culturale avvolto da valori etici profondi dell’essere umano; è capacità di tradurre tali valori in comportamenti ed azioni che possano soddisfare il bene sociale, che dispieghino all’interno degli stati non solo il benessere materiale, ma anche o, soprattutto, il benessere civile, la serenità tra i cittadini. L’attenzione del regime democratico si deve altresì coniugare con i bisogni: diritti, doveri, aspettative dei cittadini con la presa di coscienza del rispetto necessario per la natura, per gli animali, insomma per tutto l’eco sistema. Essendo la democrazia una forma di governo cui tutti i cittadini hanno diritto di parteciparvi, allora, per rendere consapevole dell’impegno quasi sacrale, che occorre praticare, è necessario che esista una scuola che abbia come capisaldi pedagogici i principi fondamentale dell’essere e dell’esistere dell’uomo.
Per potere gradualmente instaurare la democrazia in una nazione, e, più in generale, nei diversi stati, occorre prendere coscienza che ciò può avvenire mediante l’educazione e l’istruzione (l’antica civiltà ateniese insegna). Qualche illustre personaggio del passato affermava che il grado di civiltà di una nazione si misura dalla educazione- formazione dei suoi cittadini.
Allora è giusto che i governi orientino la loro politica verso una grande considerazione : elaborare e promulgare programmi scolastici che indichino percorsi di intervento didattico in grado di educare l’intelligenza formandola nello spirito della moralità, della verità, della libertà e della giustizia sociale.
L’educazione intesa in tal senso diviene maestra di vita, strada sicura che porta gradualmente a conquistare obietti culturali, ma, soprattutto, conoscenza, sapere, saggezza, capacità e volontà di cambiamento nella direzione di stili di condotta sani, aperti ad un orizzonte etico che abbracci l’esistere e l’essere della società in tutte le sue necessità di vita e di progresso.
Molteplici sono i metodi, le strategie didattiche, i progetti, le intenzioni che sottendono il processo formativo-culturale-educativo, ma tutti gli interventi possono risultare vani o improduttivi o, quanto meno, dimezzati se l’atto educativo non sgorga dall’amore, amore che deve veicolare tra i docenti e i discenti, tra la scuola e le famiglie e tutte le agenzie formative, l’amore come metodologia culturale, come sostanza che coniuga la persona e il sapere.
“La democrazia, scrive Bergson, è di essenza evangelica ed ha come forza propulsiva l’amore”, è da ritenere, pertanto, che la lettura e l’adesione al Vangelo di Cristo spiega e fonda lo spirito della vera democrazia. La democrazia dell’uomo della ragione, della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia, della solidarietà e dell’amore.
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