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Chiesa

Eugenio Scalfari e Carlo Maria Martini: credenti e non credenti di fronte alla Resurrezione di Cristo

Paolo Emanuele · 10 anni fa

Un uomo risorge dai morti. Se di fronte a tanti aspetti della fede cristiana è possibile trovare punti di contatto con la cultura “laica”, di fronte al fatto fondante della nostra fede, di fronte a un evento inspiegabile alla ragione umana

che rappresenta la sola vera ragione di speranza per miliardi di credenti nel mondo, trovare strade sulle quali incrociarsi con i “cercatori di verità” sembra impossibile: la Resurrezione è questione di “fede”, è un fatto “spirituale” da accettare ad occhi chiusi senza possibilità di investigare.

Basta leggere il Vangelo per capire che non è così, che gli stessi discepoli di Cristo sentirono il bisogno di “toccare con mano” e “vedere con gli occhi” per credere; non è bastata l’euforia degli altri a convincerli che quel fatto era una realtà, che il Maestro era Risorto “come aveva detto”.

Ma oggi, come incontrare su questo terreno chi non crede? Come far passare in un mondo e in una cultura secolarizzati, il messaggio che la morte è stata vinta per sempre nella Resurrezione di Cristo?

Esperti di “dialoghi” tra un mondo laico “intellettualmente onesto” e un mondo cattolico capace – come insegna il Vaticano II – a riconoscere in tutti gli uomini la presenza di “semi di verità”, un giornalista che da poco ha compiuto 90 anni e un cardinale che ci ha lasciati nel settembre 2012: Eugenio Scalfari e il Cardinale Carlo Maria Martini.

Lo storico fondatore di “Repubblica” e il cardinale ambrosiano hanno dialogato per lungo tempo cercando, da posizioni nettamente diverse, di camminare insieme sul terreno di una fede che non si chiude in se stessa, ma cerca di incontrare la società di oggi, una società dove la fede non può essere più data per scontata. Il giornalista e il cardinale hanno parlato di temi di attualità, delle posizioni della Chiesa sulle questioni della bioetica, della famiglia, dell’economia, ma non hanno rinunciato a confrontarsi con le grandi “verità di fede”, anche su quello che Martini considerava “il fulcro della propria vita” e che quasi in modo provocatorio ha voluto lanciare al “laico” Scalfari come argomento di confronto: la Resurrezione di Cristo.

Per la penna storica del giornalismo italiano - che riconosce i tanti punti di incontro tra il credente e il non credente - di fronte alla proposta di confrontarsi sulla Resurrezione, confessa subito al Cardinale di avvertirla come “una sfida, più che un terreno d’incontro”: si tratta di “un miracolo”, fatto poco digeribile per gli “stomaci laici”. E qui la prima risposta del cardinale ambrosiano a Scalfari: “La Resurrezione del Cristo non è un miracolo. Il Dio che attraverso il Figlio ha assunto natura umana, dopo la morte sulla croce riassume la sua natura divina e immortale" . Ma, da maestro di giornalismo, Eugenio Scalfari non si accontenta di spiegazioni preconfezionate e vuole sapere perché per Carlo Maria Martini la Resurrezione rappresenta il “fulcro” della vita. E la risposta di Martini è: “La Resurrezione dei morti è un fatto storicamente positivo. Lo Spirito risorge in tutti noi. Risorge ogni giorno, risorge quando preghiamo, quando ci comunichiamo mangiando il pane e bevendo il vino del Signore, quando risorgono in noi la carità e la speranza del futuro, quello terreno e quello extraterreno. La storia del mondo non sarebbe quella che è se la speranza non alimentasse i nostri sforzi e la carità non illuminasse la nostra vita quotidiana. La Resurrezione dello Spirito è la fiamma che spinge le ruote del mondo. Lei può immaginare un mondo senza carità e senza speranza?" Sta in questa domanda finale, “Lei può immaginare un mondo senza carità e senza speranza?”, la “provocazione” dell’Arcivescovo di Milano che fa capire, a Scalfari e in generale a chi non crede, che la luce della Resurrezione di Cristo entra della pieghe della storia concreta di ciascuno di noi e dell’umanità, non è spiritualismo o evasione della realtà. La Resurrezione è quel respiro di carità e di speranza che dà agli uomini il coraggio di guardare avanti nonostante tutto, di mettere in gioco la propria vita per una causa più grande.

Ma il Cardinale non è sprovveduto. E subito dopo Scalfari lo provoca sul fatto che, se è vero che “speranza e carità illuminano anche la vita dei non credenti e derivano dall’istinto naturale degli uomini alla sopravvivenza della specie”, insieme a questa inclinazione naturale all’amore nell’uomo c’è anche l’istinto all’amore di sé, quell’egoismo che a detta di alcuni “muore qualche ora dopo di noi”. Per Scalfari, dunque, “la vita non è che un eterno contrasto tra questi due elementi, la natura umana poggia sulla dinamica di questi due elementi”.

E partendo dalla provocazione di Scalfari, Carlo Maria Martini risponde: sì, la Resurrezione è un “mistero della fede”, ma è anche un fatto storico che illumina la vita di tutti gli uomini, volenti o nolenti. “Ogni volta che l'amore del prossimo vince sull'egoismo dell'amore di sé, quello è il momento in cui lo Spirito risorge” – afferma Martini – “il fatto che lei lo chiami istinto non cambia la tessitura della vita: per me è la Resurrezione". E forse – andando un po’indietro negli anni – non sarà stato un caso che proprio Radio Vaticana fece trasmettere una canzone dei Nomadi, censurata nelle radio italiane, che raccontava di un “Dio morto” nell’odio e nella violenza umana che “risorge in ciò che noi crediamo in ciò che noi vogliamo, nel mondo migliore che faremo”

La risposta di Martini avrà convinto quello che qualcuno ha ribattezzato il “Papa del mondo laico” Eugenio Scalfari? Non lo sappiamo e non lo sapremo, vista la diffidenza di tanti personaggi pubblici, che hanno fatto del laicismo la loro bandiera, ad ammettere “in vita” eventuali ripensamenti. Ciò che sappiamo è che di fronte all’evento straordinario della Pasqua del Signore l’uomo si interroga, si domanda se questo desiderio di Vita che non ha fine, di Amore che vince sulle tristezze e sulle meschinità umane sia qualcosa che appartenga a tutti gli uomini, credenti e non credenti.

C’è un desiderio di aprire i sepolcri della quotidianità, di “liberarci dai macigni” come diceva Don Tonino Bello, delle ipocrisie, degli egoismi, delle indifferenze e di tutte quelle degenerazioni dell’amore di sé che ci chiudono in sepolcri apparentemente rassicuranti, ma freddi e senza di vita.

Poi anche noi come Tommaso esclameremo con fede: “Mio Signore e mio Dio”. Cominciare a farsi delle domande, interrogarsi sul desiderio di “vita senza fine” radicato nel cuore di ognuno di noi : è già un primo germe di Resurrezione.