“Essere tutti Magi, capaci di portare al mondo la risposta a tutte le angosce dell’umanità” e, nel contempo, “tornare indietro carichi di quella esperienza di chi contempla la luce e non può trattenerla per sé ma la deve comunicare agli altri”. Questo l’auspicio del Vescovo, monsignor Serafino Parisi, al termine dell’omelia in occasione della Santa Messa dell’Epifania del Signore da lui presieduta in Cattedrale.

“Siamo ancora tutti quanti folgorati dalla luce del Natale del Signore – ha detto monsignor Parisi -, perché il Natale viene presentato, anche dalla liturgia della Parola, come una festa di luce. Viene presa l’immagine del profeta Isaia che dice che ‘il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce’. E questa luce si estende nel tempo e arriva ad oggi, solennità dell’Epifania che ancora viene indicata come una festa di luce. Lo stesso Isaia nel brano della prima lettura di oggi dice proprio così ‘alzati e rivestiti di luce perché viene la tua luce’. La luce, allora, è la parola più importante di queste feste che stiamo vivendo e che ormai con questa serata sono andate via. Però, rimane il collegamento con il mistero originario della luce, perché la luce è la prima grande parola che viene pronunciata da Dio dentro un contesto buio, tenebroso, oscuro. All’inizio, quando si parla della Creazione, tutto il mondo caotico viene rappresentato come avvolto dentro una tenebra spessa, un buio tangibile. Appena Dio si fa presente sulla scena del mondo pronuncia la parola ‘sia la luce e la luce fu’. Ed è questa luce che vince le tenebre, che rompe ogni forma di buio e di oscurità. Giovanni, proprio a proposito della luce, sottolinea questo aspetto all’inizio del quarto Vangelo, dove dice ‘la luce venne nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta’, che è una grande parola di speranza: le tenebre non possono oscurare la luce, ma dentro il pensiero di Dio è la luce che vince le tenebre. Anche se le tenebre fanno di tutto per restare compatte, la luce fa la sua opera, compie la sua funzione, il suo servizio di illuminare il mondo, rompere e squarciare la oscurità e fare passare un raggio di vita”.

La solennità dell’Epifania, quindi, per il Vescovo “è una festa di luce” e “se dal piano teologico l’impatto del Natale è un impatto dirompente pur dentro la debolezza di un Bambino che nasce in una culla – ed un bambino fa tenerezza non fa paura – , la solennità dell’Epifania ha un risvolto ancora più impegnativo sul piano dell’azione pastorale, cioè sul servizio che noi dobbiamo rendere al mondo. Questo è il richiamo ai Magi”.
“Nella tradizione biblica – ha ricordato al riguardo monsignor Parisi – questi personaggi che arrivano sono i rappresentanti di tutti coloro che aspettavano la rivelazione del figlio di Dio. Erano coloro che già immaginavano che all’interno della storia dell’umanità sarebbe dovuta accadere qualche novità che loro intravedevano come cambiamento, svolta decisiva per la storia” e che, secondo l’evangelista Matteo, “la individuano in quella grotta di Betlemme, davanti alla figura di un bambino. Però, mentre c’è questo movimento che va dai confini del mondo fino al centro della storia dell’umanità, che è la grotta di Betlemme, allo stesso momento, una volta che i Magi hanno contemplato la grandezza di Dio nella fragilità di un bambino, tornano nelle loro terre, nei loro contesti, presso la loro gente, per dire la grandezza di Dio. Cioè, la luce che hanno contemplato non possono tenerla dentro di loro, ma devono portarla anche agli altri: questo è il messaggio forte che viene dalla solennità dell’Epifania. Ecco perché sul piano pastorale la solennità dell’Epifania ha davvero un valore superiore a quello di tutte le altre feste”.

“Oggi – ha aggiunto il Vescovo – il Papa ha utilizzato una bella immagine, che di per sé risale ad una riflessione del cardinale Martini, che diceva che dentro questa scena del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato oggi ci sono tanti personaggi e, dunque, per l’uomo ci sono tante possibilità di identificazione. C’è chi si identifica con i pastori, gente semplice, che sentono questa voce strana e non si lasciano condizionare da nulla o dalle cose che dovevano fare, dalle greggi da custodire, ma subito si muovono verso la grotta: è la semplicità che si muove subito. Poi, però, c’è anche il re Erode che praticamente si era sentito come spodestato da questo nuovo re che sarebbe dovuto venire sulla terra, si sente toccato nel vivo dell’affermazione di sé dalla nascita del bambino. C’è anche la possibilità di assumere la parte degli scribi, dei farisei che sapevano bene che le Scritture dicevano ‘Tu Betlemme non sei il più piccolo dei capoluoghi di Giuda da te nascerà il Salvatore di Israele’. Avevano una conoscenza storica di quello che sarebbe dovuto accadere, ma sono stati incapaci di recarsi alla grotta a vedere la grandezza di Dio nella debolezza di un bambino. E, poi, ci sono i Magi, coloro che, a mio modo di vedere, oggi, ognuno di noi dovrebbe imitare”.

“La parte dei Magi – ha detto monsignor Parisi – dovrebbe essere la nostra parte perché, appunto, i Magi sono coloro che raccolgono i grandi interrogativi dell’umanità: Come mai ancora c’è tanta cattiveria, tanto egoismo? Come mai c’è tanta guerra? Perché la guerra è sempre tanta anche quando – secondo noi – è di piccole dimensioni, tra di noi. Perché c’è tanta brutalità? Ma voi ce la fate a vedere le immagini di quei bambini morti dal freddo a Gaza che litigano tra di loro, nel terzo millennio, con una scodella in mano per conquistare un pugno di riso? Io, personalmente, non ce la faccio. Sono immagini che mi sconvolgono, intanto per l’impotenza e poi per dire ‘ma come è possibile che si possa arrivare a tanto?’. E qui non è questione di mettersi da una parte o dall’altra perché quando l’uomo soffre è sempre l’umanità che viene sconfitta. Perché si continua a morire? Perché tanta sofferenza? Queste sono le domande, mettendo da parte quelle che, poi, il cuore di ogni persona porta dentro di sé: penso a tante mamme, tanti papà, tante famiglie, preoccupati per l’educazione dei figli, per l’orientamento da dare alla vita dei giovani”.

“Se abbiamo la capacità di fare queste domande – ha affermato il Vescovo – , siamo noi i Magi. Non coloro che agiscono con le magie, con le fatture, ma quelli che con il ragionamento capiscono che l’umanità ha bisogno di una svolta e si mettono in cammino. Bellissima, quella riflessione che dice ‘i Magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella ma i Magi vedono la stella perché si sono messi in cammino’. Bisogna muoversi, fare dei passi decisivi, andare, appunto, verso questo indicativo per la storia dell’umanità che è, ancora una volta, una grotta ed un bambino. Un Dio potente che decide di entrare nella storia con debolezza ed è quel Dio che da speranza all’umanità, senso all’esistenza ed anche il tempo viene trasformato da questo ingresso di Dio dentro la storia dell’umanità. Perché, qualora l’uomo dovesse sperimentare quel fallimento, quella disperazione, quell’abbandono che lo portano a spegnersi, dentro questa umanità, che fa esperienza del limite e del nulla, della fragilità e della provvisorietà, Dio fa riscoprire la scintilla della eternità, lo stigma dell’eternità che è messo dentro la nostra vita”.

 

 

“Allora – ha concluso monsignor Parisi – , se dobbiamo essere i Magi, avendo fatto le domande e avendo trovato anche l’indicativo della trasformazione della storia dell’umanità, una volta che lo abbiamo contemplato, dobbiamo offrirlo agli altri come annuncio, come testimonianza, come messaggio di verità di salvezza, di gioia”.

Saveria Maria Gigliotti