“Charitas è il messaggio che ci ha dato Gesù e che i santi, come San Francesco di Paola, hanno voluto dare a tutti”. Così il vescovo, monsignor Serafino Parisi, nel porgere i saluti al termine della processione di San Francesco di Paola e sottolineando che “quest’anno – ha detto – ho pensato di rivolgere a voi un messaggio che ha come centro una parola che è la parola che ci riunisce tutti, tra l’altro San Francesco di Paola la pone proprio come parola identificativa della sua vita, del suo servizio, della sua presenza come cristiano, come credente in mezzo al mondo, ed è la parola carità, Charitas”.
“Questo tema della carità – ha aggiunto monsignor Parisi – che, poi, è l’amore, è quel tema che ci rende capaci di guardarci negli occhi e riconoscerci, non come nemici, non come avversari, non come rivali, ma appartenenti alla stessa famiglia. Cioè, ci fa riconoscere come fratelli. Ed io penso che dobbiamo molto riflettere e molto lavorare su questo tema della fraternità perché in tante situazioni ci sono dei focolai di odio, pensiamo, per esempio, alle grandi guerre che ci sono nel mondo che ci impensieriscono: una guerra distante, una guerra lontana, non è talmente lontana e distante da non creare preoccupazioni anche a noi in tanti versanti. E, poi, ci sono le guerre quelle tra di noi, quelle più vicine, che a volte avvengono per piccole cose. Allora, sul messaggio dell’amore, sul messaggio della Carità, dobbiamo lavorarci un po’ tutti in modo tale, davvero, da riconoscerci tutti quanti dentro un unico grande abbraccio, che è quell’abbraccio che il Signore Gesù ha voluto fare a noi proprio visivamente sulla croce. Come Crocifisso, cioè, con le braccia allargate, ha voluto dare a noi questo messaggio di unione: uniti dentro questa offerta della vita, del corpo di Gesù, della sua esistenza. Ed è morto – domani avremo la festa del Corpus Domini – perché ognuno di noi possa vivere e gioire”.
Per il Vescovo, quindi, “questo messaggio della Carità è anche a vantaggio di tutti noi, non solo perché se ci riconosciamo come fratelli non sprechiamo tante energie perché le impieghiamo, magari, per volerci bene, per ritrovarci, per tessere tra di noi delle relazioni belle. Ma, questo messaggio dell’amore ci porta anche all’espressione piena della nostra vita e l’espressione piena della nostra vita è la possibilità di esprimerci nella gioia” che “è davvero quella letizia del cuore, quella forza di rallegrarci e di vedere sempre l’aspetto positivo della nostra esistenza, anche dentro le difficoltà, anche nella sofferenza. Diciamo che, attraverso le difficoltà, i dolori, le sofferenze, il credente che sa che Dio è vicino a lui – il Signore ci è vicino questo è il messaggio -. Il credente sa di poter gioire perché il Signore non abbandona mai. La presenza dei Santi dentro la storia dell’umanità indica che il Vangelo possiamo viverlo in ogni tempo in ogni latitudine. Il messaggio del Vangelo che è un messaggio di amore e di gioia può essere vissuto e può essere offerto a tutti”.
“Anche noi, allora – ha concluso il Vescovo -, diventiamo come i Santi, portatori di questo messaggio di bene, di carità, e tutti noi diventiamo davvero portatori di gioia. Cioè andare nel mondo e dire che se il Signore è con noi, noi possiamo, dobbiamo, unicamente vivere e gioire. Anzi gioire per vivere e vivere per gioire. È questo l’augurio che io faccio a tutti voi questa sera nel nome del grande San Francesco di Paola”.
La novena, alla quale ha dato anche il suo contributo come predicatore il biblista padre Ernesto Della Corte, ha avuto come filo conduttore il tema “La Chiesa – popolo di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo”. I fedeli, in questo cammino di preparazione alla festa, infatti, sono stati sollecitati a riflettere su questo tema avendo come punto di partenza la frase: “In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la sua giustizia. Tuttavia piacque a Dio di santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e santamente lo servisse. Si scelse quindi per sé il popolo israelita, stabili con lui un’alleanza e lo formò progressivamente […]. Tutto questo però avvenne in preparazione e in figura di quella nuova e perfetta Alleanza che doveva concludersi in Cristo […] cioè la Nuova Alleanza nel suo sangue, chiamando gente dai Giudei e dalle nazioni, perché si fondesse in unità non secondo la carne, ma nello Spirito”.

 

Saveria Maria Gigliotti