“Il senso della vita di Gesù è proprio quello di essere donata agli altri, essere per gli altri”. Con queste parole il vescovo, monsignor Serafino Parisi, nella Messa del Corpus Domini, celebrata ieri sera in una cattedrale assiepata di fedeli, si è soffermato sulla forza dell’amore “che ha guidato la vita di Gesù. Cioè, quell’amore – ha detto – che è capace di amare chi, non solo è irriconoscente, ma anche chi è ingrato”.
“L’esistenza ha un senso – ha aggiunto il Vescovo – se è un’esistenza donata, quella che con una parola viene detta l’agape, cioè l’amore oblativo, l’amore che si dona, che si consegna, che non aspetta il contraccambio, ricompense e nemmeno i ringraziamenti, l’amore che sa essere amore anche per quelli come Giuda che l’hanno tradito, come gli apostoli che l’hanno abbandonato, come Pietro che lo ha rinnegato”.
“Il messaggio del brano del Vangelo di oggi – ha detto monsignor Parisi – è quello dell’ultima cena, del pane spezzato, che è il corpo di Gesù, e del sangue versato, che è il sangue di Gesù, che viene presentato all’interno del testo come dono d’amore. Cioè, la scelta del figlio di Dio è quella di donare la sua vita per amore” ed “il dono d’amore dell’Eucarestia, il corpo consegnato di Gesù, insegna a noi credenti, a noi cristiani che il modello dell’amore, della consegna, della donazione, di questa oblatività, cioè diventare dono per l’altro, la mia vita diventa vita per te anche se devo sacrificarla e tu non lo meriti, diventa ancora più forte se collocato all’interno di questo contesto di peccato, di fragilità umana, di limite. Dentro questo limite accade l’amore di Dio. Anzi è questo limite dell’umanità che dice a Dio che proprio questo baratro deve essere abitato, proprio questa frattura deve essere riempita dal suo amore. Questa è la forza dell’Eucarestia. Allora, quando noi celebriamo l’Eucarestia, entriamo dentro questo legame di una fraternità che certamente è costruita sul sangue”.
“Abbiamo ascoltato tutti all’interno della ricca parola di Dio di oggi il brano del Vangelo – ha aggiunto il Vescovo – ed abbiamo avuto la possibilità di riconoscere facilmente che questo testo del Vangelo viene riproposto nel cuore dell’anno liturgico, cioè nella Settimana Santa. Tra le righe di questo testo, l’evangelista Marco, dal quale è stato tratto il brano di questa sera, ci tiene a dare una immediata comunicazione. Lo dice subito: Gesù sa a cosa va incontro, conosce bene che l’arrivo a Gerusalemme per lui sarebbe stato l’incontro con la morte, sarebbe stato il giorno decisivo, il giorno definitivo. Quel momento talmente atteso e pure talmente alto, che avrebbe costituito la svolta della sua esistenza e anche della vita di tutti quelli che lo avrebbero seguito. Momento che l’evangelista Giovanni, sottolineando in modo molto forte la portata di questo accadimento, parla dell’ora decisiva di Gesù, l’ora della crocifissione, della esaltazione, della glorificazione” e “ci fa comprendere che quello che è accaduto a Gesù, non solo nel Venerdì Santo ma tutto quello che è accaduto dentro quei tre giorni del mistero pasquale racchiusi nel nostro anno liturgico tra il giovedì, il venerdì, il sabato e poi la domenica – primo giorno della settimana – , il giorno della Resurrezione era stato scelto dal Signore: non è stato un incidente di percorso, non è stato un evento estemporaneo, un accadimento, cioè, che era semplicemente così, imprevedibile. Era, invece da Gesù, scelto, voluto e vissuto dall’inizio”.
“Questa – ha concluso monsignor Parisi – è la prima grande comunicazione che noi percepiamo nelle parole del brano del Vangelo di questa sera e tutto questo è detto nella preparazione minuziosa che Gesù ha in mente, che comunica ai suoi discepoli affinché la cena venisse vissuta con partecipazione e non venisse interpretata come qualcosa di imprevisto, ma come la scelta. Cioè, la volontà precisa di Gesù di vivere quell’ora. Ed è questo che rende ancora più potente il messaggio del brano del Vangelo di oggi”.
Al termine della Santa Messa, il Vescovo ha presieduto la processione del Corpus Domini che si è conclusa sul sagrato della Cattedrale.
Saveria Maria Gigliotti