Libertà, amore, l’esigenza di prendere sul serio la proposta di vita cristiana non “burocratizzando” il cristianesimo, ma lasciandosi interpellare da una domanda, la stessa che Gesù pone a Pietro sulle rive del lago di Tiberiade dopo la Resurrezione: “mi vuoi bene?”
Parte dal suo libro “Per solo amore”, di cui è stata recentemente pubblicata una nuova edizione, la conversazione tenuta da don Guido Mazzotta nel salone parrocchiale della Pietà. Temi impegnativi della vita cristiana, quelli trattati da don Guido, “figlio” della chiesa lametina, professore ordinario di metafisica e teologia filosofica e decano della facoltà di filosofia della Pontificia Università Urbaniana, condivisi con uno stile comunicativo familiare, attraverso domande che suscitano altre domande e interpellano le scelte concrete della vita del credente oggi.
Tra le questioni trattate da don Guido, nel contesto di una società occidentale segnata dalla secolarizzazione, da un cristianesimo sempre più insidiato e dalla pretesa del mondo di voler fare a meno di Dio, il rapporto con il corpo rispetto al quale “occorre superare una contrapposizione tra corpo e anima che è assolutamente contro la visione cristiana. I grandi padri della Chiesa hanno parlato della carne come cardine della salvezza, il rapporto con il nostro corpo è il campo in cui si gioca la nostra libertà”. Di fronte a una rappresentazione distorta di un cristianesimo che vorrebbe contrapporre corpo e spirito, Mazzotta cita Tommaso d’Aquino “l’uomo come orizzonte e confine tra la materia e lo spirito”. Un concetto, quello del corpo, da rivalutare nella sua dignità stabilita dal progetto di Dio, una frattura da superare per essere in linea con quello che da secoli è il vero pensiero della Chiesa sul rapporto tra anima e corpo.
Amore e libertà sono strettamente uniti, nella riflessione delsacerdote e teologo, per il quale “esistono libertà minori, come quella di decidere cosa fare o cosa non fare nella vita di ogni giorno, e libertà “maggiori”, che interpellano le grandi domande: quale orientamento voglio dare alla mia vita? A chi voglio fare riferimento? La libertà vera è quella che Gesù Cristo realizza nel dono totale di sé e noi siamo liberi nella misura in cui amiamo donandoci completamente. Tutti gli stati di vita sono chiamati alla santità, a realizzare la libertà nel dono totale di noi stessi”. Da qui il matrimonio definito da don Guido come “evento di libertà” che deve necessariamente essere celebrato nell’Eucaristia “che è il dono totale di Cristo all’umanità”. E poi la preghiera che, per Mazzotta, “non è “parlare con Dio” o pretendere di rendere Dio succube delle nostre argomentazioni, ma lasciare che Dio ci parli, lasciare che la Sua Parola investa ogni aspetto della nostra vita. Nella preghiera siamo chiamati a trovare le tracce di Gesù nella nostra vita”.
Non si sminuisce il senso della colpa e del peccato ma, per don Guido, “il vero esame di coscienza è lasciarsi interpellare dalla Parola di Dio più che dalla nostra coscienza. È interrogarsi su quella domanda che Gesù pone a Pietro dopo la Resurrezione: mi vuoi bene? Perché è questo che importa veramente a Gesù. E rispondere anche noi: tu sai tutto, Signore. Tu sai che ti voglio bene”.
Da don Guido Mazzotta, che ha svolto il suo servizio pastorale anche nella comunità della Pietà, un pensiero a monsignor Azio Davoli, a pochi mesi dal venticinquesimo della sua scomparsa, ricordato come “un sacerdote che ha promosso in modo innovativo la vita comunitaria tra sacerdoti, perché era consapevole che da soli possiamo fare poco”.
Ad introdurre l’incontro, il parroco don Emanuele Gigliotti che ha sottolineato come “don Guido ha contribuito alla formazione di una generazione di giovani che si sono distinti nella chiesa e nel mondo. Don Guido convoca le coscienze all’impegno nella storia, senza burocratizzare i cammini di fede, ma attivando percorsi formativi solidi. Anche per questo, qualcuno lo ha definito “intagliatore di sicomori”.
Salvatore D’Elia