“Il Natale ci porta, come credenti, ad interrogarci: è mai possibile, come ci dice il profeta Isaia, che le rovine di una città, le macerie dell’umanità possano prorompere in canti di gioia? Come vedere la gioia tra le macerie, tra le distruzioni, nel volto deturpato di questa umanità? All’interno di questa realtà in cui ancora oggi l’umanità si trova a vivere, un’umanità ferita, il profeta ci invita ad essere “cantori della gioia” perché Dio ha consolato il suo popolo. Dio viene a prendere la carne dell’umanità, viene ad assumere la nostra natura umana, per dire alla nostra umanità che ancora può sperare, ancora può cantare, perché dentro di noi portiamo una scintilla di eternità, un sigillo d’amore che ci fa sperare”. Così il vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi che, in Cattedrale, ha presieduto il solenne Pontificale del giorno di Natale.
Il presule ha parlato del “volto deturpato dell’umanità”, segnato “dalle tante guerre che ci sono nel mondo. Ci sono immagini rispetto alle quali il nostro sguardo non regge: pensiamo al pianto inascoltabile dei bambini che soffrono, a un’umanità mortificata nel presente e depredata nel futuro. Nelle guerre non ci sono vincitori: certamente ci sono quelli che aumentano i loro profitti con la vendita delle armi o con la corsa alla ricostruzione. Ma noi sappiamo che chi pensa di costruire la propria fortuna sulla sciagura degli altri è il più grande illuso e il più grande sconfitto della storia. E poi ci sono le “battaglie” tra di noi, i conflitti tra gli amici, nelle famiglie, le liti tra di noi per vili interessi. Quando Isaia parla di macerie e di rovine, è facile pensare a quelle lontano da noi. Ma ci sono anche le macerie della nostra vita, quelle che provochiamo noi o che subiamo”.
“Il Natale – ha proseguito Parisi – sia per tutti noi un recupero di tutta la forza dell’amore di Dio, dell’amore appassionato che Dio ha manifestato all’umanità scendendo tra di noi, tra le nostre rovine. Dentro queste macerie, lì facciamo nascere il Bambino. C’è ancora il Logos, la Parola di Dio che dice anche nel nostro tempo: tu sei già riempito di eternità, tu sei già colmo di amore, dai all’amore la possibilità di esprimersi”
“Auguro a voi, a me, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, a ciascuno di noi – ha concluso il vescovo – di scoprire non “nonostante” le sciagure, ma dentro i drammi della storia, la forza sconvolgente dell’amore di Dio che ci vuole rendere tutti annunciatori del suo Vangelo di gioia. Auguri a tutti perché ognuno di noi possa essere, nel mondo, il cantore di quella gioia che ridà vita nuova alla carne martoriata dell’umanità. Siate cantori di quella gioia che riesce a dare al volto sfigurato dell’umanità l’impronta originaria che è bellezza per sempre, da cantare per l’eternità.”.
Salvatore D’Elia