“Oggi il vostro figlio Lwanga è diventato dottore. Grazie dottor Lwanga, siamo orgogliosi di te”. Queste parole di padre Paolino Tomaino, giunte dall’Uganda, sono quelle che, più di ogni altra cosa, descrivono una storia di riscatto che resteranno impresse nel cuore del neo dottore in Medicina Lwanga Ssempijja, laureatosi in Medicina all’Università Magna Graecia di Catanzaro.
La sua, infatti, è una storia fatta di solidarietà e di voglia di riscatto che parte dal 1965, anno in cui padre Paolino Tomaino, un sacerdote missionario comboniano della Diocesi di Lamezia Terme, giunge in Uganda. Dopo appena sette mesi dal suo arrivo in quella terra lontana, padre Paolino, tra i tanti bambini che incontra nella scuola accanto alla missione, conosce Agata, un’alunna di quarta elementare. Una vita dura quella di questa piccola che con la sua famiglia sta accanto a quel sacerdote buono che, giunto dall’Italia, sta aiutando un popolo ad aiutare se stesso. Diventata grande, Agata è costretta anche a vivere un momento difficile quando il marito è obbligato a scappare dall’Uganda, in esilio, per ragioni politiche.
Il rapporto tra padre Paolino e la famiglia di quella bambina, ora diventata adulta, non si interrompe. Ed è così che negli anni vede crescere quella famiglia fino alla nascita di Lwanga, un bimbo vispo che vuole diventare dottore.
Sembrerebbe un sogno irrealizzabile per chi nasce e cresce in una terra martoriata e povera, ma la macchina della solidarietà degli amici di padre Paolino, che vivono in Calabria ed in altre regioni d’Italia, è all’opera: insieme ai tanti bambini adottati a distanza ed aiutati nel loro percorso scolastico, c’è anche Lwanga che, dopo il diploma, per frequentare l’Università, si trasferisce a San Pietro Apostolo, paese natio di padre Paolino dove una famiglia lo ospita. Sono anni duri sia per la lingua sia per la lontananza da casa, dove in questi anni Lwanga non rientra perché vuole finire gli studi. La tenacia e la voglia di riscatto, però, lo aiutano a raggiungere quel traguardo tanto agognato: diventare dottore.
E così è stato. Nell’aula Magna dell’Università di Catanzaro è proclamato dottore in medicina. E non c’è stato grazie più bello del suo sorriso e della sua emozione quando don Pasqualino Gualtieri, parroco di San Pietro Apostolo, lo incorona con l’alloro tra gli applausi di chi, in questi anni, ha seguito il suo percorso.
Ma la storia di Lwanga non finisce qui.
Prossima tappa della sua vita il rientro in Uganda, per riabbracciare padre Paolino e i suoi cari, ma, soprattutto, per dedicarsi alla sua gente e farlo da medico.
“Immenso grazie – scrive su una chat padre Paolino dall’Uganda mentre in Africa giunge l’eco del traguardo raggiunto – Grazie per questa festa per il mio e vostro Lwanga. Grazie ai nostri benefattori non abbiamo mai abbandonato la famiglia di Lwanga. Niente avrei potuto fare senza i benefattori Lametini”.
“Grazie”, scrive padre Paolino a Lwanga ed a chi negli anni ha accompagnato questo ragazzo, e grazie scrive Lwanga a padre Paolino ed a chi in questi anni è stato accanto a lui per aiutarlo a raggiungere il suo sogno: “Padre Paolino – scrive il neo dottore – sei stato come un padre per me sin dalla mia infanzia. Non ci sono parole per descrivere quanto ti sia immensamente grato. Sono chi sono ora grazie a te. Hai reso ogni cosa possibile per me. La famiglia del defunto Pietro Mazza e sua moglie Maria Luisa, che hanno reso l’Italia una mia seconda casa: mi avete preso dal primo giorno e mi avete reso parte della vostra famiglia. Non ci sono parole per descrivere quanto io sia grato per tutto ciò che avete fatto per me”.
Grazie, invece, lo diciamo noi a Lwanga per averci insegnato sia che bisogna credere nei sogni anche quando questi sembrano impossibili sia cosa significhino dignità e riscatto.
Da oggi nella storia del dottor Lwanga Ssempijja inizia un nuovo cammino in quel solco iniziato a tracciare da padre Paolino nel lontano 1965: “Se si pensa all’attività che svolgerà qui – scrive ancora questo missionario che ha dedicato la sua vita all’Africa -, il risultato del vostro aiuto si ripeterà nei secoli avvenire. Ciascuno di voi ci ha messo una manina. A tutti un immenso grazie. Ma abbiamo bisogno ancora di persone così. Il mio sogno, ora, è di avere una suora medico per il nostro ospedale di Burunga”.
Saveria Maria Gigliotti