“La nostra fede cristiana è una fede incarnata e noi, come cristiani, siamo chiamati ad entrare dentro questa realtà perché questa realtà ci appartiene. Non possiamo inventarci una realtà diversa, non la possiamo fuggire, non possiamo creare e rifugiarci in degli angoli confortevoli che possono essere i nostri gruppi ristretti, le nostre appartenenze… Usciamo da quel circolo asfittico che Gesù ha sempre combattuto quando parlava del modo di interpretare la religiosità da parte di scribi e farisei: “noi “dentro siamo perfetti, tutti gli altri all’esterno impuri”. La Chiesa che Papa Francesco delinea nell’ Evangelii Gaudium è una comunità aperta, inclusiva, missionaria”. È uno dei passaggi dell’intervento del vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi alla prima assemblea ecclesiale diocesana, svoltasi nell’auditorium appena inaugurato all’interno del complesso interparrocchiale S. Benedetto.
Partendo dalla lettura di alcuni versetti del capitolo 10 di Matteo, all’inizio di quello che viene chiamato il “discorso missionario”, il secondo dei cinque discorsi di Gesù presenti nel Vangelo di Matteo, monsignor Parisi ha sottolineato come “il contesto della missione dei discepoli è sempre lo stesso, ieri come oggi: l’avversione nei confronti della predicazione. Lo stile dei discepoli è quello di uomini perseguitati ma coraggiosi”.
Soffermandosi su diversi passaggi dell’ Evangelii Gaudium di Papa Francesco, Parisi ha sottolineato che “le periferie esistenziali, verso le quali Papa Francesco come Chiesa ci chiama ad uscire, non sono un’espressione linguistica, ma va riempita di contenuto. Le periferie esistenziali sono tra di noi. Sono in quelle sacche di umanità incompiuta, che non ha più la gioia di vivere, lì dove l’umanità è in affanno e non trova le ragioni per vivere, gli strumenti per interpretare la propria condizione esistenziale. A questa umanità, siamo chiamati ad annunciare il Vangelo”.
“Annunciare il Vangelo – ha proseguito Parisi – dentro le nostre strutture umane che non sono strutture, per così dire, “chiesastiche”, ma “ecclesiali”, che devono essere segno visibile di comunione. La nostra visione di Chiesa deve essere quella di un luogo di accoglienza e condivisione, chiamata a testimoniare la misericordia di Dio”.
“Qual è la qualità del nostro servizio nel mondo e nella storia? A cosa è legata la nostra testimonianza? – ha rimarcato Parisi – la nostra testimonianza è legata al primato di Gesù Cristo. Lo stile del discepolo nasce dalla fede e dalla libertà, da cui scaturisce il coraggio. La nostra presenza cristiana nel mondo e nella storia è necessaria per arginare la banalizzazione, per parlare al mondo non di angoscia ma di speranza, per recuperare l’umano: come cristiani siamo chiamati a vivere la nostra umanità pienamente in maniera conforme a come ha vissuto Gesù”. Alla vigilia dell’avvio della scuola dei ministeri e a oltre un mese e mezzo dall’inizio del secondo anno della scuola biblica, con centinaia di presenze ad ogni appuntamento da tutti i comuni della diocesi, il vescovo di Lamezia ha sottolineato l’importanza della formazione “per prepararci a interpretare la storia e dare il nostro contributo costruttivo”.
“Vi chiedo di pregare – ha concluso Parisi – il servo di Dio Vittorio Moietta perché possa guidare i nostri passi, con la sua passione amorevole, con la testimonianza prudente e pacifica che ha saputo dare pur dentro la persecuzione della malattia, con quella passione apostolica con cui ha servito questa nostra Chiesa diocesana.”.
Salvatore D’Elia