È ritornato al Padre Paolo Portoghesi, progettista di fama internazionale, docente universitario, considerato il principale esponente del Postmodernismo in Italia. L’attività di Portoghesi si è svolta parallelamente sui versanti della ricerca storica e della progettazione architettonica, puntando alla reintegrazione della memoria collettiva nella tradizione dell’architettura moderna. Negli anni scorsi, ha partecipato al concorso internazionale indetto dalla diocesi lametina per la realizzazione dell’attuale complesso interparrocchiale S. Benedetto, risultando vincitore tra oltre 70 gruppi di architetti partecipanti. Recentemente, collegandosi in videoconferenza, aveva partecipato al convegno svoltosi nella sala consiliare “Mons. Renato Luisi” del Comune di Lamezia Terme, alla presenza del vescovo monsignor Serafino Parisi e dei rappresentanti istituzionali del Comune lametino, durante il quale è stato presentato il suo libro dal titolo “La Chiesa di S. Benedetto”
Riproponiamo quanto scritto da Paolo Portoghesi sulla Chiesa di S. Benedetto alla vigilia della posa della prima pietra, avvenuta nel 2016, alla presenza del vescovo Luigi Antonio Cantafora e di mons. Nunzio Galantino, già segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.
“ La chiesa sorgerà su un terreno donato dall’amministrazione comunale in prossimità dei due quartieri di Nicastro e Sambiase ed esprimerà così l’unione tra i due insediamenti che ha generato la nuova città. Il progetto del complesso edilizio che conterrà oltre ai servizi parrocchiali alcuni servizi interparrocchiali, come una grande sala di conferenze di 800 metri quadrati. La chiesa è caratterizzata all’esterno da due alti campanili che ne rendono riconoscibile l’immagine da lontano e da un portale a forma di libro aperto, essendo il libro l’insegna di San Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale. Un grande sagrato circondato da portici insieme alla piazza civica, prevista nel progetto che il Comune di Lamezia ha ricevuto in dono, collegherà la chiesa con il Municipio di via Perugini. Lo spazio interno a forma di nave si ispira ai principi del Concilio Vaticano e alle direttive della Conferenza episcopale italiana in quanto dà eguale importanza ai sacri segni della liturgia, l’altare e l’ambone, ed è in comunicazione visiva con il battistero e la cappella dell’Adorazione. L’aula liturgica di 950 metri quadrati è coperta da una volta di legno a nervature incrociate che evoca la rete dei pescatori, simbolo evangelico della conversione. Particolare importanza è stata data al flusso della luce che proviene dall’alto attraverso i lucernari della volta e si riflette dal basso attraverso fonti nascoste contenute nello spessore delle pareti d’ambito. Il doppio involucro murario e la luce riflessa daranno all’osservatore l’impressione di uno spazio che si dilata verso l’alto, sottraendosi alle leggi della materia inerte. Principi ispiratori del progetto sono state anche le riflessioni di Benedetto XVI sull’architettura sacra, che hanno posto l’accento sulla importanza dell’orientamento verso est, espressione del significato cosmico della liturgia, e sulla necessità di un percorso longitudinale, immagine del “popolo di Dio in cammino verso la salvezza”. La chiesa cristiana non può essere per papa Benedetto solo “casa degli uomini”: diventa addirittura tanto più vera casa degli uomini quanto meno vuol esserlo, cioè quanto più è stata eretta semplicemente per Lui”, quanto più essa si manifesta quindi come la costruzione in cui l’uomo “invita Dio a entrare” e capace di esprimere “la gioia di rendere la fede visibile, di innalzare i suoi segni nel mondo della materia””