Sono tante e diverse le ragioni per camminare e per rimettersi in cammino. Si può camminare verso una meta precisa, programmando con accuratezza da dove si parte e dove si vuole arrivare, bilanciando in maniera perfetta sforzo e riposo e avendo cura di ridurre al minimo gli incidenti di percorso. Si può partire con una metà precisa lasciandosi trasportare dal “cammino” stesso, con i suoi rischi, la sua naturale imprevedibilità, i suoi punti critici e le sue oasi di ristoro. E lo stesso vale per il rimettersi in cammino. Ci si rimette in cammino dopo aver raggiunto un traguardo importante, una performance di rilievo. Oppure ci si rimette in cammino dopo essere caduti, dopo essersi fermati. E qui la domanda che si pone il camminatore, incerto tra la scelta di riprendere fiato ed energia oppure ammettere che è il momento di fermarsi: ne vale la pena?
Per intraprendere il cammino Antonio 20-22, anche solo percorrendo una breve tappa di circa 23 km come quella tra Lamezia Terme e Martirano Antico, costellata di dislivelli significativi e sentieri di discesa da percorrere con estrema cautela con un occhio a dove si mette i piedi e l’altro occhio attento al compagno accanto a noi, non bisogna porsi tutte queste domande “complesse” che quasi toglierebbero naturalezza allo slancio così bello rappresentato dal pellegrinaggio. Sono domande che si affacciano in maniera del tutto naturale al cuore e, cammin facendo, ciascuno, con l’aiuto di Dio, trova le risposte.
Come nelle parole di uno dei pellegrini che ha iniziato il cammino a Capo Milazzo e arriverà fino a Padova che, tra uno sguardo all’incantevole golfo di S. Eufemia visto dalle colline del Reventino e i colori di una vegetazione estiva ravvivata dal sole di metà luglio, fa notare un particolare di non poco conto: Antonio, nel 1220, si è rimesso in cammino dopo essere naufragato sulle coste siciliane. I suoi progetti – recarsi in Africa e lì coronare con il martirio la sua vita – devono essere messi da parte: per il mare in tempesta, per la fragilità della propria salute. Perché i progetti di Dio erano altri. E Antonio vive quei tre momenti che segnano i tre anniversari antoniani del triennio 2020-2022, dopo il naufragio di un suo disegno di vita e dopo la scelta di riprendere il cammino. Nonostante il fallimento, la fatica, la tentazione che probabilmente avrà sperimentato di mollare tutto.
E qui si tocca con mano un’altra realtà: Antonio è “rimesso in cammino”. Rimesso in cammino da quel Dio che aveva iniziato in lui la sua opera e desiderava portarla a compimento. Nel giro di pochi anni, Antonio incontra Francesco ad Assisi al Capitolo delle Stuoie, inizia nel nascondimento e nell’umiltà di Montepaolo a vivere da frate minore, si rivelerà grande predicatore a Forlì. E tutto questo parte dal “rimettersi in cammino”, dove l’iniziativa di Dio e la libera della scelta dell’uomo si incontrano: il Signore tende la mano e rialza chi sceglie di lasciarsi guidare Lui.
Sui passi di Antonio, tra le strade della nostra terra, delle tante realtà vittime dello spopolamento e dell’abbandono ma anche della ricchezza di una fede ancora viva e di comunità che continuano ad essere unite dall’attaccamento a un patrimonio di valori, si scopre quella santità che è “cammino” di ogni giorno, è strada aperta ad ogni donna ed ogni uomo. I pellegrini lo chiamano “Antonio”, come fosse un amico, uno di noi. Come ognuno di noi. Nelle fragilità, nelle scelte da compiere, nei naufragi e nei fallimenti, nella voglia di rimetterci in cammino. Anche noi, come Antonio: “rimessi in cammino” da Dio.
Salvatore D’Elia