Il 9 maggio ultimo scorso Papa Francesco ha reso pubblica la bolla di indizione del prossimo Giubileo. Il titolo, come tutti ben conosciamo è: la speranza non delude!
Chi scrive è Francesco e modestamente sono uno dei pochi specialisti al mondo su come attraversare uno stretto e fare altre cose abbastanza interessanti… scherzo ovviamente. Sono Francesco e per un disegno divino che ancora devo comprendere sono un sacerdote. 40 anni di età. Da dieci… sacerdote. Quotidianamente mi capita di incontrare molte persone. Con alcune mi ci scontro pure. Nell’incontro con alcuni volti, con alcuni cuori, quando nonostante la fatica del quotidiano i volti non si riconoscono “belli”, spesso pongo una domanda: quali sono i tuoi super poteri? Troppo spesso infatti, le persone, le anime, nei passi del quotidiano incontrano l’angoscia che, giorno dopo giorno, passo dopo passo, evento dopo evento, allontana dalle persone la speranza. Le cause che fanno prevalere la dimensione angoscia su quella della speranza sono molteplici. Mi permetto tuttavia di entrare in una di quelle situazioni che, in praticamente tutti i casi, se non tolgono la speranza almeno fanno nascere in noi tutti quei nemici chiamati: diffidenza, sfiducia, di perdita di speranza, panico, colpa, rabbia. Sto parlando, e basta giri di parole, della sofferenza, soprattutto quella legata alla malattia. Quando ci ammaliamo, noi esseri umani, che siamo stati fatti “poco meno degli Angeli”, non siamo dei sottomarini o delle macchine in grado creare dei compartimenti stagni. Non siamo dotati di una tecnologia che ci permette di isolare le varie sezioni del nostro corpo. E’ sufficiente il solo sospetto di un male che, tutto attorno a noi inizia ad affondare o a crollare. Da questo esatto istante ha inizio una fase di stallo. Ma non sono gli aerei a stallare, qualcuno potrà giustamente replicare? Si stallano gli aeroplani, e noi lo siamo. Siamo macchine perfette, progettate da uno “più grande di Leonardo”, e il nostro aereo non viaggia vuoto. È pieno di passeggeri. Nessuno di noi è solo. Ma basta una spia e il pilota va in panico. Con il pilota in panico, personale di bordo e passeggeri iniziano ad agitarsi. C’è chi come gli apostoli nell’orto degli ulivi si addormenta per non soffrire vedendo soffrire chi si ama. Chi si sente già perduto. Chi diventa irrequieto. Certo, la situazione è critica ma… la speranza non confonde. Basterebbe entrare in cabina di pilotaggio, bussando in maniera decisa, ma sempre con gentilezza. Bisognerebbe avere il coraggio di porre una domanda scomoda: come stai? Basterebbe farsi vicini. Stringere una mano. Chiedere di poter abbracciare. Perchè la Chiesa, come ognuno di noi, nasce e rinasce in un abbraccio. Vinciamo quindi la tiepidezza e per amor proprio entriamo in cabina e mettiamo nelle condizioni all’aereo che inizia a perdere colpi di poter continuare il volo. Questo significa essere umani e sacerdoti. Questo è per me il valore della speranza. Di questo compito spero di non stancarmi mai. Lo devo a chi mi ha dato fiducia in momenti di buio, e lo devo per i momenti di buio superati. Lo devo a chi si trova nel buio e a chi, per “professione” è costretto ad avere a che fare quotidianamente con questo terrore che prova ad abbattere la speranza. Lo devo a volti e a mani che per me sono preziosi, anche se non sempre riesco a dimostrare. Grazie, per tutto il bene, perdono per quelle volte in cui non mi avvicino e… continuiamo a sostenerci in questa lotta.
Don Francesco Farina
Direttore Ufficio pastorale della salute