Gv 14, 23-29
Il discepolo ama Gesù e custodisce nel suo cuore la sua Parola, che risveglia e mette in cammino la vita: «la Parola di Gesù è Gesù che parla, che entra in contatto, mi raggiunge e mi comunica sé stesso. Come si fa ad amarlo? Si tratta di dargli tempo e cuore, di fargli spazio. Se non pensi a lui, se non gli parli, se non lo ascolti nel segreto, forse la tua casa interiore è vuota. Se non c’è rito nel cuore, se non c’è una liturgia nel cuore, tutte le altre liturgie sono maschere del vuoto» (padre Ermes Ronchi). Gesù afferma: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23): la manifestazione di Gesù ai discepoli non avviene in modo spettacolare è «una semplice, straordinaria “venuta” della Trinità nel cuore del fedele, che si attua là dove vi è fede ed amore» (Chiara Lubich). La presenza di Gesù si può realizzare già ora nei cristiani e nelle comunità, non occorre aspettare il futuro. Il cuore stesso del cristiano diventa il nuovo tabernacolo, la viva dimora della Trinità. L’amore del discepolo verso Gesù poi si traduce, con l’aiuto dello Spirito Santo, in vita concreta alla luce della sua Parola, nell’amare il prossimo fino al dono completo di sé: «È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo […] scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani» (2 Cor 3, 3).
Don Pino Fazio