"Dobbiamo essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo" (Page 51)
“Dobbiamo innanzitutto essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo” perché “essere consapevoli e comportarsi di conseguenza significa salvaguardare la nostra salute e quella della Terra che ci ospita e che lasceremo ai nostri figli”. Questo, in sintesi, il messaggio che don Giuseppe Critelli, direttore dell’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del Creato della Diocesi, ha inteso lanciare nel corso di una conferenza su “La salvaguardia del Creato”, svoltosi a Tiriolo nell’ambito degli incontri del “Caffè Teologico”.
Don Giuseppe, ricordando , tra le altre cose come la Chiesa, a partire già da Paolo VI che parlava di “urgenza e necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità, se questa vuole esser sicura della sua sopravvivenza”, abbia posto attenzione all’ambiente ed alla sua tutela, ha sottolineato l’importanza di “sostenere alcune proposte di riforma per l’ecologia integrale” nella convinzione che “il cambiamento non avviene solo dall’alto ed è fondamentale il concorso della nostra ‘conversione’ negli stili di vita come singoli cittadini e come comunità”.
Nuovi stili di vita che, come ha evidenziato don Giuseppe riportando passaggi della relazione conclusiva di monsignor Filippo Santoro in occasione delle settimane sociali dei cattolici a Taranto, non significa rinuncia ma vivere un nuovo rapporto con il mondo che ci circonda come, ad esempio, costruire comunità energetiche che “sono una grande opportunità dal basso per superare il collo di bottiglia della transizione ecologica nel nostro Paese che è rappresentato dalla quota limitata di produzione di energia da fonti rinnovabili”. Altro elemento importate è la cosiddetta “finanza responsabile” rispetto alla quale don Giuseppe ha rimarcato che “le nostre diocesi e parrocchie devono essere ‘carbon free’ nelle loro scelte di gestione del risparmio utilizzando il loro voto col portafoglio per premiare le aziende leader nella capacità di coniugare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale coerentemente con le numerose prese di posizione nella dottrina sociale che evidenziano il ruolo fondamentale del consumo e del risparmio sostenibile come strumento efficace di partecipazione di tutti alla costruzione del bene comune”.
Altra strada da seguire è quella del “consumo responsabile”: “È cultura purtroppo diffusa nel Paese – ha detto al riguardo don Giuseppe - lamentarsi di una piaga disperando che mai possa arrivare dall’alto una soluzione, eppure confidando solo in quella senza rendersi conto che il cambiamento possiamo realizzarlo noi stessi dal basso. Così è per il tema dello sfruttamento del lavoro e del caporalato ogni qualvolta un drammatico fatto di cronaca ci racconta di un bracciante morto nei campi. Eppure, oggi esistono molti lodevoli imprenditori sociali che hanno costruito filiere caporalato free ed offrono prodotti agricoli liberi da sfruttamento e con elevati standard sociali ed ambientali e prezzi non dissimili da quelli dei prodotti corrispondenti. Oltre a chiedere che le amministrazioni locali ne tengano conto negli appalti e non mettano mai più nelle mense scolastiche dei nostri figli prodotti che non siano caporalato free vogliamo essere per primi noi comunità ecclesiali a prendere l’iniziativa ed essere caporalato free”.
Infine, la proposta dell’alleanza contenuta nel Manifesto dei giovani: “L’orizzonte d’impegno più ampio verso il quale intendiamo camminare nei prossimi anni – ha sottolineato don Giuseppe – è l’alleanza intergenerazionale e quello dell’alleanza tra forze diverse di buona volontà nel nostro paese. Penso a quella nuova e vasta generazione di imprenditori più ambiziosi che non guardano solo al legittimo profitto ma anche all’impatto sociale ed ambientale della loro azione e che sono esempi di quella grande quantità di buone pratiche. Imparando sempre meglio ad unire le nostre forze nel prossimo futuro possiamo veramente diventare un popolo in cammino in grado di aiutare il nostro paese nella delicata transizione ecologica, sociale e spirituale verso il bene comune”.
Del resto, lo stesso papa Francesco “nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace – conclude don Giuseppe - , in piena continuità con il messaggio centrale dell’enciclica Fratelli tutti, ricorda ‘ai capi di stato e di governo, ai responsabili delle organizzazioni internazionali, ai leader spirituali e ai fedeli delle varie religioni, agli uomini e alle donne di buona volontà’ l’esigenza che l’attuale contingenza storica impone a ciascuno di noi e al consorzio umano nel suo insieme: prendersi cura gli uni degli altri. La cura, infatti, è ‘promozione della dignità e dei diritti della persona’, si declina come ‘cura del bene comune’ e si esercita attraverso la ‘solidarietà’ tra esseri umani e l’ormai inscindibile sollecitudine per ‘la cura e la salvaguardia del creato’, già ricordata con forza nell’enciclica Laudato sii”.
Saveria Maria Gigliotti