“Verifica della verità e rispetto della persona”. Due pilastri del giornalismo per monsignor Serafino Parisi che questa mattina, subito dopo l’incontro con il personale e i degenti dell’ospedale “S. Giovanni Paolo II” e le autorità civili e militari nella sala “Monsignor Renato Luisi” del municipio lametino, ha incontrato gli operatori dell’informazione e della comunicazione nel salone “S. Giovanni Paolo II” del seminario vescovile insieme al direttore e al vicedirettore dell’ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi lametina Saveria Maria Gigliotti e Salvatore D’Elia.
“La verità bruta non esiste. È un mero accadere dei fatti che, per essere presentato, ha bisogno di un’interpretazione. Il giornalista è un interprete della verità che si accosta alla realtà con docilità e onestà intellettuale, cercando di far trasparire ciò che è accaduto senza distorcerlo con la propria visione. L’altro pilastro imprescindibile è il rispetto della persona umana – ha proseguito monsignor Parisi – La domanda che ogni giornalista dovrebbe porsi è: che impatto avrà quello che scrivo o racconto sul diretto interessato e suoi familiari? Se un giornalista si pone queste domande, dà la notizia per come deve essere data: nella verità e nell’attenzione alla persona. Ecco quindi la risposta alla domanda: ha ancora senso il lavoro del giornalista oggi, con l’avvento dei social e la possibilità di scattare una foto e condividerla con tantissime persone nel giro di pochi secondi? La risposta la ricaviamo da quello abbiamo sperimentato in questi anni: il lavoro del giornalista ha ancora senso perché c’è bisogno di quella mediazione e di quella comprensione umana che nessun mezzo e nessun social può dare”.
Dal vescovo di Lamezia Terme, parole di gratitudine al mondo del giornalismo e dell’informazione, con particolare riferimento allo scenario attuale. “Conosco bene il compito che un giornalismo di qualità deve svolgere. Un esempio: immaginate un ammalato che, volendo conoscere qualcosa della sua malattia, vada a ricercare informazioni su Google. Il dramma è quello che l’ammalato finisca per avere la pretesa di curarsi da solo e addirittura si senta di essere diventato medico. Qualcosa di simile avviene nello scenario attuale dell’informazione, in cui scattando una foto e diffondendola, ciascuno pretende di sentirsi giornalista. Proprio nella “giungla” di oggi, dobbiamo ribadire che la figura, il ruolo e il servizio del giornalista sono insostituibili. Grazie per il servizio che rendete alla collettività”