Le letture della solennità del Corpo e Sangue di Cristo ci introducono alla contemplazione del Mistero Eucaristico.
Il Vangelo racconta la moltiplicazione dei pani e dei pesci, che avviene con i gesti e i “segni” della celebrazione Eucaristica: la benedizione, la “fractio panis” e la distribuzione alla folla. La Solennità di oggi risveglia in noi la bellezza dell’incredibile dono che Gesù ci ha fatto, non un dono qualsiasi, ma un Dono sublime, divino: il Suo Corpo e il Suo Sangue. Siamo al cuore del Vangelo e della vita dei cristiani. L’Eucaristia suscita gioia, meraviglia, amore, è “Misterium fidei” (mistero della fede) risplendente dell’amore divino e della salvezza che Gesù ci comunica: «se l’Eucarestia è un grande mistero che la mente non comprende, possiamo almeno capire l’amore che vi risplende. Possiamo almeno riflettere sull’intimità che Gesù vuole avere con noi» (mons. Antonio Riboldi). Gesù Cristo è presente nell’Eucaristia «in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le specie eucaristiche del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo» (Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, n. 282). Partecipare all’Eucaristia comporta l’impegno di trasformare la vita, perché essa diventi “eucaristica”, diventi un continuo rendimento di grazie a Dio nel dono di se stessi per il bene del prossimo. San Josemaria Escriva scriveva: «Non comprendo come si possa vivere cristianamente senza sentire il bisogno di un’amicizia costante con Gesù nella Parola e nel Pane, nella preghiera e nell’Eucaristia […]. Dobbiamo, anzitutto, amare la Santa Messa, che deve essere il centro della nostra giornata. Se si vive bene la Messa, come è possibile poi, per tutto il resto del giorno, non avere il pensiero in Dio, non aver la voglia di restare alla sua presenza per lavorare come Egli lavorava e amare come Egli amava? Impariamo dunque a ringraziare il Signore di un’altra sua delicatezza d’amore: quella di non aver voluto limitare la sua presenza al momento del Sacrificio dell’altare, ma di aver deciso di restare nell’Ostia Santa che si conserva nel tabernacolo (E’ Gesù che passa, n. 154).
Don Pino Fazio