La custodia e la tutela dei più piccoli e delle persone vulnerabili è un percorso lungo e faticoso che richiede il coraggio di essere intrapreso e poi perseguito con costanza e senza scorciatoie.
Un primo passo da fare è acquisire consapevolezza di come la tragica realtà degli abusi sui minori sia trasversalmente diffusa coinvolgendo in modo significativo le famiglie o l’ambito parentale in misura di gran lunga superiore ai due terzi dei casi. Come poi dimenticare che il turpe mercato della pedopornografia non solo non accenna a diminuire, ma è in costante crescita?
Quella degli abusi è infatti un’emergenza sociale grave e globale che certamente esige un intervento repressivo importante, ma ancor di più una presa di coscienza personale e collettiva, un vero e proprio cambio di mentalità. Prevenire situazioni di abuso non può ridursi alla semplice reazione di protezione dei minori che subiscono o che potrebbero subire violenza (child protection), ma necessita di uno sforzo complessivo che dalla reazione passi alla pro-azione per garantire ai più piccoli ambienti e relazioni sicure ed efficaci per crescere al meglio (safe guarding).
In tutto questo la Chiesa non è ferma alle postazioni di partenza, ma da sempre in prima linea, occupandosi e prendendosi cura dei più deboli e fragili con grande e indiscussa generosità di persone e istituzioni, perché la cura, la custodia e la protezione dei piccoli sono parte integrante della sua natura. Vero è purtroppo che la piaga degli abusi sui minori e le persone vulnerabili colpisce pure la Chiesa non solo perché costituita di famiglie, ma anche perché in questi crimini sono stati coinvolti alcuni che nella Chiesa hanno ruoli di responsabilità e guida. Dunque, se crimini gravissimi come gli abusi sessuali sui minori vanno perseguiti con la massima severità ovunque essi accadano, ancor più se in ambito ecclesiale, tuttavia la loro punizione, per quanto assolutamente necessaria e doverosa, non può ritenersi sufficiente: non è certo possibile cancellare quanto avvenuto, ma ci si può legittimamente domandare cosa fare perché non capiti di nuovo e non capiti ad altri. In altre parole ci si può chiedere se dall’orrore dell’abuso e magari dagli errori di una gestione indifferente, negligente se non complice possano venirne indicazioni non solo di reazione al delitto, ma di prevenzione e pro-azione. È questo l’indirizzo assunto dalla Chiesa che è in Italia con le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili approvate dall’Assemblea generale dei Vescovi del 20-23 maggio 2019: partendo dall’ascolto delle vittime, prendere coscienza del dramma degli abusi e del loro effetto devastante sulle persone e sulla comunità per quella conversione personale e comunitaria che sollecita, motiva e supporta la costruzione di ambienti sicuri per i più piccoli.
Solo su queste solide basi si possono prevenire comportamenti delittuosi. Se di grande importanza è dunque favorire l’emersione di questi delitti, anche se accaduti in passato, perseguendoli quindi senza tentennamenti, non di minore priorità è far maturare la consapevolezza e corresponsabilità comunitaria vincendo così le logiche della delega e dell’indifferenza.
Si tratta, dunque, di informare e formare la comunità in tutte le sue espressioni, specialmente coloro che operano, a qualsiasi titolo, in rapporto con i minori e le persone vulnerabili, consolidando in questo modo una cultura della cura, della tutela e della protezione dei più piccoli.
Gianluca Marchetti – Diocesi di Bergamo
Membro del Consiglio di presidenza del Servizio nazionale per la tutela dei minori della CEI