Presentata anche in Calabria la biografia di Don Giussani: una vita centrata sulla fede e sul riconoscimento di un incontro «I giovani mi seguono perché credo in quello che dico». E’partita da questa frase di don Luigi Giussani, pronunciata in un’intervista contenuta nel video di introduzione, la presentazione del volume “Vita di Don Giussani” che si è svolta il 6 marzo a Cosenza nell’Auditorium del Liceo B. Telesio. Oltre all’autore, Alberto Savorana, che ha trascorso lunghi anni fianco a fianco di Giussani come responsabile della comunicazione di Comunione e Liberazione, sono intervenuti il giornalista Piero Sansonetti, direttore del settimanale “Gli Altri”, il magistrato Biagio Politano con la sua testimonianza storica di appartenenza all’Azione Cattolica, l’arcivescovo di Cosenza, mons. Nunnari. Il tutto moderato dal giornalista Rai Pasqualino Pandullo. Rispetto alle “ordinarie” presentazioni di libri dove, se va molto bene, partecipano una cinquantina di persone, l’Auditorium del classico era gremito, con ben seicento partecipanti attenti e interessati.
Ha introdotto la presentazione Carlo Trentacapilli, presidente del centro culturale di Cosenza che ha organizzato l’incontro.
Piero Sansonetti, già direttore di Calabria Ora (ma in passato anche del quotidiano comunista Liberazione” inizia quasi scusandosi, con una sorta di pudore nel mostrarsi nell'intimo: «Tra voi e me c’è una differenza fondamentale, io sono ateo e voi siete credenti, io credo che la mia vita finirà entro i prossimi vent'anni, diciamo venticinque, mentre voi avete la vita eterna. Non è una differenza da poco». Ma non è un intervento polemico il suo, è proprio un interrogarsi davanti al fenomeno strano di una vita che sfugge agli schemi soliti e provoca, provoca tante domande. E infatti il suo intervento si sviluppa in una serie di domande, una più personale e sofferta dell’altra. Fino all’ultima: «Insomma, a me Cristo interessa, a me Luigi (Giussani n.d.a) interessa. è possibile che mi interessino anche se non ho la fede?».
Dopo di lui Biagio Politano, magistrato di Cosenza che lavora al tribunale di Catanzaro, esponente di spicco dell'Azione Cattolica cittadina, ha esordito così: «Sono sicuro che se don Giussani fosse stato qui a sentirti parlare, caro Piero, se la sarebbe goduta!». Applausi. Poi: «Questo è un libro che dovete leggere tutti, per me è stato come fare un personalissimo corso di esercizi spirituali». Ha studiato il libro fino in fondo, e ha portato con sé un buon numero di libri di supporto, messi in pila sul tavolo. «La cifra di don Giussani è che il cristianesimo è un avvenimento». E ha delineato a raffica, con parole veloci e con partecipazione sentita, una serie di considerazioni profondissime sull’importanza e l’imponenza della vita e della persona di don Giussani. Chiude l’intervento parlando della delicatezza con cui nel libro viene delineato l’ultimo incontro di Giussani con Lazzati, «con le spalle curve, che sale le scale, e l'ultimo pensiero che suscita in Giussani è quello di un uomo che ha dato la vita per Cristo. Questo è quello che rimane, il resto sono solo “particulares” da chiarire. Ma perché sono rimasti, perché non si sono chiariti, questi “particulares”?». Poi, intervenendo nuovamente nel dibattito, ha aggiunto: «Giussani non era integralista né integrista, ma radicale, nel senso di essere attaccato alla radice, che è Cristo».
Monsignor Nunnari, è arrivato quando aveva appena finito di celebrare il funerale di un bambino di 11 anni, ucciso dalla madre, come in un rinnovarsi della tragedia greca di Medea, per vendicarsi del tradimento del padre. Era visibilmente provato per quanto accaduto, soprattutto dal gesto del padre che durante il funerale, al momento dello scambio della pace, si era inginocchiato davanti alla suocera, che lo ha abbracciato, senza dire una parola. L’arcivescovo ha poi rievocato alcuni momenti significativi dei suoi trascorsi con la storia di don Giussani in Calabria. In mezzo, anche lo spazio di uno scambio di affettuose battute con il “collega” Sansonetti (sono entrambi giornalisti...).
Nelle conclusioni Alberto Savorana è partito proprio dalla domanda finale di Sansonetti: «“A me don Giussani interessa, ma può interessarmi senza la fede?”. Ora io ti dico, il fatto che don Giussani ti interessi viene indipendentemente dalla fede, e infatti tu dici di non avere la fede, ma dici che ti interessa. è lo stesso che accadeva a quelli che incontravano Gesù: non è che avessero la fede, ma quell'uomo li interessava». E poi la bellissima citazione di pag. 47: «Hanno un destino comune chi accetta la fede e la vive e chi, non avendo la fede, si annega dentro la domanda, si dispera nella domanda, soffre nella domanda».
Un’opera condotta con la perizia dello storico quella di Alberto Savorana, che ha spiegato come era sempre stato sicuro e convinto di non voler scrivere un libro su Giussani, sembrandogli quasi di peccare di mancanza di riservatezza dopo esserci stato a fianco per oltre due decenni. Ma quando don Julian Carron l’ha convinto, ha scelto di scrivere una biografia storica, appunto, basata esclusivamente sugli scritti e sui documenti di Giussani e non sui suoi ricordi e le sue impressioni personali.
«La mentalità dominante – ha spiegato Savorana citando Giussani – è quella laicista per cui Dio e la religione devono essere sempre staccati completamente dall’esperienza concreta, e relegati al più nel fondo soggettivo e incomunicabile della coscienza individuale. Questo Dio confinato fuori dalle esperienze vissute è un’astrazione razionalista, è un dio nebuloso e arido, destinato a scomparire. La mentalità dominante diseduca il senso religioso (cioè le invitabili domande che ogni uomo si pone). Il laicismo è il nemico di quella Chiesa, che esaurisce tutta la sua funzione e tutto il suo significato proprio nello sforzo di educare il senso religioso. Soltanto un percorso sistematico di educazione può rendere autocoscienza sicura il Cristianesimo, in un contesto di progressiva contestazione e di abbandono della fede tradizionale.»
«Una fede – ha aggiunto l’autore del libro – che è in primo luogo un incontro con una persona, cioè con Colui che si è incarnato nella storia, Cristo come contemporaneo di ogni uomo, che trasforma interiormente e dona all’uomo quella “liberazione” che si traduce in “comunione” con i fratelli. Non un’idea, ma un fatto».
Sansonetti guardava fisso Savorana mentre questi parlava, per tutta la durata del suo intervento. Nel frattempo alcuni ragazzi del Live Tweet, che aveva prodotto un paio di tweet per ogni relatore precedente, ne produceva più di una ventina solo per l'intervento di Savorana, coadiuvata anche dall'inserimento spontaneo degli amici di Reggio Calabria. Ma non si trattava solo del gruppo del tweet, tutti in sala sono colpiti da qualcosa che sta accadendo davanti ai loro occhi.
Il giorno dopo Sansonetti ha mandato agli organizzatori questo messaggio: «Volevo ringraziarvi per il calore e la gentilezza con cui mi avete accolto, e per l’occasione specialissima che mi avete offerta per confrontarmi col pensiero e lo spirito di una comunità così forte e bella, e così lontana da me, come è la vostra. Insomma, è tutto un po’complicato e difficile da dire, però spero di ri-incontrarci presto».
Ma ci piace concludere con quelle che sono state le frasi finali di Savorana: «Il Gius era un uomo con cui era facile essere amico, intimamente e intensamente amico. Era sincero, sempre, si stupiva di tutto, entusiasta della vita in qualsiasi condizione, generoso in modo estremo, umilissimo e paziente. Non ho mai visto una persona ridere col gusto con cui rideva Giussani. Non ho mai visto nessuno, come lui, non lamentarsi mai del dolore, tanto, che provava a causa della malattia. Non ho mai visto nessuno gustare una buona pietanza come faceva lui.».