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Parrocchie news

Don Vittorio Chiari :”bellissima testimonianza di Oratorio “

Paolo Emanuele · 11 anni fa

L'11 febbraio di 3 anni fa Don Vittorio Chiari raggiungeva in cielo il Suo Signore,il Suo compagno di vita che aveva visto ogni giorno nei ragazzi dell’Oratorio. Don Vittorio Chiari, quindici anni vissuti con intensità a Reggio Emilia come animatore della pastorale giovanile. L’accoglienza e la cura dei ragazzi, le iniziative di pastorale giovanile: il Meeting della montagna, le Tre Sere dei giovani al Palazzetto, le processioni di preghiera (marce) per la pace l’ultimo giorno dell’anno. Poi il Teatro Re-Giò (Reggio-Giovani).Ed ancora: le conferenze, la collaborazione ai giornali, (aveva una penna agilissima e accattivante), i dibattiti pubblici. Si è pure molto impegnato nell’ambito sportivo: l’Atletico, il progetto Aurora, i campi sportivi. Era il prete del dialogo anche con gli enti pubblici, con le strutture assistenziali, con tutto il volontariato cittadino. Lanciò progetti di prevenzione educativa promosse il sostegno a gruppi e associazioni neonate. Era senz’altro dotato di un carisma che gli consentiva di entrare in tutti gli ambienti e in particolare di incontrare i giovani, soprattutto era l’uomo della totale disponibilità alle richieste.Con il suo entusiasmo e ottimismo travolgente sapeva contagiare chi lo avvicinava,un vero esempio da imitare in Parrocchia.

Grazie alla testimonianza di Giulio Carpi e di Creativ voglio ricordarlo attraverso la pubblicazione di questo suo originale ed affascinante articolo, fortemente appassionato sul piano educativo,come era nel suo stile...! “GLI ORATORI COME LA "LOCANDA DEL SAMARITANO"...«Locanda del Samaritano»! Geniale questa definizione dell’oratorio, geniale e originale. è la prima volta che mi capita di sentirla da quando sono “nato in Oratorio”. Ho cominciato a frequentarlo da quando avevo cinque anni, quelli della guerra. Ricordo un giovane salesiano, non ancora prete, che mi passava un panino perché avevo sempre fame e a casa non ce n’era per tutti.L’Oratorio l’ho sempre vissuto come un continuo della casa: era il luogo dell’amicizia, del gioco, delle recite teatrali, del cinema a prezzi scontati e anche a gratis, se eri andato a catechismo e a messa. Ne faceva fede la tesserina con il foro della presenza. Non potevi imbrogliare: la mitica macchinetta foratrice era saldamente nelle mani del catechista più osservante, rigido, per nulla incline alla misericordia: niente fori abusivi! Da Salesiano, post concilium, la definizione si era irrobustita di nuovi elementi, che davano qualità allo spazio oratoriano. Cosi recitano le Costituzioni Salesiane al n. 40: «Don Bosco visse una tipica esperienza pastorale nel suo primo oratorio, che fu per i giovani casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi con amicizia». Locanda del Samaritano proprio non l’avevo mai sentita. Neppure dai miei amici biblisti! Sa di Vangelo, ha il respiro della parabola che, insieme a quella del figliol prodigo, definisce la vita cristiana. Oggi non ci sono più locande ma gli oratori sono “locande”, dove non si parla tanto del locandiere, che ci vuole e sia accogliente, quanto del samaritano che trova un poveraccio per strada, la vittima di un aggressione, si ferma, vede che respira ancora e, ascoltando la voce del cuore, lava le ferite del poveretto, lo carica con delicatezza sulla sua mula e lo porta in locanda dall’oste: «Trattalo bene. Passerò poi a sistemare i conti». E l’oste lo accoglie, lo assiste fino a che il malcapitato guarisce. Per fare un Oratorio come Dio comanda ci vuole la vittima, un samaritano, la locanda e l’oste locandiere. La vittima sono molti nostri ragazzi e ragazze, che stentano a crescere in un mondo così complesso, rapidamente cambiato, che sembra non avere tempo per i ragazzi, neppure per metterli al mondo, visto i preoccupanti cali delle nascite. Il samaritano sono gli adulti che hanno a cuore i giovani! Dotati di passione educativa, si fermano, ascoltano i battiti del cuore di chi, giovane, vuol capire il perché o per chi vivere, ha bisogno di chi condivida la sua età, i suoi desideri, i suoi sogni. Qualcuno forse è talmente solo che pare “morto al futuro”.E i samaritani sono buoni, si fermano, offrono le prime cure e poi portano alla “locanda ospitale”, all’oratorio, dove si vive la carità educativa, l’accoglienza che non discrimina, generosa, attenta, allegra, dove l’oste locandiere medica le ferite e favorisce la guarigione perché ha un farmaco efficace, potente. Non una pozione magica ma una persona: Gesù Cristo! Un buon samaritano che sta accanto ai ragazzi è un grande agli occhi di Dio! Noi diciamo che è un “santo”. Su tutti, in quest’anno, si parla di locandieri dal calibro di San Carlo, dei beati Don Gnocchi, Don Monza, poi tanti altri santi del quotidiano, che hanno dato la vita in Oratorio. Sarebbe interessante raccogliere la storia di questa buoni samaritani che non sono passati alla larga dei giovani, ma si sono immersi nel loro mondo, aiutandoli ad essere buoni cristiani e onesti cittadini, portandoli alla locanda ospitale dell’Oratorio.”

Grazie don Vittorio,hai aggiunto un pizzico di nuova luce all’Oratorio e San Filippo Neri,Don Bosco e tanti educatori di Oratorio,me e Giulio Carpi compresi,ti diremo per sempre grazie per averci fatto sentire prima samaritani e poi locandieri nella Locanda del Signore.