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La parola del Vescovo

Coraggio e fiducia

redazione · 13 anni fa

Pubblichiamo l'omelia che il vescovo diocesano, Mons. Luigi Cantafora, ha pronunciato questa mattina nel corso della solenne celebrazione eucaristica nell'antico santuario di Sant'Antonio da Padova. La funzione, rientrante nel ricco programma della Tredicina che si sta svolgendo in questi giorni in onore del Protettore della città, è stata dedicata alle Forze dell'ordine e al mondo delle associazioni e del volontariato. Nella relazione omiletica, il Pastore della Chiesa lametina, più volte ha richiamato la comunità alla difesa della legalità, al coraggio e alla fiducia per risollevare le sorti della città di Lamezia.

Omelia – S. Messa nella Tredicina di S. Antonio - Lamezia Terme, 9 giugno 2011 - Liturgia della Parola: At 22,30;23,6-11; Gv 17,20-26

1. «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma».

Stiamo celebrando la Tredicina di S. Antonio, che è un’occasione preziosa per approfondire la nostra fede. Il tema della giornata odierna, dedicata alla legalità, ci aiuta a considerare il grande impegno di Antonio nel suo tempo e, insieme, a guardare con responsabilità il nostro tempo.

La liturgia della Parola ci illumina e ci guida. Gli Atti degli Apostoli ci hanno raccontato che Paolo si trova nel pieno di una disputa e il tribuno, per evitare che venga linciato, lo mette al sicuro in prigione! Lì riceve questa parola dal Signore: Coraggio!

è il coraggio della testimonianza, il coraggio della fede che è richiesto a ciascuno di noi in virtù del nostro battesimo.

2. «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma». Occorre dunque essere e diventare testimoni del Risorto. Quando il Signore ci parla, ci invita a non temere; la sua parola ci incoraggia perché ci fortifica, ci ridona speranza e fortezza in ogni prova.

è necessaria questa testimonianza semplice ma audace della fede, senza la quale noi siamo smarriti, disorientati, privi di senso.

Ma questa testimonianza si acquisisce e si vive se amiamo il Signore e i fratelli.

Nel Vangelo noi abbiamo ascoltato le parole della preghiera sacerdotale di Gesù nella quale Egli si rivolge al Padre per affidargli i suoi. Gesù prega e intercede per noi con “gemiti inesprimibili”! Mentre ci affida al Padre, affida a noi il mondo, perché Egli è Padre di tutte le creature e di tutto il creato.

La sorgente e la forza della nostra testimonianza è racchiusa nella preghiera di Gesù.

3. Il Signore ci consegna il mondo perché noi possiamo coltivarlo e custodirlo! Anche S. Antonio nel suo tempo è stato un grande testimone di audacia evangelica. I suoi sermoni non erano solo dottrinali, ma miravano a educare alla fede perché diventasse vita per le creature e per il mondo: come nel pensiero del nascente francescanesimo.

In questo dobbiamo riconoscere una grande modernità del nostro santo che lottò contro la illegalità, l’usura, le ingiustizie, non con azioni politiche - impensabili e impossibili a quei tempi - ma educando le coscienze. Nuove e rette coscienze rinnovano le persone dall’interno, come anche trasformano la cultura, i comportamenti e, in definitiva, la polis. Questa è un’opera squisitamente evangelica!

Non si tratta di influenzare l’opinione pubblica con belle parole, ma – allora come oggi – di smascherare il male promuovendo il bene comune.

4. Dal vangelo e anche dalla testimonianza di Antonio individuiamo alcune coordinate importanti per il nostro agire:

- chiarezza e radicalità evangeliche,

- sguardo profondo sui problemi della società,

- coraggio e fiducia.

Questi valori sono insiti nelle beatitudini proclamate da Gesù. Non dobbiamo pertanto andare alla ricerca di novità stravaganti, quanto dobbiamo cercare di vivere sapientemente ciò che già ci è stato consegnato nella Parola e nella testimonianza di coloro che nella storia della Chiesa ci hanno preceduto nella fede.

La chiarezza e la radicalità evangeliche indicano un atteggiamento etico ben preciso. Non di rado tante ingiustizie si consumano proprio da parte di coloro che frequentano la Chiesa.

Tante volte questo accade non tanto e non sempre per malvagità esplicita ma per una forma di “tiriamo a campare”, per ignoranza, perché si confondono i piani dei valori e dei talenti.

Si pensa di essere furbi, di fare bene se si eludono le tasse, se evitiamo di rilasciare le fatture, se costruiamo edifici in modo illecito, se non diamo il salario in modo equo e così via…

L’illegalità nasce e cresce nel nostro cuore. Il vangelo ci richiama ad un agire chiaro e radicale senza compromessi: «Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio» (Lc 20,25) e ancora: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro!»(Mt 7,12).

Questi atteggiamenti dunque esigono e trasmettono chiarezza, e chiedono coerenza e concretezza a ciascuno di noi. Non serve coprire la coscienza con “opere di bene” se non facciamo “quel bene” che nel quotidiano ci è richiesto dalla nostra condizione e secondo la nostra responsabilità.

5. Sguardo profondo sui problemi della società. Non basta fermarsi alla nostra buona condotta.



Come cristiani che vivono nel mondo pur non essendo del mondo, abbiamo il compito imprescindibile e non delegabile ad altri, di essere sale e luce, di guardare profondamente anche ciò che accade attorno a noi. è in questione un cambiamento di mentalità, un’opera di conversione che non dipende solo dalla nostra “buona volontà”.

Vogliamo risollevare Lamezia Terme, la nostra terra, la nostra città? Cominciamo da noi stessi ma non rimaniamo chiusi in noi stessi. Ad una cultura di legalità, di onestà, di rettitudine bisogna prima di tutto credere, e credere significa mostrare la nostra fede attraverso le opere, attraverso scelte che parlano all’oggi

La cultura della legalità passa attraverso visioni profonde e opere che si diffondono in progressione dal piccolo al grande, da esperienza in esperienza, da luogo in luogo. Occorrono gesti significativi, non solo di denuncia, ma di operosità sia ordinaria che contro corrente.

è necessario imparare una nuova “grammatica”: da uno sguardo ristretto sugli interessi egoistici dei singoli, occorre passare ad una nuova mentalità, che persegua fattivamente il bene comune. Lamezia diventerà così protagonista di un autentico sviluppo nella solidarietà.

6. Coraggio e fiducia. Perché tutto questo non resti parola vuota, seminata al vento, noi vogliamo chiedere al Signore coraggio e fiducia. Questi doni si acquisiscono solo con la preghiera. Dobbiamo essere persuasi che «le scuole di preghiera sono più importanti delle scuole di formazione politica», diceva il card. Martini, quasi a significare che: se uno prega bene sa anche come vivere, con quello sguardo proteso sul mondo, sugli altri, soprattutto i poveri e gli emarginati.

Abbandonati a una preghiera fiduciosa e trasformante, ci si trova immersi in una vita vissuta secondo le beatitudini.

A questo ci invita S. Antonio che, da uomo di lettere, dedito alla cultura, diventò intrepido araldo del Vangelo, annunciatore di giustizia e di verità.

A questo ci invita il Santo Padre nel suo magistero: «Dio ci dà la forza di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è il nostro Tutto, la nostra speranza più grande» (Caritas in veritate, n° 78).