Nei giorni scorsi si è diffusa un’indiscrezione che sta assumendo sempre più i contorni di una, purtroppo, certezza: la paventata chiusura della facoltà di Agraria a Lamezia Terme. Precisamente si sta facendo riferimento al corso di laurea in ”Produzioni Agrarie in Ambiente Mediterraneo” dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che ha sede distaccata nello storico Palazzo Blasco a Lamezia Terme.
La decisione di chiudere il polo lametino sembra essere legata, così almeno trapela dall’Ateneo reggino, a quel programma di riorganizzazione universitaria determinato dalla riforma Gelmini, poi divenuta legge, che prevede la cancellazione o, nella migliore delle ipotesi, l’accorpamento di tutte quelle facoltà che non raggiungono requisiti sufficienti in termini di numero di iscritti, strutture e personale.
Al momento la facoltà di Agraria conta 130 studenti, eterogenei per provenienza in quanto trattasi di ragazzi provenienti da diverse provincie della Calabria, e lo stesso corso di laurea, paradossalmente, stava registrando una crescita in quanto ad iscrizioni e persone interessate. Non esistono al momento certezze che facciano propendere verso una chiusura inevitabile piuttosto che nel senso contrario, ma gli stessi studenti che frequentano il polo lametino hanno informato che per il prossimo anno accademico non è stata inviata al Ministero un’offerta formativa relativa a questo corso di laurea, per cui, ad oggi, nessuno potrà iscriversi per il prossimo anno.
Per il momento l’unica voce, quella più importante peraltro, che si è sollevata, è proprio quella degli studenti iscritti alla facoltà di Agraria, che trovano ingiusta la cancellazione di un corso di laurea che, in quanto a numero di iscritti, è superiore ad altre facoltà che fanno capo all’Università di Reggio Calabria. Senza contare poi la rilevanza strategica che può vantare Lamezia Terme per ospitare una sede distaccata: innanzitutto da un punto di vista geografico, essendo una città facilmente raggiungibile da diverse zone della Calabria; ma soprattutto da un punto di vista lavorativo e produttivo. Lamezia è infatti una realtà particolarmente florida per ciò che concerne la presenza di aziende agricole, contesti ideali per offrire stage o tirocini, con possibilità di lavoro, per chi ha appena concluso un percorso di studi come quello in ”Produzioni Agrarie in Ambiente Mediterraneo”.
Ai molti studenti, e non solo, appare quanto meno paradossale che si parli di chiusura di una facoltà di Agraria in un territorio in cui è presente un Centro Agroalimentare, o in cui è in previsione un Polo di ricerca scientifica destinato alla promozione delle filiere agroalimentari di qualità. In un contesto di questo tipo andrebbe probabilmente incentivato, e non cancellato, un percorso di studi che si proponga di formare figure professionali preparate e perfettamente inseribili in una realtà che richiede espressamente le competenze necessarie e specialistiche per questo determinato settore.
Il rischio, però, è concreto: proprio per questo le amministrazioni, comunale e regionale, e trasversalmente tutte le massime istituzioni si stanno mobilitando prontamente per scongiurare quello che risulterebbe un duplice danno per Lamezia e la Calabria tout court: un danno agli studenti, che verrebbero così a trovarsi senza una concreta possibilità di studio e inserimento nel mercato del lavoro; ma un duro colpo anche per la stessa regione, che verrebbe così privata di un propulsore importante in un settore produttivo come quello agricolo, che rappresenta uno dei maggiori fattori di sviluppo sul territorio