·

La parola del Vescovo

L'omelia del Vescovo nella Giornata Mariana

redazione · 13 anni fa

Omelia di SE Mons. Luigi Antonio Cantafora, nella celabrazione della Giornata Mariana del Rinnovamento nello Spirito. La manifestazione, a carattere regionale, si è tenuta quest'oggi al Palazzetto dello Sport di Lamezia Terme alla presenza di almeno duemila persone aderenti al movimento e provenienti da tutta la Calabria. Ai lavori della giornata, giunta alla sua 25ma edizione, ha partecipato anche la direttrice nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Marcella Reni, insieme a tutti i coordinatori locali del movimento.

«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le scritture?»

C’è un ardore profondo, misterioso, un calore interiore, inaudito, mai sperimentato prima, frutto non di sentimentalismo, ma dell’esperienza concreta e reale di aver incontrato il Signore: egli è il Vivente.

La sua presenza riempie il cuore, la percezione della sua assenza è al contrario, desolante, come una sposa che cerca lo sposo!

Ripercorriamo la storia tenendo presenti alcune parole chiave: il viaggio, la Parola, la mensa e la comunità.

2. Il viaggio. Tutto il racconto è costruito dall’evangelista Luca come un cammino di andata e ritorno.

Due discepoli di Gesù, probabilmente tra i più vicini a lui, tra coloro che lo avevano ascoltato e seguito lungo le strade polverose della Giudea, sono veramente tristi. Si sentono morire dentro al pensiero che Gesù non è più con loro, che è morto, che è stato ucciso in modo ignominioso; eppure su di Lui avevano riposto ogni speranza di riscatto.

La parola di Gesù, così auterevole e così fermamente vera, aveva conquistato tanti; come era possibile ora credere ancora? Credere in chi? Credere che cosa?

Se ne vanno col volto triste, si allontanano dalla comunità. è un’esperienza di delusione, sentono un vuoto incolmabile.

Quando ci si allontana da Gerusalemme, dal luogo in cui ho incontrato il Signore nella mia storia, si perde sempre l’orientamento, non si capisce più nulla.

I due si buttano parole addosso, non riescono a dialogare, discutono: succede sempre così quando, chiusi nelle nostre ragioni, non sappiamo aprirci al novum, quando non riusciamo ad andare oltre le nostre considerazioni ovvie, ma troppo umane.

Condizionati ancora da una visione sociologica e politica, non riescono a capire che la loro tristezza è nel cuore, che la loro delusione è esistenziale, che ciò che cercano non è un liberatore politico – ammesso che mai ci sia – ma Colui che guarisce tutto l’uomo.

«Noi speravamo che fosse Lui a liberare Israele…». Hanno davanti il medico e non lo riconoscono! Il Crocifisso ha fatto crollare le speranza che Lui fosse il Messia.

La croce è per loro come per noi, uno scandalo insormontabile. Ma è l’esperienza, l’impatto con la croce redentrice di Cristo, l’àncora di salvezza!

Quando si rifiuta la croce ci si allontana inevitabilmente dal senso della vita, ci si perde dietro le nostre anguste visioni! Tuttavia il Risorto si fa presente: si avvicina, rivolge ai due discepoli la parola, proprio nel momento del maggiore smarrimento, vuole sapere da loro i fatti e poi spiegherà le Scritture.

La Parola. Il Signore ha sempre l’iniziativa, è Lui che viene incontro alle nostre debolezze; la sua pedagogia non è aggressiva, non pretende dagli altri, dona se stesso.

Anche Maria, sua madre, ha vissuto una sollecitudine straordinaria nei confronti di Elisabetta, come avete meditato oggi. La presenza agli altri è sempre frutto di amore.

Come dice S. Gregorio Magno: per far visita al prossimo andiamo da lui con i piedi, ma per visitarlo spiritualmente, ci accostiamo con l’amore.

L’iniziativa di Gesù è quella di accostarsi, di ascoltare il loro racconto e poi di parlare, spiegando le Scritture.

Pur nel rimprovero che rivolgerà ai due per la loro “sclerocardia”, per la durezza di cuore che impedisce alla speranza di affiorare, Gesù li accompagna verso una consapevolezza sempre maggiore e verso la gioia e la pace.

è la parola di Gesù la fonte della guarigione.

I due infatti ascoltano questo viandante sconosciuto, si lasciano catechizzare, istruire da lui, ascoltano come nuove le Scritture, i fondamenti della fede e la storia della salvezza del loro popolo, si renderanno conto che, ciò che era morto in loro, era la speranza di vivere, di credere che Dio salva e che il disegno di Dio si compie in pienezza nel Cristo.

La Parola di Dio è veramente fonte di guarigione. «La tua Parola nel rivelarsi illumina, dona saggezza ai semplici», dice un salmo.

Non a caso Luca usa proprio il linguaggio medico, a lui congeniale, per spiegare il mutamento che avverrà nel cuore dei due fuggitivi.

La Parola scalda il cuore, lo rasserena, suscita il desiderio di conversione, illumina, dona senso, gioia e pace.

La mensa. Penso che se la meta fosse stata più lontana i due non si sarebbero preoccupati: erano evidentemente coinvolti dalle parole di Gesù. Anche a noi succede, durante giornate di ritiro di non voler quasi andare via. Il problema non è finire un ritiro, quanto che non ci allontaniamo da Lui nel quotidiano!

Anche noi diciamogli oggi: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto. Egli entrò per rimanere con loro».

Il Signore non è sordo alle nostre richieste, vuole colmarci di se stesso, vuole nutrirci, sfamarci, dissetarci. Egli è desideroso di donarci vita in abbondanza!

I due, chiedono al viandante di fermarsi con loro; non sono semplicemente ospitali, ma gli rivelano la domanda racchiusa nel cuore di tutti noi: Resta con noi perché senza di te il buio avanza e siamo persi!

Il culmine del racconto è proprio situato intorno alla mensa dove il pane viene spezzato e condiviso. è un invito evidente anche per noi a riconoscere nel banchetto eucaristico il segno per eccellenza della Presenza di Dio.

Nel segno del pane, luogo della vita di Gesù offerta e spezzata per amore, si aprono gli occhi dei due discepoli: in un attimo recuperano la loro storia, il vissuto, vengono risanati nelle loro ferite. Le piaghe di Gesù diventano gloriose nei segni eucaristici. Più che “toccare” Gesù, come vorrà fare Tommaso, dobbiamo lasciarci toccare da Lui. Il pane e il vino sono, nei segni sacramentali il sigillo di questo “tocco” divino. Egli entra in contatto con noi, ci trasforma.

Per questo Lui sparisce dalla loro vista e non è più necessario il vederlo in modo sensibile: il Signore Risorto è dentro di loro, vive in loro e li accompagna nelle strade della vita: «Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

La comunità. Questa promessa del Risorto è per noi. Il problema non è tanto la presenza o l’assenza del Risorto, ma come riconoscerlo. Egli è con noi, ma dove lo riconosciamo?

Se il Signore rimprovera i due è perché qualcosa potevano capire del mistero di Dio, se non altro per essere stati vicini a Gesù in quegli anni. Ma dobbiamo prendere sul serio questa parola per noi. La pedagogia di Dio è straordinaria, è paziente, è benigna, ma è profondamente vera! Se non entriamo nella comprensione della necessità della Croce, non possiamo entrare nella gioia della Resurrezione.

I due hanno capito quando sono stati toccati dal segno del pane. E quando Gesù sparisce dalla loro vista, corrono, tornano indietro e il riconoscimento pieno avviene nella comunità dei fratelli, nella testimonianza reciproca, nell’aver vissuto la stessa esperienza degli altri.

Parola–catechesi, sacramento, testimonianza, sono così i tre capisaldi della vita cristiana che Luca con grande sapienza ci ha tracciato.

Auguro a voi tutti un cammino di riconoscimento, di gioia, di conversione che, attraverso la sollecitudine dell’annuncio vi porti a ricevere e dare speranza al mondo. Amen.