·

Vita diocesana

Custodire ogni vita

Antonio Pellegrino · 3 anni fa

Riflessione sul tema della 44esima giornata per la vita da parte di un membro della Consulta pastorale familiare diocesana

In questa quinta domenica del tempo ordinario, la Chiesa italiana ci ha invitati a celebrare la Giornata nazionale per la Vita, una delle iniziative ecclesiali più sentite dalle parrocchie, storicamente animata dal Movimento per la Vita. “Custodire ogni vita” è il tema scelto dalla Conferenza episcopale italiana, che nel suo messaggio invita a prendersi cura e farsi carico di ogni condizione di vita fragile.
Immediatamente la mia riflessione si è soffermata sul termine “custodire”, verbo che significa conservare, proteggere, rispettare, ma anche aver cura, sostenere, aiutare, promuovere, essere solidali. Tali azioni hanno un senso se rapportati al fine che è la persona umana. E al creato. E' lo stupore della vita umana, di ogni creatura che ci mobilita alla responsabilità verso un dono, il mistero che la vita rappresenta.
Ogni uomo è chiamato ad amare ed essere amato, ogni uomo è gloria del Dio vivente (Sant'Ireneo).
“La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l'esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza”. E' un passaggio del messaggio della Conferenza episcopale italiana per la 44esima Giornata nazionale per la vita che abbiamo vissuto anche nelle parrocchie della nostra Chiesa di Lamezia.
E' ancora sullo stupore che desidero soffermarmi, stupore che dovrebbe generare gratitudine, che genera gratitudine per il dono della vita ricevuto, dono e non diritto.
E' questo dono che va speso a favore della vita in tutto l'arco della nostra esistenza, dalla vita nascente sino a quando la vita volge al termine terreno, alla morte naturale.
Siamo chiamati a rispondere di fronte a quanto abbiamo ricevuto: il dono della natura, della famiglia, delle relazioni, delle amicizie e del dono della fede nel Dio della vita per chi è credente.
Siamo chiamati alla responsabilità, termine forse impegnativo che vuole significare semplicemente custodire la propria vita, quella degli altri, quella della “nostra casa comune” (Papa Francesco, Laudato sì 13).
E' ancora sulla custodia, sulla cura che mi voglio soffermare: cura che inizia con l'attenzione, la premura verso il nostro corpo, la nostra salute, nel governare i nostri atteggiamenti e le nostre azioni, l'educazione della nostra sessualità, delle nostre emozioni, nella ricerca dell'equilibrio sui nostri bisogni e correlativamente sui nostri consumi: realtà che ci aiutano a vivere con consapevolezza, con speranza, con gioia, per essere uomini e donne capaci di donare amore, di perdonare, di creare relazioni sane e durature per costruire l'oggi della storia, della convivenza umana, della famiglia umana.
Dal Messaggio della CEI facciamo nostro l'insegnamento di Papa Francesco (Omelia, 19 marzo 2013): “Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E' il custodire l'intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d'Assisi: è l'avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l'ambiente in cui viviamo. E' il custodire la gente, l'aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E' l'aver cura l'uno dell'altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. E' il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene”.
Il nostro comportamento non deve essere quello di Caino che domanda “sono forse io il custode di mio fratello?” (Genesi 4, 9), ma l'atteggiamento che deve prevalere è chiaramente quello del sentirsi fratelli e sorelle uniti nelle sfide, nei problemi, nella sofferenza e oggi nella pandemia cui l'umanità è immersa.
La bellezza della cura, della custodia è il trionfo dell'amore, della solidarietà, dei valori eterni che permeano l'esistenza degli uomini di buona volontà! E come non accennare a gesti inaspettati, in situazioni di potenziale pericolo, da parte dei nostri fratelli e sorelle nel periodo pandemico che tuttora viviamo? E quanto è stata, corrispondentemente, grande la nostra sorpresa nel sentirsi amati e “curati”!
Quanti “custodi della vita” sono presenti nelle comunità, nella nostra comunità: sono tutti coloro che giornalmente hanno la tensione di servire il fratello, la sorella dall'inizio sino al tramonto naturale della vita, in tutte le situazioni di fragilità, cui la vita si declina.
Urge creare una cultura della vita che abbraccia tutte le generazioni (ed in questo anche noi siamo interpellati in prima persona), una cultura che favorisca l'accettazione della vita nascente come dono, come prima si è detto, e la dignità di cui ogni essere umano è destinatario, dignità che si declina in ogni fase dell'esistenza umana fino alla morte naturale.
Fondamentale atteggiamento è per noi lasciare salire sulla barca della nostra vita Gesù, perché come compagno di viaggio ci possiamo sostenere vicendevolmente ed essere testimoni di vita nella gioia del nostro vivere.
E allora, come custodi della vita, della nostra vita, della vita della nostra comunità ecclesiale e civile è necessario, è utile porre lo sguardo al camminare insieme, “Camminiamo tutti insieme, Con Gioia” e così continua il nostro Vescovo, nella Lettera dell'8 settembre 2021: “Riprendiamo con fiducia, gioia e speranza, il nostro cammino di discepoli credenti, “tutti insieme”, ognuno con il suo passo, senza dimenticare il passo degli ultimi, cioè di coloro che non hanno concretamente le nostre stesse possibilità sia da un punto di vista materiale, ma anche spirituale, morale, psicologico, culturale; ci impegniamo, per quanto possibile, a non lasciare indietro mai nessuno. Tutto questo non per inseguire mode, notorietà, personalismi, ma perché sentiamo il vivo desiderio di lasciare ancora parlare, con più forza, dolcezza e mitezza, il Signore Gesù Cristo alla nostra vita e annunciarlo con rinnovato slancio ed entusiasmo a tutti. Riempiamo la nostra esistenza di atti di amore per tutti, in particolare per i più poveri, della nostra Calabria, dell'Italia, del mondo intero”.
Che il Signore della vita illumini il nostro sentire e ci custodisca nel nostro cammino!