Lectio del Vescovo Giuseppe ai volontari della Comunità di Sant'Egidio che opera ed è attiva all'interno della parrocchia di Santa Maria Goretti
“'Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore' è il canto degli angeli nel giorno del Natale e nessuno di noi oggi può leggere la Parola fuori dal contesto che stiamo vivendo”. Così il vescovo, monsignor Giuseppe Schillaci, nella sua lectio alla Comunità di Sant'Egidio svoltasi nella parrocchia di Santa Maria Goretti, dove è attiva ed opera grazie all'impegno di volontari, ed inserita nell'ambito di una serie di incontri di formazione presso “Il pozzo di Sicar”.
“Proprio perché è un momento così difficile - ha aggiunto il Vescovo - ci rendiamo conto di quanto sia importante il prendersi cura, il preoccuparsi. Papa Francesco ci dice di ascoltare e di ascoltare il grido dei poveri, il grido della Terra. Questo canto degli angeli segna un evento importante per la nostra fede che è l'incarnazione: Maria che avvolge in fasce il Bambino e lo depone in una mangiatoia. Maria si prende cura del proprio figlio per il quale ‘non c'era posto'. In quel luogo, nelle vicinanze, c'erano i pastori ed è a loro che viene dato il lieto annuncio ed anche loro si mettono in cammino verso quel bambino che è lì in una mangiatoia: il Bambino si farà mangiare, si consegnerà, e gli angeli lodano quel bimbo”.
Un invito, quindi, a guardare agli ultimi, a chi soffre, a chi ha bisogno, a chi si sente solo. E, nell'attuale momento pieno di incertezze e di paure, queste parole, oggi come quella Notte Santa, risuonano come un messaggio di speranza, anche per “i più vulnerabili, non solo dal punto di vista fisico, ma anche psichico – ha detto il Vescovo –. Penso ai ragazzi, ai giovani che, con fragilità, stanno vivendo questo difficile periodo ed io in questi giorni ne sto incontrando tanti visitando le scuole”.
Da qui la sollecitazione a leggere alcuni passaggi dell'Evangelii Gaudium, per comprendere quale debba essere oggi l'annuncio di cui ciascuno dovrebbe farsi portavoce: “Papa Francesco – ha detto al riguardo monsignor Schillaci - in questa esortazione evangelica ci dice che ‘abbiamo parlato molto della gioia e dell'amore, ma la Parola di Dio menziona anche il frutto della pace. La pace sociale non può essere intesa come irenismo o come una mera assenza di violenza ottenuta mediante l'imposizione di una parte sopra le altre. Sarebbe parimenti una falsa pace quella che servisse come scusa per giustificare un'organizzazione sociale che mette a tacere o tranquillizzi i più poveri, in modo che quelli che godono dei maggiori benefici possono mantenere il loro stile di vita senza scosse mentre gli altri sopravvivono come possono. Le rivendicazioni sociali, che hanno a che fare con la distribuzione delle entrate, l'inclusione sociale dei poveri ed i diritti umani, non possono essere soffocate con il pretesto di costruire un consenso a tavolino o un'effimera pace per una minoranza felice. La dignità della persona umana e il bene comune stanno al di spora della tranquillità di alcuni che non vogliono rinunciare ai loro privilegi'. Quindi ci offre quattro principi su cui vi invito a riflettere: il tempo è superiore allo spazio; l'unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell'idea; il tutto è superiore alla parte”. Su tutto, l'importanza del Vangelo come “lievito che fermenta tutta la massa” in quanto “possiede un criterio di totalità che gli è intrinseco”.
Ad apertura dell'incontro, Emanuela Chimirri, nel dare il benvenuto al Vescovo anche a nome del parroco, don Pino Angotti che a conclusione della lectio ha ringraziato monsignor Schillaci per il momento di riflessione offerto alla comunità, ha sottolineato che “abbeverarsi al Pozzo di Sicar vuol dire ritornare alle fonti della propria fede che dà gusto, sapore e sostentamento ai nostri giorni. Proprio in questi giorni durante i quali ci prepariamo al Natale – ha aggiunto Chimirri - sentiamo riecheggiare nelle nostre orecchie ‘Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore'. Gli uomini amati dal Signore sono il prossimo bisognoso di cure ed attenzioni. La nostra comunità di Sant'Egidio si propone proprio di fare questo all'interno della parrocchia e della Diocesi, così come in ogni parte del mondo in cui è presente con il proprio servizio, una fede che non è semplicemente professata dalle labbra ma che si fa atto di carità, servizio concreto nei confronti dei fratelli che hanno bisogno di un sostegno e di aiuto. Alla base dei nostri incontri e della nostra formazione – ha concluso - c'è la preghiera, fonte di vitalità. Ci accompagna nella programmazione del corrente anno una frase di Madre Teresa di Calcutta che scrisse accanto ai crocifissi della sua comunità: ‘ho sete'. L'uomo ha sete, ha bisogno di essere amato e di sentirsi carezza di Dio”.