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Chiesa

Papa Francesco a Lesbo: "non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum"

Redazione · 3 anni fa

Abbraccio di Papa Francesco ai rifiugiati dell'isola

“Se vogliamo ripartire, guardiamo i volti dei bambini. Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e sono il futuro”. È l'appello del Papa, dall'hot spot di Lesbo. “Interpellano le nostre coscienze – ha proseguito Francesco – e ci chiedono: ‘Quale mondo volete darci?' Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge”. “Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi”, la denuncia del Papa: “Questo grande bacino d'acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il mare nostrum si tramuti in un desolante mare mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi' si trasformi nel ‘mare della dimenticanza'”. “Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!”, la preghiera del Papa: “Sulle rive di questo mare Dio si è fatto uomo. La sua Parola è echeggiata, portando l'annuncio di Dio, che è Padre e guida di tutti gli uomini. Egli ci ama come figli e ci vuole fratelli. E invece si offende Dio, disprezzando l'uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell'indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani. La fede chiede invece compassione e misericordia. Non dimentichiamo che questo è lo stile di DIO: vicinanza, compassione e tenerezza. La fede ci chiede compassione e misericordia. Esorta all'ospitalità, a quella filoxenia che ha permeato la cultura classica, trovando poi in Gesù la propria manifestazione definitiva, specialmente nella parabola del Buon Samaritano e nelle parole del capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Non è ideologia religiosa, sono radici cristiane concrete. Gesù afferma solennemente di essere lì, nel forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e affamato. E il programma cristiano è trovarsi dove sta Gesù. Sì, perché il programma cristiano, ha scritto Papa Benedetto, ‘è un cuore che vede'”.
“I vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall'altra parte, di non rinnegare l'umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi”. Ha detto ancora Papa Francesco citando le parole di Elie Wiesel, “testimone della più grande tragedia del secolo passato”: “È perché ricordo la nostra comune origine che mi avvicino agli uomini miei fratelli. È perché mi rifiuto di dimenticare che il loro futuro è importante quanto il mio”. “In questa domenica – l'appello di Francesco – prego Dio di ridestarci dalla dimenticanza per chi soffre, di scuoterci dall'individualismo che esclude, di svegliare i cuori sordi ai bisogni del prossimo. E prego anche l'uomo, ogni uomo: superiamo la paralisi della paura, l'indifferenza che uccide, il cinico disinteresse che con guanti di velluto condanna a morte chi sta ai margini! Contrastiamo alla radice il pensiero dominante, quello che ruota attorno al proprio io, ai propri egoismi personali e nazionali, che diventano misura e criterio di ogni cosa”.
(AGENSIR)