La confessione di fede originaria del popolo d'Israele, il loro credo storico è attestato nel libro del Deuteronomio, al capitolo 26, versetti 5-9: «tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio: Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall'Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele». Questo credo storico ha il suo inizio con la vocazione di Mosè, descritta nel capitolo 3 dell'Esodo: «è la narrazione di una teofania in cui Dio rivela il “suo nome”, cioè un bagliore del suo mistero («Io sono colui che sono», sintetizzato nel tetragramma sacro “JHWH” che gli ebrei non pronunciavano e che anche noi lasciamo con le sole consonanti per conservarne l'aspetto “silenzioso” e “mistico”)» (G. Ravasi, L'albero di Maria, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993, p. 28). Mosè vive ai piedi del monte Horeb una straordinaria esperienza di Dio perché si trova davanti a «un roveto che ardeva nel fuoco senza che il roveto si consumasse […] Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e lo chiamò dal roveto: Mosè, Mosè”» (Es 3,2-4). Gregorio di Nissa, padre della Chiesa, vissuto nella Cappadocia (Turchia) nel IV secolo, in un'omelia natalizia lega il roveto ardente che non si consuma alla verginità incontaminata e costante di Maria. Egli scrive: «Ciò che era prefigurato nella fiamma e nel roveto fu apertamente manifestato nel mistero della Vergine. Come sul monte il roveto ardeva ma non si consumava, così la Vergine partorì la luce ma non si corruppe. Né tu sembri sconveniente la similitudine del roveto, che prefigura il corpo della vergine, la quale ha partorito Dio» (Gregorio di Nissa, In nativitate Domini, PG 46, 1136). Anche Proclo, futuro patriarca di Costantinopoli nel V secolo, parlava in un'omelia, della Madre di Dio come di un “roveto ardente che non fu bruciato dal fuoco del parto divino” (cf. G. Ravasi, p. 31). Molti altri padri della Chiesa e teologi tra cui ad esempio Efrem Siro (morto nel 373), Severo (patriarca di Antiochia, morto nel 538), paragonano il roveto ardente alla verginità e maternità divina di Maria. Anche i Vespri del 1 Gennaio, solennità della Madre di Dio, nella terza antifona, ricordano l'evento biblico del roveto ardente paragonandolo alla verginità di Maria: «Come il roveto, che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio: noi ti lodiamo, tu prega per noi». La verità della perenne verginità di Maria è stata affermata nel Concilio Costantinopolitano II (553) dichiarato ecumenico da papa Pelagio I (†561): «Prese carne dalla gloriosa Theotòkos (Madre di Dio) e sempre vergine Maria». La verginità perpetua di Maria venne anche definita dal Concilio Lateranense del 649 convocato da papa Martino I: «Se qualcuno non confessa secondo i santi padri che la santa e sempre vergine e immacolata Maria […] (non abbia) partorito senza corruzione (incorruptibiliter), permanendo anche dopo il parto la sua indissolubile verginità, lo stesso Dio Verbo, dato dal Padre prima di tutti i secoli, sia condannato». Il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium riprende il tema della verginità perpetua di Maria con queste parole: «Il Figlio primogenito non diminuì la sua verginale integrità, ma la consacrò» (Lumen Gentium 57). Il mistero della verginità di Maria è un dato storico salvifico, segno della trascendenza assoluta del Verbo redentore, che ha fatto di Lei il suo inviolabile santuario.
Mater Ecclesiae
Il roveto ardeva ma non si consumava
Don Giuseppe Fazio · 3 anni fa