L'alternanza dei lockdown, l'altalena psicologica vissuta fra aperture e chiusure, ha generato le più disparate ed estreme reazioni emotive nella popolazione. Nell'ultimo periodo, si è percepito chiaramente, a mio modesto parere, un “negazionismo” generale, avvertito come autorizzato dall'assenza di controlli e dalle relative chiusure di attività commerciali che hanno consentito una continuità del traffico di persone al limite con la normalità.
Di fatto, quindi, le persone in genere hanno subito meno la “chiusura” come “imposizione” e questo elemento avrebbe fatto supporre che le reazioni post lockdown dovessero essere quantomeno attutite.
Quanto di nuovo appare all'orizzonte delle riaperture, anche sondata nell'esperienza clinica, è, invece, una “irrazionale” paura del ritorno alla precedente dimensione che definirei “ante era covid”, intorno alla quale si alimentano fantasie, sensazioni di irritabilità verso la socialità a tutti i costi, “negazione” volontaria della libertà personale, una reale difficoltà di “adattamento” fra aperture e chiusure, una fatica ad abbondare la casa come “zona di confort” recuperata e protettiva; un' “ansia da prestazione” vera e propria, considerati i pregressi ed impegnativi livelli di edonismo e di frenesia esibiti attraverso i social o nella vita reale, che ad oggi, il drammatico vissuto pandemico ha radicalmente modificato nella sostanza, consentendo di apprezzare il “relax” .
La dolorosa esperienza che fin qui abbiamo attraversato, purtroppo non ancora conclusa, ha coinvolto sul piano emozionale tutte le generazioni, originando la cosiddetta “sindrome della capanna”: “Sarò in grado di condurre la stessa vita di prima?”; “Ho paura di uscire… sarò disposta ad uscire di nuovo con gli amici di sempre?; “ cosa potremo raccontarci?”; “vorrò andare in discoteca?”; “mi infastidisce l'idea di uscire e fare per forza qualcosa di divertente..”; “uscire mi pone nel senso di colpa di poter infettare coloro che incontro”…sono solo alcune delle verbalizzazioni a sostegno di questa nuova ondata di reazioni con le quali tutti dovranno fare i conti e che già animano l'immaginazione collettiva.
Contenuti e immaginazioni che si alimentano attraverso i social e che, pertanto, diventeranno anch'esse virali a rendere “problematica”, più di quanto sia necessario, questa rinnovata apertura, segno che “omologarsi” per non sentirsi soli impegni molto più che recuperare equilibri nuovi fra il “dentro ed il fuori” adattati al mondo ancora dominato dal covid 19.
Psicologia e dintorni
Covid e "sindrome della capanna"
Lia Pallone · 4 anni fa