Il testo dell'omelia tenuta dal Vescovo durante la Messa Crismale
Cari fratelli e sorelle,
qui presenti; soprattutto cari fratelli e sorelle che ci seguite da casa, penso soprattutto a coloro che materialmente sono impossibilitati perche' sofferenti, perche' malati;
cari presbiteri, diaconi, religiose, religiosi, seminaristi (e' una gioia che ogni tanto abbiamo tra noi anche i seminaristi), fedeli tutti.
Lo ricordava il vicario poco fa, è la prima volta che mi è dato presiedere questa Eucarestia, la messa del Crisma, lo scorso anno, purtroppo, non è stato possibile celebrarla. Viviamolo questo rendimento di grazie guidati ed accompagnati dai diversi momenti di questa liturgia, che fa da prologo al triduo pasquale, culmine di tutto l'anno liturgico, per riceverne luce, gioia, forza, fiducia e speranza, in questo tempo sempre più difficile, complesso e gravoso per ciascuno e per tutti noi. Se lo scorso anno siamo stati scioccati, così si esprimeva il Papa domenica scorsa, adesso siamo provati.
Cari presbiteri, tra qualche istante, rinnoveremo le nostre promesse sacerdotali. In tale circostanza mi pare doveroso, rivolgere un pensiero augurale ai nostri vescovi emeriti a mons. Rimedio, che quest'anno celebrerà 70 anni di sacerdozio, e a mons. Cantafora. Prima di arrivare in Cattedrale ho sentito monsignor Mario Milano che mi ha detto “mi consideri un presbitero della sua Chiesa” ed è bello sentire anche questa comunione. Vorrei, in particolare, qui ricordare don Enzo Puja che compirà 60 anni di sacerdozio e don Tommaso Buccafurni che invece ne compirà 50. Ringraziamo il Signore per questi anniversari e diciamo anche grazie. Auguri anche a don Aldo che oggi festeggia il suo compleanno.
Questo pensiero grato a loro che si estende a tutto il nostro presbiterio nessuno escluso, anche a coloro che, per ragioni diverse, non hanno potuto prendere parte a questo momento ecclesiale. Per ciascuno e per tutti è occasione di rendere grazie al Signore e di ri-dire il proprio sì a Cristo e alla Chiesa. Questa mattina, rinnoviamo con gioia le promesse che ci configurano a Cristo buon pastore. Il giorno della nostra ordinazione presbiterale, davanti al nostro Vescovo e al Popolo Santo di Dio, è iniziato per noi il cammino di unione e di conformazione a Cristo buon e bel Pastore. Un cammino per ciascun presbitero e per tutti i presbiteri; con l'ordinazione infatti siamo entrati a far parte di un presbiterio: siamo stati ordinati al presbiterio. È un dono e un impegno a camminare tutti insieme. Anzitutto camminiamo insieme come Chiesa, preti e laici insieme, sempre di più. Ma dobbiamo anche camminare insieme come presbiterio. Forse, carissimi fratelli e sorelle dobbiamo imparare come si fa a camminare insieme. Papa Francesco ce lo sta dicendo in tutti i modi. Ci vuole, certo, pazienza, comprensione, stima, benevolenza, reciproca. Sì, impariamo perché siamo chiamati a camminare insieme! Non si tratta di cose da imparare, contenuti, ma di un modo di essere, di uno stile nuovo. La mèta è la configurazione e l'unione a Cristo. Così da essere sempre più suoi. Per questo, senza stancarci, non smettiamo di contemplare il Signore Gesù: Eterno Sacerdote. È Lui che ci ha fatti prima di tutto “popolo sacerdotale” per il nostro Dio e Padre. E poi ci ha fatti preti per servire questo suo popolo sacerdotale. Lasciamoci ancora fare da Lui! Il cammino continua… Ragion per cui non ci stanchiamo e non ci fermiamo perché, molto semplicemente, non siamo ancora arrivati.
Il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci dice che “Gesù venne a Nazaret, dove era cresciuto e secondo il suo solito, di sabato…si alzò a leggere”. Gesù inizia il suo ministero pubblico, per il Vangelo di Luca, in modo ordinario: “secondo il suo solito”. Quel giorno solito, tuttavia, si rivela in-solito. Quel giorno così ordinario si mostra però straordinario. Cari presbiteri, come sarebbe bello vivere il nostro quotidiano, questo quotidiano, quello che stiamo sperimentando in questi giorni, come straordinario. Vivere l'oggi perché è oggi! “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”. Gesù, il servo, si manifesta come il compimento delle promesse antiche. È Lui la chiave di comprensione delle Scritture. È Lui l'intelligenza delle parole che sono state dette. È Lui la Parola che dà senso a tutte le altre parole dette e da dire. Accogliamola per viverla questa Parola come se fosse la prima volta; lasciamoci coinvolgere, afferrare, prendere da Cristo, la Parola vera. Il nostro cuore non desidera altro e di meglio. È l'unione con Cristo che ci unisce e fa di noi una cosa sola. Che altro desiderare in questo momento per noi, per la nostra chiesa, per la nostra terra, per l'intera nostra umanità?
Come presbiteri è nostro vivo desiderio metterci, ancora una volta, con sincera e ferma disponibilità, al servizio del Signore, al servizio dei fedeli; al servizio della comunione fra di noi; al servizio del sacerdozio comune dei fedeli, al servizio di tutti, al servizio della comunità, che vuol dire, al servizio di ogni persona nella sua unicità e irripetibilità, con grande delicatezza, cura e attenzione. Se permettete vorrei fare riferimento alla vita di Simone Weil seppur indirettamente. Il padre domenicano francese, Joseph-Marie Perrin, che l'ha accompagnata, a seguito di una serie di incontri e colloqui con questa filosofa e mistica si chiede in cuor suo: “Che ero io per lei? Un sacerdote, l'unico sacerdote che ella conobbe. Avrei potuto essere il prete di guardia, cui si rivolgono indistintamente il mendicante per un soccorso, il fedele che desidera la grazia di un sacramento e il non credente in cerca di Dio. A questo somigliava la mia vita di allora, aggiungendo che ero cappellano degli studenti e avevo l'incarico assillante degli infelici ricercati, per i quali bisognava trovare un rifugio o il mezzo per fuggire”. Vorrei solo ricordare che siamo nel sud della Francia durante la seconda guerra mondiale tra il 1941 e il 1942. Ma anzitutto vorrei evidenziare quanto padre Joseph-Marie si chiede subito dopo: “Che era Lei per me? Un'anima che avevo la terribile responsabilità di servire e che mi dava la commovente fiducia di parlarmi della sua vita con Dio. Quando parlo così (..) vorrei provare a far capire che il sacerdote è debitore di tutti e che il suo debito è lui stesso, la sua attenzione, la sua dedizione, il suo tempo, le sue risorse, si tratti di un genio o di un ignorante, di uno che ha influenza o di uno che non può nulla”.
Cari fratelli presbiteri, solo fissando lo sguardo su Cristo, solo lasciandoci incontrare da Lui possiamo pensare di poter incontrare l'altro, gli altri, nella verità, con spirito di generoso servizio, con grande senso di responsabilità, avvertendo sempre questo fondamentale e radicale “debito” di cui parla padre Joseph-Marie. Domandiamoci perché e come il Signore incontrerebbe noi e soprattutto gli altri, i lontani, i nemici? Il Signore Gesù ci insegna perché incontrare chi è altro da me?, perché incontrare chi è lontano da me, chi è nemico?, ma anche come si fa ad incontrarlo veramente. Perciò ti preghiamo o Signore, che ciascuno di noi possa fissare Te. Gli occhi fissi su di Te per poter fissare i tanti volti che ci è concesso incontrare nella nostra vita. Fissati al modo tuo, con bontà, tenerezza, misericordia, purezza, amore… Nei tanti volti fa' o Signore che possiamo e sappiamo scorgere il Tuo volto. In particolare nei poveri e nei miseri. Tu sei venuto a portare ai poveri il lieto annuncio. Sono loro i destinatari del Vangelo! Donaci dunque, Signore, di far parte di tali destinatari. Destinatari della gioia del Vangelo. Evangelizzati perciò evangelizzatori. Tutti noi come Chiesa, desideriamo oggi, lasciarci raggiungere dalla buona e dalla bella notizia del Vangelo. Non lasciamoci sedurre da altre notizie che procurano solo tristezza, sconforto, desolazione; non lasciamoci tentare dal maligno che semina divisione con parole, pensieri, sentimenti e gesti di invidia, di rivalità, di cattiveria, di odio… Noi presbiteri, fissando lo sguardo su di Te, Signore Gesù, vogliamo fissarlo, come solo Tu ci insegni, sulla nostra gente, quella a noi affidata, ma anche all'altra gente, quella che non sembra riguardarci, per operare secondo uno stile sempre più inclusivo. Che cosa ci sostiene nel nostro ministero, se non questo debito che ciascuno di noi è, per cui siamo stati fatti preti? Se non questa responsabilità che ciascuno di noi è ed ha, in ragione della carità pastorale nei confronti di tutti? Ci sostenga la preghiera e la nostra gente. Ci sostenga il nostro rapporto con Dio e con la nostra gente!
Signore vogliamo amare Te perché sei Tu Colui che ci ami; che ci hai liberati dai nostri peccati con il tuo sangue. Amati da Te Signore concedici di amare tutti, di prenderci cura, di preoccuparci, di coinvolgerci, di gioire e di patire con e per ogni uomo e ogni donna, soprattutto per chi non conta nulla ed è considerato uno scarto. Donaci Signore Gesù di non disperare mai di nessuno, ma di amare, credere e sperare sempre. Donaci di essere preti così dal cuore grande, ma anche laici così, diaconi, religiosi e religiose così; cristiani così, oggi; Chiesa così, oggi, in questa porzione di terra che tu Signore ami!
Amen!