Riflessioni a partire dal messaggio di Quaresima di Papa Francesco
Come un faro, a pochi giorni dal mercoledì delle ceneri, è arrivato il messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2021 che ci invita a rinnovare la fede, la speranza e la carità.
All'interno di un testo breve e conciso, alcuni atteggiamenti ci aiutano a prepararci a vivere nel migliore dei modi questo tempo così prezioso: la testimonianza e la gentilezza.
Sembra paradossale, ma Papa Francesco ci invita ad essere non solo profeti di un tempo nuovo, ma già oggi “testimoni del tempo nuovo”. Questo nostro tempo, che più volte abbiamo descritto come un tempo sospeso in attesa di tempi migliori, è in realtà per noi cristiani il tempo della pienezza, dove già oggi si manifesta la grandezza della salvezza del Signore. Non altri tempi da attendere passivamente, ma testimoni delle meraviglie che già oggi il Signore compie, anche in un momento di prova così dura; una Quaresima nella quale siamo chiamati ogni giorno, da laici, da sposi, genitori, figli, lavoratori, disoccupati, malati, a santificare il Suo nome con la nostra vita e il nostro impegno e contestualmente a scorgere e mostrare, dandone testimonianza, quanto bene già oggi il Signore compie.
Se l'atteggiamento della testimonianza deve animare il nostro agire, quello della gentilezza è lo stile attraverso cui realizzarlo: “A volte, per dare speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (F.T., 224)”.
La gentilezza dinanzi ad una realtà che a volte ci sembra incomprensibile, nella quale è molto più facile reagire con rabbia, aggredendo, mormorando o, ancor peggio, restando indifferenti dinanzi ad un apparente senso di impotenza. Lo stile della gentilezza come categoria dell'essere, come tensione continua a lavorare sulla nostra interiorità e sul nostro sguardo per mantenere limpidi i pozzi da cui attingere l'acqua della nostra convivialità, come tensione a guardare all'altro come dono, ad aiutare ciascuno a rialzare la schiena da uno stato piegato, a tornare alla vita da una morte del cuore, a vivere così, finalmente, una Pasqua autentica.
Allora il digiuno, la preghiera e l'elemosina diverranno spazi dove farci raggiungere dalla Parola che possiamo comprendere grazie all'intelligenza del cuore, per fare esperienza di una povertà accettata facendoci poveri con i poveri, liberando “la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo, per aprire le porte del nostro cuore a Colui che viene a noi povero di tutto, ma «pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14): il Figlio del Dio Salvatore”.