Don Pino Angotti: "L'albero e' segno di una vita che nasce da qualcosa che muore"
Otto piante di ulivo da oggi cresceranno accanto alla stele che ricorda gli otto ciclisti morti quel tragico cinque dicembre di dieci anni.
E quella di oggi e' stata una cerimonia toccante, commovente, carica di pathos, tristezza, dolore. Quella stessa tristezza e dolore che attraversano la citta', ormai da un decennio, come una ferita che tarda a rimarginarsi. Ed e' stato cosi' che oggi pomeriggio, accanto a quella stele dove il sindaco, Paolo Mascaro, accompagnato dal comandante facente funzioni della Polizia Municipale, Aldo Rubino, ha deposto una corona di fiori, sono state piantumate otto piante di olivo a ricordare: Fortunato Bernardi, Giovanni Cannizzaro, Pasquale De Luca, Domenico Palazzo, Rosario Perri, Vinicio Puppin, Francesco Stranges e Domenico Strangis
A portare i saluti del vescovo della Diocesi di Lamezia Terme, monsignor Giuseppe Schillaci, impossibilitato a presenziare per un impedimento, c'era il vicario generale, don Pino Angotti che, nel rimarcare che “il vescovo Giuseppe, che oggi avrebbe voluto essere qui ma e' stato impossibilitato, e' unito a questo momento cosi' importante, non solo per i familiari di questi nostri concittadini, ma di tutta la citta'”, ha evidenziato che “stiamo per compiere questo gesto che e' fortemente simbolico; stiamo per piantare un albero. E l'albero in natura, credo, che sia l'elemento che abbia la capacita' di raccontare una cosa che in qualche modo e' straordinaria: l'albero e' segno di una vita che nasce da qualcosa che muore. Lo ha detto anche Gesu': se il chicco messo in terra non muore non porta la vita, non porta frutto”.
Per don Pino, infatti, “noi, con il nostro essere qui, vogliamo esprimere questa certezza, non vogliamo essere solo chiusi dentro un ricordo che riguarda un evento passato. Ma e' quell'evento passato che e' capace di dare valore e significato all'oggi, al futuro. Il dolore dei familiari di questi nostri concittadini e' il dolore di tutti noi. Quell'evento, dovunque ci abbia raggiunto, ci ha asciato senza parole, anche se non ci si conosceva. Pero', abbiamo fatto l'esperienza di questa cosa bella che ancora ci appartiene: il dolore degli altri e' anche il nostro dolore. E dovremmo fare in modo che anche le gioie degli altri siano le nostre gioie”.
Da qui la speranza che “questa moltitudine di ciclisti che trasforma la memoria in memoriale ci possa aiutare a collocare questo gesto, non nel ricordo occasionale di un cinque dicembre, di cui oggi ricorre l decennale, ma come un momento importante della vita della comunita' civile e cristiana e possano i nostri fratelli che oggi ricordiamo rifiorire in Dio. Anzi, ne siamo certi. La vita che qui finisce in Cielo raggiunge la sua pienezza e rifiorisce con l'eterna giovinezza che solo Dio e' capace di donare”.
Subito dopo ha preso la parola il sindaco che, tra le altre cose, nel ricordare che tra i ciclisti deceduti c'erano “amici e colleghi”, ha parlato di “ferita profonda per tutti noi. Abbiamo perso – ha aggiunto – persone che continuano a vivere nel nostro ricordo e ciascuno di noi ha l'obbligo morale di trasmettere questo ricordo”.