Ricordo di Antonio Saffioti, tornato al Padre nei giorni scorsi
Il giorno dopo, nelle situazioni normali, dovrebbe essere quello più difficile. Perché non c'è più quella dimensione comunitaria dei giorni dei funerali, fatta di sorrisi, sguardi, lacrime e bei ricordi da condividere. Il giorno dopo si volta pagina e bisogna tornare alla cosiddetta “normalità”. Quando siamo tutti più soli. Ma con Antonio, il giorno dopo, il giorno del ritorno al solito tran tran quotidiano, è quello più bello. Stamattina mi sono svegliato ricordando alcune parole, che ho utilizzato nella prefazione al libro che abbiamo scritto insieme ad Antonio un anno fa. Parlando di quella famiglia “ordinaria”, di papà Pino, di mamma Vittoria, della sorella Maria Rosaria. “I Saffioti's” (così mi piace chiamarli scherzosamente) manifestano nell'ordinario della vita lo straordinario di Dio”.
Lo straordinario nell'ordinario. É questa l'eredità di Antonio che oggi ci fa guardare avanti. La sua lezione di vita, la sua testimonianza fino alla fine, quella “buona battaglia” quotidiana per la vita condotta insieme alla sua famiglia ogni giorno, in ogni istante, in un cammino lungo 37 anni e proteso all'eternità. Antonio detestava tanto l'aggettivo “normale” quanto l'aggettivo “speciale”. A lui piaceva “lo straordinario nell'ordinario”. Che si manifesta nell'amore che porta una famiglia a diventare per 37 anni mani, gambe e piedi di un figlio. Che spinge una famiglia a volere sapere di più, a non accontentarsi di quell' “è sempre stato così” che uccide vita e speranza. Che, di fronte a immobilismi e menefreghismi, porta un padre a costruire una pedana perché non solo il proprio figlio ma qualsiasi altro ragazzo possa entrare a scuola dalla stessa porta attraverso la quale entravano tutti gli studenti oppure a realizzare una passerella per arrivare vicino al mare. L'ordinario di una pizza con gli amici, di un concerto, di un film, di un evento culturale, di una notte in spiaggia. L'ordinario di relazioni autentiche, mai ipocrite. L'ordinario, o almeno così dovrebbe essere, del tempo, della cura, dell'attenzione per l'altro. L'ordinario, o almeno così dovrebbe essere, di impegnarsi per la comunità per i diritti di tutti, per abbattere le barriere architettoniche e soprattutto mentali, per far sì che ciò che si è sperimentato sulla propria pelle diventi battaglia e traguardo di un'intera comunità.
Antonio è stato straordinario nelle cose ordinarie. Lo è stato insieme a Pino, Vittoria, Maria Rosaria. “Nell'ordinario lo straordinario di Dio”. Per questo oggi è il giorno più bello. Perché oggi tocca a noi.