·

La parola del Vescovo

Gesu’ cammina con noi in questo tempo cosi’ difficile per tutti

Redazione · 4 anni fa

III domenica di Pasqua, l'omelia pronunciata dal vescovo, Giuseppe Schillaci, durante la celebrazione della Messa, officiata nel santuario di sant'Antonio in diretta televisiva ed in streaming

Anche questa domenica abbiamo la possibilita’ di nutrirci di questa Parola, della bellezza e della ricchezza della Scrittura che abbiamo ascoltato poco fa. E certamente abbiamo tutti notato, in particolare nel Vangelo, che ci troviamo ancora in quello stesso giorno “il primo della settimana”, cioe’ il giorno della Resurrezione di Cristo. Ed i cristiani si riuniscono, in modo particolare, per celebrare l’Eucarestia nel giorno in cui si fa memoria del Cristo Risorto, il Cristo Vivente, il Cristo presente in mezzo a noi. Nel brano evangelico abbiamo potuto ascoltare questo momento particolare che vivono due discepoli in cammino e sappiamo che uno di questi due discepoli si chiama Cleopa, cosi’ come viene riportato nel Vangelo. In questo cammino, dei due discepoli che da Gerusalemme vanno verso Emmaus, proviamo ad immaginare il nostro cammino di discepoli in cui la Parola e’ sempre luce per la nostra esistenza e, quindi, proviamo a vedere la nostra vita. Cioe’, in questi undici chilometri che i due discepoli percorrono da Gerusalemme ad Emmaus, proviamo ad inquadrare il cammino della nostra esistenza umana e cristiana.
Sappiamo che i cristiani sin dall’inizio sono stati chiamati “quelli della Via” e la Via e’ Gesu’ Cristo ed i cristiani sono, in quanto tali, uomini in cammino, viatori: la vita cristiana e’ un cammino. Questo cammino conosce tanti momenti. Per esempio, il momento che stiamo vivendo tutti quanti, non solo in Calabria, in Sicilia, in Italia, ma nel mondo intero questa pandemia ha preso tutti. Lungo questo cammino non possiamo non pensare alla nostra fede alla nostra esistenza cristiana. Lungo questo cammino, i due discepoli - ci dice il testo - discutevano di tutto quello che era accaduto e Gesu’ in persona si avvicina mentre loro camminavano e discutevano. E si avvicina come un forestiero, come un estraneo. Gesu’ cammina con loro.
Carissimi fratelli e sorelle, Gesu’ cammina con noi in questo tempo cosi’ difficile per tutti. Gesu’ non perde la sua natura, il suo ‘essere con…’. Egli e’ l’Emmanuele, e’ il Dio con noi. Cioe’, e’ il nostro compagno di strada; si e’ fatto uno di noi. E questo non puo’ non dirci qualcosa, carissimi, non puo’ non dire qualcosa a noi, suoi discepoli; non puo’ non dire qualcosa a noi, sua Chiesa. E come Chiesa non possiamo dimenticare questa modalita’. Non possiamo, cioe’, dimenticare la vicinanza, la prossimita’. Si cammina con l’uomo e con l’uomo del nostro tempo e con quest’uomo del nostro tempo noi condividiamo gioie, fatiche, speranze, tristezze. Non sono le mie parole, queste, ma sono le parole del Concilio ecumenico vaticano II. San Giovanni Poalo II ci diceva che questa e’ la bussola. Riascoltiamo queste parole che sono l’inizio della ‘Gaudium et spes’: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi e’ di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. Non dimentichiamo mai questa direzione di marcia nel nostro cammino di discepoli di Gesu’ che, avvicinandosi a questi due discepoli che, delusi, tristi si allontanano da Gerusalemme, li invita a raccontare ed a raccontarsi. E’ Gesu’ stesso che domanda loro. Non lasciamo cadere anche noi le sue domande; non lasciamole cadere nel vuoto, soprattutto in questo tempo, il tempo del coronavirus. Lasciamoci domandare dal Signore. Tutti quanti noi abbiamo bisogno della Sua Parola! Lasciamo che la Sua Parola risuoni nella nostra vita perche’ venga fuori tutta la nostra umanita’ con le sue debolezze, con le sue fragilita’. Lasciamo che parli questa nostra umanita’, nella sua verita’ e nella sua bellezza!
Lo abbiamo ascoltato: sono due discepoli scoraggiati, tristi come possiamo essere noi in questo momento. Questo scoramento, questa tristezza, queste delusioni non ci devono fare smarrire. Il testo dice ancora: due discepoli che si esprimono cosi’ noi speravamo in Gesu’. Ma quale Gresu’? “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele”. Avevano in testa, probabilmente, un Gesu’ politico, imperioso. Hanno visto, invece, Gesu’ crocifisso, morto, sconfitto. Carissimi fratelli e sorelle, l’uomo e’ sempre lo stesso. L’uomo ricerca sempre potere, privilegi di ogni genere. Ecco perche’, con molta semplicita’, lasciamoci domandare in questo momento, a cominciare da me vescovo, ma tutti, preti, religiosi, religiose, laici, tutti noi come Chiesa: quale Gesu’ dimora nei nostri pensieri, nel nostro cuore? Un Gesu’ onnipotente che risolve i problemi? Lo abbiamo pensato: “Signore Gesu’, perche’ non risolvi questo problema? Perche’ non ci liberi da questo male? Un Gesu’ che si impone con la forza, secondo la logica di questo mondo. Ebbene. Noi dobbiamo dircelo con franchezza: questo Gesu’ non ha nulla a che fare con il Vangelo che e’ quello che vogliamo assimilare sempre di piu’. Pietro ce lo ha detto nella sua prima lettera, esortandoci e ricordandoci “comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiu’ come stranieri”. Ecco, il coronavirus ci fa vivere questa condizione: come stranieri, come pellegrini. E continua, “voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia”. Quello che dice Pietro e’ quello che Gesu’ stesso dice ad un certo punto ai due discepoli in cammino verso Emmaus “Non bisognava che Cristo patisse queste sofferenze?”.
Noi, carissimi fratelli e sorelle, professiamo il Dio di Gesu’ Cristo che accetta di soffrire, di morire per la salvezza di noi e di tutti. Si’, il Cristo che patisce e che soffre. Il Crocifisso che e’ il Risorto. E’ Lui che istruisce e ci istruisce. E’ Lui che istruisce i due discepoli e continua ad istruire noi e la sua Chiesa. Ed una Chiesa che smarrisse questo principio fondante, fondamentale, perderebbe la propria natura, la propria identita’. E’ Lui, il Crocifisso Risorto, che ci spiega le Scritture, che dischiude dinnanzi a noi un orizzonte. Dice papa Francesco nella sua lettera apostolica per la istituzione della domenica della Parola di Dio che abbiamo celebrato diverse domeniche fa, anche se sembra un secolo fa: “Senza il Signore che ci introduce e’ impossibile comprendere in profondita’ la Sacra Scrittura, ma e’ altrettanto vero il contrario. Senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesu’ e della sua Chiesa nel mondo. Giustamente – sottolinea ancora il Papa – San Girolamo poteva scrivere l’ignoranza delle Scritture e’ ignoranza di Cristo”. Ed ecco perche’ questo tempo cosi’ difficile puo’ essere un tempo privilegiato per tutti noi, nelle nostre case, per leggere ed approfondire la Scrittura. Proprio ieri, che abbiamo celebrato la festa di san Marco, il Papa invitava a leggere le Scritture perche’ ci accostiamo sempre piu’ a Gesu’ dei Vangeli. E nei Vangeli lasciamoci condurre da Lui nella comprensione della Scrittura: E’ Lui che ci apre la mente, e’ Lui che ci scalda il cuore, se lo lasciamo parlare.
Lasciamolo parlare, oggi, nella nostra vita con tutto quello che stiamo vivendo, senza paure e senza resistenze. Il Signore lo riconosceremo presente nella nostra vita e lo riconosceremo, in modo particolare, quando si offre, quando si spezza. Bellissimo gesto, questo: spezzare il Pane! In questo gesto semplice, nobile, umano, quotidiano, cogliamo la presenza del Signore. Lasciamoci coinvolgere in questo mistero. Lasciamoci coinvolgere in questo dono puro, disinteressato che per noi e’ il mistero dell’Eucarestia, e’ il mistero di una carita’ senza limiti. Lasciamoci raggiungere. Lasciamoci incontrare. E raggiunti ed incontrati come i due discepoli di Emmaus, anche noi ripartiamo da Emmaus senza indugio perche’ questa e’ la missione: ripartire; cioe’ annunciare; cioe’ vivere. Cosi’ potremo narrare agli altri il Signore, testimoniare il Risorto con audacia come hanno fatto gli apostoli all’inizio della predicazione. Vogliamo essere, ancora oggi, tutti, nessuno escluso, testimoni del Risorto e lo saremo nella misura in cui ci lasceremo trasformare dalla Sua Parola, dall’Eucarestia, dal Suo amore. E cosi’, allora, con molta semplicita’, noi, discepoli del Signore che viviamo qui a Lamezia, in Calabria, facciamoci anche noi colloquio, dialogo, conversazione. Raccontiamo a tutti la bellezza di questo incontro con il Signore con umilta’, mai con arroganza e presunzione, con la forza mite di una presenza che si preoccupa per chi e’ in difficolta’, per chi soffre, per chi sta piu’ indietro. Facciamoci compagnia, mettiamoci accanto e mettendoci accanto accompagniamo le persone, gli altri, nella crescita. Facciamo crescere e facciamolo crescendo anche noi in umanita’ ed in fraternita’, chiunque.
Fai ardere, Signore, il nostro cuore, come arde il Tuo, di amore vero, di compassione sincera per tutto l’uomo, per ogni uomo!