Domenica di Pasqua, l'omelia pronunciata dal vescovo, Giuseppe Schillaci, durante la celebrazione della Messa, officiata in Cattedrale in diretta televisiva ed in streaming
Dopo i giorni della Quaresima, stanotte ha risuonato il canto dell’alleluia. Questo canto che risuonera’ per i prossimi 50 giorni fino a Pentecoste. Diciamo che i quaranta giorni si misurano con questa eccedenza. Viviamo questi giorni 50 giorni, fino alla Pentecoste, come la grande domenica e ci auguriamo tutti, finalmente, di potere uscire da questa condizione che stiamo vivendo, ormai, da diversi giorni. Accogliamo l’invito del salmista che e’ quello di esultare e di rallegrarci: “Esultiamo e rallegriamoci tutti. Risuoni l’annuncio della Pasqua in questo giorno in tutta la faccia della terra. La pietra scartata dai costruttori e’ divenuta pietra d’angolo”.
Si’, carissimi fratelli e sorelle, questo e’ il fondamento della fede, la nostra fede; questo e’ il fondamento della speranza, la nostra speranza; questo e’ il fondamento dell’amore, il nostro amore che vogliamo sempre piu’ operoso, fattivo, concreto.
E’ tutto qui, nell’annuncio “Cristo e’ risorto”, “Cristo, mia speranza e’ risorto”, “si’ Cristo e’ veramente risorto”. Lo abbiamo, anche questo, ascoltato nella sequenza che e’ stata cantata poco fa. Un annuncio affidato a Maria di Magdala, definita “apostola degli apostoli”. E’ lei che porta questo annuncio: “Raccontaci, Maria, cosa hai visto sulla via?”. E, come il racconto di questa notte nel Vangelo di Matteo, anche il racconto di questa mattina nel Vangelo di Giovanni, abbiamo tutti sentito, non c’e’ descritta la resurrezione. Si’, anche questo e’ un evento che oltrepassa la capacita’ di verifica di cui l’uomo e’ capace. L’uomo ha bisogno di controllare, ha bisogno di toccare con mano. L’uomo desidera, in cuor suo, sempre poter padroneggiare tutto. Salvo, poi, esperimentare che basta poco, basta quasi niente per destabilizzarlo questo uomo, renderlo incerto, timoroso, pauroso dinnanzi a tutto, estremamente vulnerabile. Basta un virus invisibile che mette sotto scacco il nostro mondo con tutte le sue pretese, con tutte le sue acquisizioni, con tutte le sue conquiste. Oggi, pero’, carissimi fratelli e sorelle, il nostro cuore e’ invitato a fare festa, e’ invitato anche a capire la Scrittura.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato ci sono tre personaggi: Maria di Magdala, Pietro e l’altro discepolo, il discepolo che Gesu’ amava, l’amato. E questi tre personaggi corrono. Anche noi corriamo con loro tre. Corriamo insieme. Corriamo in questo gesto cosi’ significativo in cui vogliamo sostenerci ed incoraggiarci a vicenda. Riascoltiamole queste parole: “Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse piu’ veloce di Pietro e giunse per primo al Sepolcro. Si chino’, vide i teli posati li’, ma non entro’. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entro’ nel Sepolcro ed osservo’ i teli posati la’ ed il sudario che era stato sul suo capo”. Non posato la’, con i teli, ma “avvolto in un luogo a parte”. “Allora entro’ anche l’altro discepolo che era giunto per primo al Sepolcro e vide e credette. Infatti, non avevano ancora compreso la Scrittura e, cioe’, che Egli doveva risorgere dai morti”. I discepoli, Pietro, il discepolo che Gesu’ amava, gli altri discepoli “non avevano ancora compreso”.
C’e’ un vero itinerario di fede in questo brano che e’ un itinerario, possiamo definire cosi’, del vedere. Questo testo cosi’ ricco si focalizza su questi segni che rivelano qualcosa nella misura in cui siamo capaci, si e’ disponibili a scorgere il senso, il significato. Perche’, lo sappiamo, c’e’ vedere e vedere: c’e’ un vedere che si ferma all’oggetto senza andare oltre quando ci si ferma, per esempio, all’apparenza; ma c’e’ la capacita’ di vedere oltre, c’e’ la capacita’ di vedere l’invisibile, come ci ricorda l’autore de ‘Il piccolo principe’, “l’essenziale ed invisibile agli occhi”. E non si vede bene se non con il cuore. C’e’ un vedere con il cuore. Ecco, questo vedere ci fa intendere, ci fa cogliere una dimensione: c’e’ una intelligenza che si incarna nella capacita’ di amare ed e’ figurata nel discepolo amato. E’ l’intelligenza dell’amore, quella fede che nasce dall’amore, che conduce, quindi, alla comprensione delle Scritture.
Carissimi fratelli e sorelle, ecco perche’ dobbiamo fare festa, malgrado il peso di questi giorni, la fatica, le restrizioni, le sofferenze, le morti: la resurrezione di Cristo e’ la nostra intelligenza, e’ cio’ che ci permette di capire dentro, di vedere piu’ a fondo. Come per i primi discepoli, anche noi, oggi, vogliamo comprendere, alla luce di questo avvenimento centrale, fondamentale, alla luce della Resurrezione. Ed alla luce della Resurrezione desideriamo leggere tutto quello che stiamo vivendo noi, oggi: la nostra condizione, l’attuale condizione che ci attanaglia, la nostra umanita’. Ma vogliamo leggere quello che verra’ domani. Quindi, preparare questo domani oggi.
Per noi cristiani il Cristo Risorto e’ l’autentica intelligenza della fede. E se Cristo e’ risorto vale la pena vivere, vale la pena impegnarsi, vale la pena lottare, vale la pena impegnarsi per cio’ che e’ giusto, per cio’ che e’ bello. Vale la pena rischiare la vita, come stanno facendo tanti, per salvare la vita. Vale la pena amare. Cristo risorto. Ed allora viviamo da risorti, con la schiena dritta, da adulti capaci, cioe’, di vivere la fede; capaci di vivere un’umanita’ nuova. Viviamo da risorti. Viviamo, cioe’, con maggiore rispetto gli uni verso gli altri; maggiore educazione, capacita’ di accoglienza, nei confronti di tutti ed in particolare dei piu’ fragili, dei piu’ deboli, dei piu’ poveri; maggiore solidarieta’; maggiore fraternita’ tra di noi, nelle comunita’ ecclesiali ma anche tra di noi nella nostra comunita’ a Lamezia, in Calabria, nell’Italia, nel mondo. Viviamo da discepoli risorti. Discepoli, cioe’, di un amore senza limiti. Portiamo resurrezione ovunque perche’ risorti. Lasciamo correre questa buona e questa bella notizia nella nostra esistenza di cristiani che, veramente risorti, vivono nella gioia e portano la gioia, vivono nella speranza e portano speranza, sempre.