L'intervento integrale del segretario generale della Conferenza episcopale italiana ad apertura lavori della XIX assemblea nazionale elettiva della Fisc
Cari amici e care amiche,
all’inizio di questa XIX Assemblea nazionale elettiva, la mia presenza in mezzo a voi intende confermare quel rapporto di “cura” e di “sviluppo” che la segreteria generale della Conferenza episcopale italiana tesse, da decenni, con i settimanali cattolici quali particolari e significativi presidi di libertà.
Si tratta di presidi non contrapposti ai media nazionali, ma portatori di una ricchezza propria che qualifica e impreziosisce l’informazione di tutto ciò che, purtroppo, il più delle volte rimane ai margini. Anche il giornalismo, come ripete Papa Francesco, contribuisce alla “cultura dello scarto”. Quanto è prezioso contro queste logiche dominanti il contributo di quella stampa che, a torto, viene considerata minore! Nella ricchezza di significati del termine “presidio” c’è proprio quello di ausilio in una terapia o nell’assistenza di un paziente. Piace pensare che la vostra informazione – la nostra informazione – possa contribuire a curare le “malattie”, spesso infettive, che alle volte privano di quei tratti indispensabili di libertà. È questione di democrazia!
Oggi viviamo in un contesto di continue trasformazioni, determinate in particolare dalle nuove tecnologie, eppure il contributo dei settimanali resta determinante per far riecheggiare, in modo singolare, le mille voci provenienti dal territorio. «I giornali diocesani - scriveva mons. Giuseppe Cacciami, uno dei padri fondatori della Fisc e suo presidente dal 1981 al 1986, in una riflessione per i quarant’anni della Federazione - hanno sempre accompagnato e alimentato l’apertura della coscienza popolare perché sono espressione di un’esperienza - la Chiesa - che è nello stesso tempo locale, nazionale e universale. Nello stesso modo hanno saputo tenere vivo e fecondo il rapporto tra la memoria, l’impegno e il progetto. Un giornalismo serio, non afflosciato sui gossip e gli scoop ma ben diritto nell’ascoltare e raccontare la vita delle persone e delle comunità. Questo esercizio professionale consente anche oggi di essere presenza critica nei confronti dell’informazione globalizzata e di aiutare i lettori a separare la finzione dalla realtà e il marginale dall’essenziale, lo spettacolo dal fatto. Con i suoi mezzi poveri continua ad avere la forza e l’intelligenza di stare a testa alta senza orgoglio ma senza complesso di inferiorità».
Ho trovato le parole di Mons. Cacciami incarnate, nella mia esperienza di Vescovo della Diocesi di Fabriano-Matelica, nel contatto diretto con il settimanale “L’Azione”, che come molti altri ha tagliato il traguardo del secolo di vita. Gli approfondimenti tematici, l’attenzione alle periferie geografiche ed esistenziali, la professionalità, la qualità dell’informazione, la vicinanza alla gente, sono gli ingredienti che rendono ciascuna testata unica, perché portatrice di una originalità propria. Ne parlava Paolo VI nell’udienza concessa alla Fisc, il 9 luglio 1977, in occasione dei dieci anni di fondazione. Il settimanale cattolico, affermava Papa Montini, «farà certo posto alla cronaca, specie a quella locale, ma prima e più ancora dovrà tener fede a quella funzione formativa, che risponde propriamente alla sua finalità. Per tale ragione, nella scena della vita locale esso inserisce criteri di più alta levatura; ai particolari più minuti della cronaca diocesana e cittadina affianca considerazioni e riflessioni, che toccano l’ordine morale e le leggi del comportamento; ai fatti unisce preziose indicazioni per l’orientamento globale della vita, considerata alla luce dei principii etico-religiosi e dei disegni provvidenziali di Dio».
Non si tratta, quindi, di semplici fogli o bollettini, ma di giornali veri e propri, chiamati a integrare alla funzione informativa anche quella formativa. Queste testate hanno una prospettiva propria e originale attraverso cui assolvere la missione di organo informativo. Ciò non significa che, in quanto strumento di comunicazione, non abbiano obiettivi comuni e caratteristiche analoghe a tutti gli altri media; vuol dire piuttosto che si distinguono da essi per lo «spirito» che le anima.
Ed è questo stesso spirito che oggi è chiamato al confronto con le forme di un’evoluzione digitale che sembra fagocitare tutto. Quali saranno gli scenari del futuro? Sopravvivrà il cartaceo? Cosa sarà di noi? Sono domande che colgo nella loro sofferenza, a volte sfiducia, e che, comunque, presentano un’incertezza diffusa. Le difficoltà sono tantissime; a rischio c’è la sopravvivenza dell’esperienza come per altre realtà editoriali; inutile negare una certa fatica nel trovare ricette utili. E, d’altronde, questi presidi territoriali stanno diminuendo sempre più. Non si tratta di un dato ascrivibile alle sole nostre realtà. C’è un elemento, però, che non va trascurato: l’informazione è innovazione. I settimanali, in sé e per sé, sono innovazione. E la storia ne è testimone. Ma non bisogna fermarsi al passato. Avremo futuro se saremo innovativi dentro! Anche nell’ambiente comunicativo vale il principio educativo: il soggetto è colui che dev’essere formato e insieme il più grande formatore di se stesso.
La storia insegna e apre vie al futuro. La vita, anche per i media cattolici, è fatta di stagioni che sono unite dal filo rosso della speranza. Alcune si sono chiuse, altre si stanno aprendo. E certamente, nonostante le difficoltà del momento presente, non si può rinunciare alle caratteristiche essenziali del vostro essere: passione, perseveranza, professionalità, qualità.
• La passione, per continuare a ricomporre in unità ciò che è diverso, riconoscendo ad ogni diversità un suo valore che non va annullato;
• La perseveranza, perché c’è ancora un compito da svolgere e non dovranno essere le difficoltà, anche “interne”, a spegnere entusiasmi, idee, progetti e iniziative;
• La professionalità, patrimonio prezioso che i giornali cattolici hanno seminato, in oltre un secolo, accogliendo migliaia di giovani, preti e laici, e facendone dei giornalisti;
• La qualità, per proporre un contributo serio e specifico alla completezza dell’informazione. La strada della qualità è stata da sempre segnalata da due indicazioni principali: essenzialità e fondatezza di ciò che si scrive. Quella della qualità non è una pagina già scritta, ma un impegno che continua quotidianamente!
Da parte nostra l’attenzione verso i media diocesani è stata costante nei Consigli episcopali permanenti, con un particolare riferimento, in quest’ultimo frangente, alla questione dei tagli all’editoria. Attenzione portata avanti anche nel dialogo con le Istituzioni. I Vescovi italiani non possono non sostenere e supportare la voce di coloro che, con la Fisc, chiedono che venga mantenuto il sostegno a favore di questi presidi. È in gioco il pluralismo dell’informazione! L’obiettivo, ricordava ieri il presidente Mattarella ricevendo al Quirinale il Consiglio nazionale della Federazione, è «contribuire a mantenere la formazione di coscienze libere e consapevoli di cittadini che abbiano spirito critico e capacità di valutazione, offrendo loro fatti e parametri per interpretarli in maniera tale che siano consapevolmente partecipi della vita democratica. Questo è il vero presidio della democrazia, questo è il fondamento e l’obiettivo dell’art. 21». Non possiamo non fare nostre queste parole. E rilanciarle con fermezza, insieme alla preoccupazione per le consegne postali. Sono “angosce” che gravano sul lavoro di tanti.
Cari amici e care amiche, vi esorto a continuare a lavorare insieme per la comunità, raccontando il bene, valorizzando le opportunità offerte da questo nostro tempo, in condivisione di valori e di esperienze. Vi esorto ad andare avanti con fiducia con il passo di una Chiesa in uscita che testimonia la sua bellezza e la sua passione per l’umanità.