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La parola del Vescovo

Il saluto di Monsignor Cantafora alla Diocesi

Luigi Antonio Cantafora · 5 anni fa

Omelia nella Santa Messa di ringraziamento per il ministero episcopale nella Diocesi di Lamezia Terme

Cattedrale di Lamezia Terme, 29 giugno 2019
Solennità dei Santi Pietro e Paolo  


Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome! Carissimi, col salmista anche noi vogliamo magnificare il Signore.
Siamo riuniti qui in questa Chiesa Cattedrale per celebrare la Solennità dei nostri patroni. È un giorno di festa per la nostra Chiesa diocesana e il mio sguardo di vescovo è di gratitudine al Signore perché mi ha mandato qui in mezzo a voi, per condividere in questi quindici anni, le gioie, le attese e le sofferenze di questo popolo.
Ringrazio Dio perché mi ha mandato ad annunciare a voi Gesù e il suo Vangelo; lo ringrazio per voi, per avermi fatto incontrare, conoscere e amare questa Chiesa per la quale ho vissuto, lottato e sofferto con amore di pastore. Lo ringrazio ancora per tutti gli abitanti della Diocesi, per i numerosi poveri che ho incontrato, per i sacerdoti – soprattutto per quelli giovani che hanno maturato la loro vocazione durante il mio episcopato, per i diaconi, i religiosi e le religiose, i diversi gruppi e i movimenti ecclesiali.
Fin dall’inizio ho sentito per Lamezia uno sguardo amorevole che col tempo è cresciuto in passione evangelica e desiderio di crescita nel bene comune. Lamezia è stata capace di farmi dimenticare la casa paterna! Questo è possibile solo al Signore!
Quanti sentieri battuti, quante strade intraprese, soprattutto sono contento dei tanti processi avviati! Chiesa di Lamezia, con te ho avuto la conferma che l’esistenza umana migliora e si trasforma quando la fede ci converte al Signore! Certamente molto c’è ancora da fare, da vivere!
La fede matura quando si fa itinerario, cammino, rifuggendo talune secche devozionistiche, quando si è attraversati dalla Buona Notizia di Cristo morto e risorto per noi, che ci ama gratuitamente senza attendere da noi il contraccambio.
Infatti ci ama così come siamo negli anfratti della nostra vita più recondita. Questa fede può maturare solo dentro una pastorale appassionata, dai tempi lunghi e pazienti. Abbiamo cercato pertanto, con coraggio, di voler uscire da una religiosità che rischiava di raggomitolarsi in se stessa in nome di una tradizione chiusa alle novità della fede.
Dentro una pastorale ordinaria straordinariamente ricca, nella quale siamo riusciti a realizzare, con paziente lavoro collegiale, due progetti pastorali - evitando di navigare a vista - abbiamo vissuto diversi eventi significativi che oggi desidero ricordare con voi. In primo luogo l’indimenticabile visita di Papa Benedetto XVI, il 9 ottobre 2011, che è stato come un sigillo! Quanti sforzi comuni per realizzarla!
Poi il Giubileo della Misericordia durante il quale - oltre a tutto il resto! - ben seicento laici della Diocesi, si sono messi in gioco nell’annuncio evangelico, dopo un lungo tempo di preparazione.
Infine la realizzazione del complesso di S. Benedetto, nato per essere un vero polo di unità nel comprensorio lametino e aperto all’intera regione!
Sono certo, nella fede, che il Signore non abbandonerà l’opera delle sue mani (cfr. Sal 138,8).
Tra i processi avviati non posso tralasciare gli sforzi per la diffusione del ricco patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa del quale sono oltremodo grato al Signore.
Siamo entrati in dialogo col nostro territorio, valorizzando le sue risorse, ascoltando per esempio anche alcuni sindaci, che ci hanno dato in diverse occasioni, relazioni puntuali sulla vita del loro comune.
In particolare la partecipazione del laicato, su questo e altri fronti, ci ha spinto a osare, a uscire, a suscitare collaborazioni variegate, ma sintonizzate su aspirazioni di giustizia e di pace. Questi sono valori umani e cristiani presenti nel nostro popolo, che siamo chiamati a non sottacere e a non disperdere. Per questo uno dei punti forti di questo tempo è stata la formazione sia del clero sia dei laici.
Grazie a questo impegno è stato più diffusamente compreso il disagio provocato dal criminale fenomeno della ’ndrangheta, come quello della corruzione. Tale sensibilizzazione e la consapevolezza della gravità dei fenomeni devono ancora trovare spazi di più concreta attuazione.
Abbiamo orientato l’annuncio evangelico, le varie metodologie catechetiche, le liturgie e le iniziative di carità, valorizzando le modalità della pastorale integrata, vocazionale e missionaria.
Abbiamo pregato insieme. Siamo cresciuti insieme nella fede e nella carità, nella consapevolezza del bene comune, sempre da ricercare rispetto al bene privato.
Quanta fatica, insieme, per far cessare, in talune pratiche tradizionali e nella mentalità, atteggiamenti di campanilismo, di formalismo, ma comunque disincarnati dalla coerente testimonianza della comunione, richiesta dal vangelo della carità!
Non possiamo nascondere quanto ci sia ancora da fare in tal senso. Insieme abbiamo chiesto al Signore la forza di liberarci dalla grettezza del pensare solo a noi stessi o solo al nostro gruppo.
Insieme abbiamo pregato per questa città e fronteggiato tante vicissitudini, cercando di difendere i più deboli dalla morsa stringente della povertà materiale che spesso condiziona e impoverisce anche la ricchezza spirituale.
Come non soffrire come Chiesa dell’allontanamento dei giovani, dei tanti che vanno via per studiare e lavorare e costruirsi un futuro altrove?
Conosciamo la sofferenza di chi rimane spesso costretto a vivere in ristrettezze, lo svuotamento dei piccoli comuni limitrofi, per la carenza di opportunità occupazionali, di servizi sanitari, sociali, culturali.
Abbiamo vissuto in questi anni anche momenti drammatici. Ricordo la tragedia degli otto ciclisti, la famiglia distrutta dall’alluvione e tante altre situazioni nelle quali la città si è riunita intorno al vescovo che ha richiamato tutti alla speranza, pur nella criticità del momento.
In tutto ciò noi siamo qui per pregare ancora e ringraziare. Ringraziamo Dio e ringraziamo tutte le persone che hanno lavorato, cristiani e non, mossi da un comune desiderio del bene comune.
Testimonianza di ciò sono le tante iniziative di solidarietà che attestano che il Signore è vivo e ci vuole vivi!
Per tutto questo e per tanto altro ringraziamo Dio e ringrazio voi tutti. Alla misericordia del Signore affidiamo ciò che è mancato, e al mio successore - Mons. Giuseppe Schillaci - a cui va tutta la mia stima e il mio affetto, consegno una Chiesa che può camminare col suo pastore.
Come S. Paolo possiamo dire che abbiamo combattuto la buona battaglia, che il Signore ci è stato vicino e ci ha dato la forza per portare a compimento l’annuncio del Vangelo.
Auguro a tutti voi di riconoscere sempre che Gesù è il Kyrios, e auguro di continuare ad assumere, senza stancarvi mai, senza scoraggiamenti vani, la “bella fatica” di camminare insieme, insieme collaborare per l’unità della Chiesa di Lamezia e del suo territorio.
Santi Pietro e Paolo, pregate per noi. Amen.