Carissimi fratelli e sorelle,
la festa della Madonna della Quercia ci ha ancora radunati qui attorno all’altare del Signore.
Quando siamo entrati in questo Santuario, abbiamo sperimentato una specie di accoglienza e di fiducia. Ed è proprio della Casa di Maria, far sentire a casa i figli.
Maria ci guarda in modo tale che ognuno di noi si senta accolto nel suo grembo. Siamo venuti da ogni dove per incontrare questa Madre e anche se per un giorno, abbiamo fatto esperienza che la nostra vita è una vita fatta in cammino.
Sant’Agostino affermava che «la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio».
Che cosa vuol dire questo pellegrinaggio?
Il nostro essere pellegrini, viandanti, cioè viatores ci dice che la Chiesa ha una vita nel tempo e un’altra oltre il tempo nell’eternità, meta del nostro cammino. È di vitale importanza mantenere questa consapevolezza per vivere autenticamente la nostra vita cristiana.
Infatti «noi sappiamo che tutto è labile, che tutto passa e che noi stessi siamo effimeri e mortali, ma in pratica pensiamo e viviamo come se invece le cose e la vita fossero stabili e dovessero sempre rimanere» (Paolo VI).
Ma, la Chiesa nel suo pellegrinaggio ha due direzioni che non si escludono.
Essa conosce un pellegrinaggio verso l’alto, verso il suo Signore per il compimento ultimo.
Noi infatti non dobbiamo dimenticare che attendiamo la Gerusalemme celeste, che scende dal cielo, come anche cieli nuovi e terre nuove, cioè attendiamo che si realizzi una dimensione di comunione con l’intera creazione e con la storia (la Gerusalemme celeste e quella terrestre) di cui la Chiesa è segno.
Ma la Chiesa contemporaneamente deve fare un altro pellegrinaggio su questa terra, quello verso i lontani, le periferie esistenziali e i deserti spirituali.
«La Chiesa, come Cristo deve mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza».
Icona della Chiesa pellegrina è Maria nella sua visita ad Elisabetta.
Maria, in obbedienza alle parole dell’angelo e dopo aver ricevuto l’annuncio, parte da Nazareth per recarsi in Giudea dall’anziana cugina.
La vergine Maria è già la Madre di Dio, come la chiamerà Elisabetta: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?». Elisabetta intuisce, senza preavviso e quindi per puro dono dello Spirito, che Maria è partecipe di un dono grande: portare e donare il Figlio di Dio al mondo.
D’altra parte la Madre di Dio si muove subito, senza indugi, a visitare la cugina, con quella fretta dello Spirito che non concepisce rimandi. Maria in questo viaggio diviene a pieno titolo l’Arca della Nuova Alleanza, perché custodisce e porta con sé la il Salvatore del mondo.
In Lei si compie la comunione tra Dio e gli uomini!
Ecco dunque il compito della Chiesa: portare e donare Gesù a tutti, specie ai lontani!
È la strada, la via, il luogo privilegiato della Chiesa. Negli Atti degli Apostoli i cristiani erano definiti, «quelli appartenenti alla Via» (cfr At 9,2). La Chiesa si presenta come “via” per gli uomini all’incontro con il Signore.
Se la Chiesa non fosse lungo le strade degli uomini perderebbe il suo significato e la sua missione.
Chi sono gli uomini per via? Quelli che camminano alla ricerca della Verità, alla ricerca di Dio.
Capita spesso che molti di questi uomini prendano, spesso inconsapevolmente, strade sbagliate. Verità sbagliate.
Come potrebbe la Chiesa cercare chi è perduto senza incamminarsi lungo le strade degli uomini?
Come può servire l’umanità, una Chiesa ferma, seduta, paga soltanto delle sue conquiste?
Non ha remore il Santo Padre nel dirci che:
«La malattia tipica della Chiesa ripiegata su se stessa è l'autoreferenzialità: guardarsi allo specchio, incurvarsi su se stessa. È una specie di narcisismo, che ci conduce alla mondanità spirituale».
6 In Maria, la Chiesa trova il modello perfetto della sua missione. Come Maria, la Chiesa offre un grembo e da Maria la Chiesa impara come stare al mondo.
Maria che canta la misericordia del Signore per generazioni e generazioni, ci insegna che «l’unica forza capace di conquistare il cuore degli uomini è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta e attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie dalle catene non è la forza degli strumenti o la durezza della legge, bensì la debolezza onnipotente dell’amore divino, è la forza irresistibile della sua dolcezza e la promessa irreversibile della sua misericordia» (Discorso ai Vescovi del Messico, 13 febbraio 2016).
Carissimi fratelli e sorelle, la vita ci ha ferito e i nostri occhi non poche lacrime hanno versato, abbiamo bisogno di ristoro dopo il caldo della fatica e la stanchezza del viaggio. L’ombra della Quercia, è per noi un rifugio. Lo sguardo della Madre è fonte di luce. Il grembo della Madre è sorgente di forza.
Siamo venuti in pellegrinaggio, da questo cammino e da questo incontro con Maria e suo Figlio, riceviamo questo: ristoro, luce e forza per ripartire nella vita di ogni giorno.
Siamo accompagnati dalla tenerezza di Maria, dalla sua protezione. Siamo portati in braccio dal suo amore.
Maria, Madonna della Quercia di Visora, resta sempre con noi!
La parola del Vescovo
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