A braccio: così le parole di Giovanni Paolo II contro i mafiosi, espressione della “cultura della morte”, vennero spontanee dal cuore. Nella Valle dei Templi, il 9 maggio 1993, il Papa santo si lasciò ispirare da quella folla che in Lui vedeva speranza perché riflesso della luce di Dio. Aggrappato al Crocifisso, unico balsamo per sanare le ferite di vite spezzate dalla mafia, Wojtyla tuonò contro i trafficanti di morte.
Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio! Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!
Ascolta il monito di Giovanni Paolo II contro la mafia, 9 maggio 1993
Il ricordo dell’allora vescovo di Agrigento mons. Ferraro
“Giovanni Paolo II arrivò in un Agrigento sconvolta dalla guerra di mafia – racconta mons. Carmelo Ferraro, arcivescovo emerito della città – agli inizi degli anni ’90 si contano oltre 150 morti, in un paese almeno 40 vittime per mano della criminalità”. “L’incontro con il Papa fu stupendo e quel grido alla conversione dei mafiosi arrivò come un fulmine in tutto il mondo”.
Il grido di un pastore e di un profeta
“Fu un grido – prosegue il presule – venuto dal cuore che ebbe subito una vasta eco, ce ne accorgemmo all’eliporto quando tutti ne parlavano”. Prologo di quelle parole fu la commozione di Giovanni Paolo II negli incontri con i famigliari del giudice Antonino Saetta, ucciso con il figlio Stefano nel 1988, e con il papà e la mamma del giudice Rosario Livatino. “La mafia travisò le parole di Wojtyla e si vendicò con gli attentati alla Chiesa di San Giorgio al Velabro e presso la Basilica di San Giovanni in Laterano ma anche – conclude mons. Ferraro – con l’assassinio di don Pino Puglisi”.
A 25 anni da quel grido, iniziano oggi ad Agrigento le celebrazioni per ricordare la visita di Giovanni Paolo II. Nella Chiesa di San Pietro, un approfondimento dal titolo: “Dal grido nella valle al pianto sul mare” nel quale si ricorderanno anche i viaggi apostolici di San Giovanni Paolo II e Papa Francesco alla Chiesa di Agrigento. Il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento:
Abbiamo pensato di mettere insieme queste due realtà: il 25.mo di Giovanni Paolo II e anche il problema di Lampedusa, perché due Papi sono venuti ad Agrigento; hanno parlato quasi come se Agrigento fosse un balcone da cui parlare al mondo. San Giovanni Paolo II ha parlato e ha gridato contro la mafia e contro la violenza; Papa Francesco più volte ha parlato anche su questo problema. Papa Francesco è venuto, poi, a Lampedusa e anche lui ha gridato – a voce più bassa – contro la civiltà dell’indifferenza, richiamando tutti all’attenzione all’uomo. E credo che sia l’un Papa che l’altro non stiano facendo altro che dire che l’uomo, soprattutto se più debole, dev’essere messo al centro dell’attenzione e del cuore dei cristiani.
D. – Giovanni Paolo II ha veramente segnato anche la storia del pronunciamento della Chiesa contro la mafia con quel grido: “Convertitevi!”. Da allora, che cosa è stato seminato e che cosa è stato raccolto?
E’chiaro che il grido di Giovanni Paolo II ha raccolto tutti i piccoli gridi, li ha fatto diventare un grande grido e l’attenzione al problema della mafia è diventata ancora più alta da parte di tanti. Il problema non è come si lotta contro la mafia; il problema è come vivere il Vangelo, perché noi non dobbiamo lottare contro nessuno ma dobbiamo vivere con la Parola di Dio che è luce. L’esempio che porto sempre è che la mattina le stanze sono al buio, e il buio non se ne va, a meno che io non apra le imposte: entra la luce e sarà la luce a cacciare il buio. Quindi, c’è una Chiesa che sta aprendo le imposte, dove la sensibilità al problema della mafia va aumentando, e noi vescovi, il 9 maggio, celebrando là dove ha celebrato il Papa – noi celebreremo proprio vicino al tempio – rilanceremo quel grido e presenteremo un documento sulla mafia.
D. – Che tipo di documento è? Ce lo può illustrare?
Un documento che i vescovi stanno preparando perché ci sia una riflessione su questo problema. E’un problema che, come il tarlo, rode, mangia e indebolisce il tutto; e allora, dobbiamo essere attenti perché questo non avvenga.
D. – Giovanni Paolo II per lei, che cosa ha rappresentato? E soprattutto, quel grido di 25 anni fa, come risuonò anche nella sua storia personale?
R. – Io credo che il Vangelo dia coraggio e richieda coraggio, e il Papa mi si dice che quella mattina abbia incontrato anche i genitori di Livatino, e questo lo scosse tanto; tanto che poi si arrivò al grido del pomeriggio. Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di dire ad alta voce come non ci si può curvare davanti all’uomo potente e mafioso, perché tante volte chi mostra i muscoli nasconde la viltà che ha nel cuore, preferisce non farsi vedere. E lui, con quel dito puntato, ha guardato nel cuore e nei volti di quella gente, tant’è vero che poi hanno anche reagito, alla loro maniera, con le bombe e altro. E questo è proprio dell’uomo vile, dovere agire di nascosto, al buio, quando il Vangelo ci dice che dobbiamo gridare dai tetti. E Giovanni Paolo II ha gridato dal tetto quello che aveva nel cuore.
(Fonte news.va)
Società
"Convertitevi" 25 anni fa San Giovanni Paolo II alla mafia nella spianata dei templi ad Agrigento
don Roberto Tomaino · 7 anni fa