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La parola del Vescovo

La Pasqua proietti Lamezia verso la costruzione del bene comune

Redazione · 7 anni fa

Auguri di una Santa Pasqua. E per rendere più chiaro e luminoso questo augurio, faccio mie le parole di Sant’Agostino: “La Resurrezione del Signore è la nostra speranza”.

Dall’alba di Pasqua è veramente sorta una nuova primavera di speranza. Con Cristo Risorto è iniziata la nostra Resurrezione.

Gesù è risorto non perché resti viva nei secoli la sua memoria passata, ma la sua presenza incessantemente vivificante. Gesù è risorto perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna.

Per questo motivo San Paolo con coraggio e vigore dice:

“Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”. E aggiunge: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Cor 15, 14.19).

Sì, il Signore con la sua Pasqua non permette che stia a mani vuote la nostra fede. Non lascia che sia imbalsamata la nostra speranza. Impedisce ogni rassegnazione e apre un cammino di luce che ferisce la nuda pietra del sepolcro. Pasqua ci trasforma facendoci rinascere e ripartire. A restare vuote non sono più le nostra vite, ma le tombe.

Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è spazio per la speranza.

“Morte e vita si sono affrontate / in un prodigioso duello: / il Signore della vita era morto; / ma ora, vivo, trionfa.” Questa è la vera, unica e grande Buona Notizia! L’unica buona notizia che cambia l’esistenza di chi l’accoglie.

Se mediante la sua Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo collaborino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse “armi”: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell'amore. (cfr. Benedetto XVI, Omelia Giorno di Pasqua, 2010)

Abbiamo appena ascoltato il Vangelo di Pasqua: Maria di Magdala si reca al sepolcro di prima mattina, vede la pietra che era stata tolta e corre dagli apostoli. Pietro e Giovanni - il più anziano e il più giovane - vanno al sepolcro, vedono il lenzuolo piegato da una parte e quella parte di lino che di solito si metteva sulla faccia dei morti, ripiegato accanto. Entrano dentro il sepolcro, lo trovano vuoto.

Pietro e anche l’altro discepolo, Giovanni, “videro e credettero”.

Come Pietro e Giovanni, anche noi siamo testimoni della resurrezione di Gesù. Siamo testimoni non di un avvenimento antico ma degli effetti storici e spirituali di quel fatto prodigioso che perdurano ancora oggi.

Per vivere la Pasqua di Cristo occorre essere uomini e donne pasquali e portare il nostro contributo di cristiani alla gente del nostro tempo, impegnandoci per il bene comune. Dobbiamo perciò agire sia come singoli sia come comunità per corrispondere alla chiamata della potenza della sua Risurrezione. Essa sola può cambiare radicalmente in meglio le nostre comunità, perché non siano ripiegate su se stesse. Autoreferenziali, ma aperte al territorio e al mondo intero. La Pasqua metta nel cuore di tutti un desiderio di una forte unità. Questo evento pasquale, in questo 50° anniversario di Lamezia ci spinga tutti a superare steccati e campanilismi e ci proietti verso la costruzione del bene comune. Solo così questa nostra comunità lametina può avere un peso e attenzione in chi si spende per il bene comune.

La Bibbia, con un’immagine a un tempo plastica e poetica, ci insegna a far tesoro di quella colomba del Libro della Genesi, che con un ramoscello di ulivo, dopo il diluvio, annunzia che è tempo di ricostruire.

Leggere i segni del tempo che viviamo non è facile, ed essere testimoni del Risorto è impresa ancor più ardua. Ma, noi cristiani sappiamo di poter assicurare il mondo che con Cristo Risorto è possibile ricostruire! è tempo di uscire! è tempo di rinascere!

Fare Pasqua oggi, per noi cristiani, significa “abitare la comunità” oltre certi luoghi per noi sicuri ma inutili al mondo, alle pecore perdute e all’umanità ferita. Fare Pasqua oggi, significa non stare alla finestra a guardare un mondo che rischia violenze e impoverimenti. Fare Pasqua significa lasciarci coinvolgere nella vita degli altri per risorgere insieme, passo dopo passo.

“Essere gente di Pasqua” vuol dire saper volare alto, fedeli agli ideali della dottrina sociale della Chiesa, alla convivenza pacifica in una società rispettosa di tutti, e a quanti vogliono fare la loro parte nel mondo attraverso il loro lavoro.

Tocca a noi cristiani impastare il coraggio con quello di tutti, specialmente rischiando insieme agli “sfiduciati di cuore” che hanno bisogno di fraternità e di opportunità concrete.

Noi cristiani sappiamo a priori che è possibile, perché Cristo nostra speranza è Risorto. Egli non muore più. Cristo Risorto è la nostra speranza!