«Gina!... Gina!». Sempre più spesso, con l’aggravarsi delle sue condizioni, il compagno di stanza di Bernardo ripeteva questo nome. Non portava la fede nuziale. Chi poteva essere dunque quella donna? Una sorella o un’altra parente, una cara amica?...Angela se lo chiedeva, guardando quell’uomo ancora giovane dal viso affilato, i lineamenti alterati dalla sofferenza. Chiamava, ma nessuno veniva a trovarlo. Solo di rado si faceva viva una donna di mezza età: gli lasciava della biancheria pulita, pochi minuti e via. Doveva però essere un’estranea, certo non quella Gina con la quale l’ammalato sembrava avere un rapporto affettivo speciale. Anche Bernardo soffriva molto, ma almeno aveva una presenza costante e premurosa anche di notte in sua moglie Angela. E poi c’erano le visite quasi quotidiane di altri parenti. Neppure lui sapeva molto di più di quella persona con cui divideva quella stanzetta d’ospedale. Soltanto in seguito, da un’infermiera, Angela venne a sapere che quel paziente aveva un cospicuo conto in banca e che i parenti aspettavano solo che morisse per impadronirsi di tutti i suoi averi: glielo aveva detto la stessa donna che veniva a trovarlo, in realtà la portinaia, da loro incaricata di venire ogni tanto a tastare la situazione. La morte… Sistematicamente Angela aveva bandito dalla sua esistenza tutto quanto poteva ricordargliela. E non perché amasse le frivolezze o rifuggisse dall’affrontare il duro e a volte anche penoso quotidiano. Era un timore oscuro, il suo, un timoreche risaliva forse a quando, bambina, era stata costretta troppe volte ad accompagnare una sua vecchia zia nelle visite al cimitero, fra quei loculi dai quali lei, nella sua immaginazione, vedeva tendersi mani scheletriche per afferrarla!...Memore di queste sue paure infantili, Angela aveva cercato di tenere lontano le due figlie dal solo pensiero della morte e del dolore, evitando di portarle con sé anche quando faceva visita al loro papà. Una illusione! Prima o poi, tutti si sperimenta che la vita su questa terra non è fatta solo di cose belle e gioiose. La stessa tv, mentre diffonde immagini di vita, benessere e felicità artificiali, non può evitare di dar notizia – e in dosi massicce- dei drammi in cui è immersa l’umanità del nostro tempo. Il primo sconvolgente impatto di Angela con la morte, non più come eventualità remota ma ormai prossima e reale, fu quando a Bernardo fu scoperto un male incurabile. Nei cinquanta giorni in cuilo assistette in ospedale, lei si trovò immersa nel patire suo e degli altri ricoverati in quel reparto, a contatto continuo con quel dolore che aveva cercato invano di esorcizzare. La colpì in particolare il compagno di stanza del marito. Aveva sempre davanti la sua figura devastata dalla cirrosi ormai all’ultimo stadio. Ora poi aveva quasi perso conoscenza. Solo, a intervalli, mormorava quel nome: Gina. E mentre anche il suo Bernardo sembrava non reagire più alla malattia, lei si sentiva sempre più oppressa dalla pena per quelle vite che si stavano lentamente spegnendo. Che ne sarebbe stato di lei e delle figlie ancora troppo piccole per fare a meno del loro papà? Sempre più frequenti, ora, erano le sue visite nella cappella dell’ospedale, perchiedere forza e… sì, un miracolo. Ormai Angela si divideva ugualmente tra idue ammalati, accudendoli giorno e notte, e nel contempo faceva di tutto perché suo marito non si accorgesse che nella stessa stanza c’era un moribondo. Una notte però si rese conto che quel poveretto era prossimo ormai alla fine. E nessuno della sua famiglia accanto a lui, nemmeno la portinaia. «Gina!... Gina!...» era l’invocazione sempre più affannosa che gli usciva dalle labbra livide. Gli occhi serrati, immoto, ripeteva quel nome in tutti i toni della disperazione, mentre leisi torceva le mani sperando che Bernardo non si risvegliasse dal suo torpore. Avrebbe voluto turarsi le orecchie per non sentire quelle invocazioni strazianti che anticipavano forse solo di poco l’agonia di suo marito… D’un tratto in quel grido di aiuto, in quell’angoscia di morire abbandonato da tutti, le parve di riconoscere sé stessa con tutte le sue paure. E inaspettatamente trovò in sé il coraggio. Staccatasi da letto del marito, corse al capezzale di quell’uomo e gli prese le mani senza calore fra le sue: «Eccomi – esclamò chinandosi verso di lui –, sono Gina! Sono venuta finalmente!». La reazione del moribondo fu istantanea. Quel viso contratto si distese in una espressione serena, mentre entrambe le mani serravano con forza quelle di Angela. Poi la donna le sentì allentarsi e divenire fredde, ma non le sciolse subito dalle sue. Era spirato. In pace, quella pace cheforse non aveva potuto godere in vita, stretto nel cerchio gelido del disamore e delle beghe interessate dei suoi parenti. Ad Angela lasciò un dono: una forza nuova con la quale affrontare, di lì a qualche giorno, la tremenda prova della perdita di Bernardo. (da Città Nuova)
Testimonianza
"Eccomi, sono Gina"
Gigliotti Saveria Maria · 7 anni fa