“La proposta, quando sarà approvata anche alla Camera, trasformerà tre centri urbani in un unico centro in piena sistemabilità urbanistica, alla confluenza di rilevanti vie di comunicazione in atto o di prossima realizzazione, beneficiario di condizioni agricole e commerciali, industriali, turistiche di sicuro e rapido sviluppo”: firmato Arturo Perugini. Il 6 aprile ricorrono i 30 anni dalla morte di uno dei più grandi statisti che Lamezia Terme ricordi, anzi, dell’uomo politico a cui si deve l’esistenza stessa della nostra città.
Eletto senatore nel 1963, Arturo Perugini si prodigò infatti sin da subito a presentare una proposta di legge che prevedesse la fusione tra i tre comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia per la formazione di un unico grande centro urbano, che prese poi il nome di Lamezia Terme. Un progetto ambizioso, avanguardistico per certi versi, che non celava anche un velo di matrice utopistica nel prevedere la nascita di un unico grande agglomerato urbano capace di utilizzare in maniera sinergica tutte quelle risorse eterogenee che i tre territori offrivano separatamente (commercio, agricoltura, comunicazione ferroviaria etc.). Un discorso di affiliazione che poi, sempre secondo Perugini, ben si prestava anche dal punto di vista sociale e culturale, visto i contesti diversi ma non incompatibili tra di loro. Alla fine quel disegno di legge, che non ha incontrato pochi ostacoli nel corso degli anni, ha trovato attuazione nel 1968, quando divenne ufficialmente legge (Legge 4 gennaio 1968 n.6) e che al primo articolo recita: I comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia Lamezia in provincia di Catanzaro sono riuniti in un unico Comune con la denominazione di Lamezia Terme. Da quel momento in poi la nostra città è stata pensata e immaginata come Perugini l’aveva invece sognata, vale e dire una grande città, che in futuro si sarebbe sottolineata come un centro nevralgico imprescindibile per tutta la Calabria, un contesto ricco e suggestivo che garantisse molteplici servizi e un patrimonio culturale non indifferente.
Ecco, appunto, un sogno. Perché nessuno avrebbe mai potuto immaginare che con la morte prematura di Perugini se ne andasse non soltanto il fautore principale di un progetto ambizioso, ma anche il progetto stesso. Il suo è stato un sogno interrotto, un programma lasciato a metà dalla malattia ma soprattutto da un periodo, quello successivo, altrettanto “malato” in cui tutti i governi che si sono succeduti non sono riusciti minimamente a riprendere un percorso già tracciato e che quindi non avrebbe neanche comportato grandi sforzi intellettuali. Negli ultimi giorni molti esponenti del mondo politico stanno ricordando, giustamente, che il 6 aprile 2013 ricorre la morte di Perugini, una data che non si può e non si deve dimenticare e che va celebrata per rendere merito a chi ha fatto nascere questa città. Tutto giusto, se non fosse che nel celebrare un grande uomo che ha iniziato un cammino verso il progresso, senza rendercene conto e in maniera sibillina, staremo inconsciamente a celebrare anche i 30 anni di regresso che hanno vanificato, parzialmente, tutto quello che l’uomo che commemoriamo aveva sognato per Lamezia Terme. Allora sarebbe il caso, per evitare che quella del 6 aprile si limiti ad essere una celebrazione fine a se stessa ed intrisa di retorica e demagogia, che ci si avvicini a questa data con uno spirito di riflessione e autocritica, magari cercando di capire quali sono i fattori regressivi e iniziare una bella opera di bonifica. Perché, se al momento Lamezia sembra unita sulla carta ma divisa effettivamente nella sostanza, è altrettanto vero che se la città decide di riprendersi in mano il proprio destino e dare una sterzata netta, alla fine i lametini quando vedono bene un obiettivo lo fanno diventare comune, senza campanilismi di poco conto. Serve l’obiettivo però, la luce in fondo al tunnel, se manca quello si vaga nel buio della rassegnazione.