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Vita diocesana

Il Papa un anno fa. I lametini hanno saputo raccogliere i frutti della visita?

Armido Cario · 12 anni fa

La settimana scorsa, il 9 ottobre per la precisione, ricorreva il primo anniversario della visita pastorale di Benedetto XVI a Lamezia Terme e a Serra San Bruno. Un evento storico, che è rimasto e rimarrà per sempre indelebile nella mente dei lametini, testimoni oculari non soltanto di una giornata indimenticabile, ma anche di tutto un periodo, quello antecedente alla venuta del Pontefice e durato un anno intero, in cui fervevano i preparativi per accogliere quella che sarebbe stata la prima visita del Papa in Calabria. "C’è bisogno di una nuova generazione di uomini e donne capaci di promuovere non tanto interessi di parte, ma il bene comune. So che anche a Lamezia Terme, come in tutta la Calabria, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni.

Se osserviamo questa bella regione, riconosciamo in essa una terra sismica, non solo dal punto di vista geologico, ma anche da un punto di vista strutturale, comportamentale e sociale; una terra, cioè, dove i problemi si presentano in forme acute e destabilizzanti; una terra dove la disoccupazione è preoccupante, dove una criminalità spesso efferata ferisce il tessuto sociale, una terra in cui si ha la continua sensazione di essere in emergenza. All’emergenza, però, voi calabresi avete saputo rispondere con una prontezza e una disponibilità sorprendenti, con una straordinaria capacità di adattamento al disagio. Sono certo che saprete superare le difficoltà di oggi per preparare un futuro migliore. Non cedete mai alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su voi stessi”: questo è il cuore dell’omelia di Benedetto XVI, parole pronunciate di fronte a 40 mila fedeli, che da un lato hanno rappresentato un’analisi lucida e razionale della situazione della nostra regione, piegata dalla criminalità, ma dall’altro anche un messaggio di speranza e di appello all’orgoglio e alla fede dei calabresi, affinché non si lascino mai travolgere dal pessimismo e trovino in loro stessi le risorse per risalire la china.

E’passato un anno ormai da quel giorno, 365 giorni in cui si sarebbe dovuto riflettere su quelle parole e magari, se possibile, dare un seguito anche con i fatti a quel discorso. Ma la sensazione, abbastanza tangibile, è che di quel giorno ci si ricordi più della cornice che del quadro. Se si prova a chiedere ai lametini quale sia il ricordo più vivido di quella giornata, molti risponderanno rammentando la grande mobilitazione di massa per assistere all’evento, l’immenso dispiegamento di forze dell’ordine a protezione del Pontefice, la grande organizzazione e via discorrendo, ma in pochi ricordano, o meglio in pochi hanno assimilato, assorbito il vero contenuto di quella giornata. Perché, a ben vedere, le cose in un anno non sono cambiate poi molto. Tutti i problemi citati da Benedetto XVI come cause determinanti della condizione attuale della Calabria persistono tutt'oggi e, senza raccontarsi le favole che certe cose si possano risolvere in un solo anno, è altrettanto vero che non è in essere nessuna iniziativa che almeno inizi un percorso di risanamento culturale, economico e, soprattutto, sociale. E allora non si può non considerare la visita del Papa come una grande opportunità, forse irripetibile, per il momento sprecata e banalizzata nella sfarzosità di un evento che, non c’è dubbio, lo stesso Benedetto XVI avrebbe voluto magari meno altisonante, ma sicuramente più pregnante nel cuore e nelle menti dei lametini. Quello in cui bisogna sperare è che qualcosa di quell'omelia ai fedeli, anche a livello latente o inconscio, rimanga comunque vivo e aleggi in qualche modo sopra la nostra città. E forse è davvero così: se si pensa con quale passione e rabbia, intesa positivamente, i lametini hanno difeso solo pochi mesi fa il Tribunale dalla chiusura, dicendo così “no” alla criminalità, si può in qualche modo rivedere in quella volontà di riscatto collettiva quel famoso “orgoglio” di cui parlava Benedetto XVI quando descriveva la storia della nostra terra e dei cittadini che la abitano. Chissà che non sia questo un primo, significativo, segnale di risveglio.