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Vita diocesana

"Le risorse umane sono poche e le sfide da affrontare sono tante"

Salvatore D'Elia · 8 anni fa

“I frati del popolo”. Una definizione semplice, che sintetizza il carisma e lo stile con cui i Padri Cappuccini svolgono la loro missione nella Chiesa Universale da quasi cinque secoli. Un’espressione che lega il passato, il presente e il futuro dei “frati con la barba”: erano “frati del popolo” nelle campagne di un tempo segnate dalla miseria; erano frati del popolo che si schieravano accanto ai più deboli come raccontato nelle celebri pagine di Manzoni; sono frati della gente oggi, in una società “dove è forte il bisogno di Dio, di spiritualità. Anche se a volte sembra che questo bisogno sia scomparso. C’è tanta gente che bussa alle nostre porte non solo per esporre dei bisogni materiali, ma soprattutto per parlare di Dio, per interrogarsi sul senso della vita”. Così dice Padre Giovambattista Urso, per nove anni Ministro provinciale dei Cappuccini della Calabria, a pochi giorni dalla conclusione del suo servizio e dal capitolo elettivo dei Cappuccini calabresi che nei primi giorni della prossima settimana indicherà il nuovo Ministro provinciale e i nuovi membri del definitorio provinciale dell’Ordine in Calabria.

Nella nostra regione oggi ci sono 12 conventi cappuccini e 60 frati, di cui due in missione in Africa. I frati svolgono servizio di assistenza spirituale in diversi ospedali e case di cure e a Cosenza hanno dato vita a una grande struttura chiamata “Casa San Francesco” per l’accoglienza delle persone povere, dove ogni giorno oltre un centinaio di persone trovano un pasto caldo e un letto per dormire la notte. A padre Giovambattista Urso da San Giovanni in Fiore, nominato dalla Curia Generale nel 2008 e poi eletto Provinciale nel 2011 e nel 2014 dai Cappuccini calabresi, è toccato il compito gravoso di guidare i primi anni da quando le due Province prima esistenti, la Provincia di Cosenza e la Provincia di Catanzaro - Reggio Calabria, sono state unificate in un’unica Provincia di Calabria.

Realismo e fiducia nelle parole di Padre Giovambattista, che parla “di un cammino di nove anni che certamente ha incontrato la fatica di mettere insieme due Province, quindi due realtà e due stili diversi. Abbiamo cercato di camminare e di stare insieme. In nove anni tante cose sono cambiate nella realtà dei Cappuccini in Calabria. Siamo sempre più pochi e sempre più anziani. Basti pensare che in nove anni abbiamo avuto solo dieci professioni perpetue di cui solo otto sacerdoti. Non si può negare la realtà: le risorse umane sono poche e le sfide da affrontare tante. Penso in primo luogo alle tante persone che hanno bisogno di Dio, che vorrebbero avviare dei dialoghi spirituali, parlare di Dio: facciamo il massimo, ma siamo pochi. Inoltre in questi anni sono cambiate e aumentate le richieste a noi frati da parte dei Vescovi e delle Diocesi. In tutto questo ci sostiene sempre la fiducia in Dio e un fatto che tocchiamo con mano: grazie al Signore nelle comunità dove siamo presenti, nelle parrocchie, la gente viene, ci considera persone di famiglia, stabilisce con noi rapporti “familiari”. E’un grande dono ed è il tratto distintivo del nostro carisma. Ecco perché, nonostante la secolarizzazione e il calo del numero di persone che frequentano la Chiesa, le comunità cappuccine resistono. Siamo ben accolti dalla gente. Basti pensare che ogniqualvolta siamo costretti a chiudere dei conventi, ci sono mobilitazioni popolari da parte dei cittadini di quelle realtà che avvertono il bisogno della nostra presenza”.

Per padre Giovambattista, che pure non manca di “creatività pastorale” e di spirito innovativo, il “segreto” cappuccino è semplice per parlare agli uomini e alle donne di oggi di Dio. E cita san Francesco D’Assisi: “predicare il Vangelo con semplicità, con virtù e vizi, essere pellegrini e forestieri nel nostro tempo”. Così come ci tiene a ribadire che la priorità di un frate “è il suo essere consacrato al Signore, non a delle persone, non a delle comunità. Il nostro primo riferimento è a Gesù, la nostra consacrazione è stare con lui, anche quando la Chiesa ci chiama a servire in particolari realtà e contesti. Per questo è utile quella mobilità prevista dalle nostre regole che vede noi frati spostarci da un convento all’altro ogni sei anni: ricorda a noi che siamo consacrati al Signore e non a delle persone e ai fedeli che sono chiamati a seguire Gesù, non il parroco o il superiore di turno. Fa bene a noi e a loro. Poi è normale che si creino legami di affetto e di amicizia. Ma sia i frati sia i fedeli sanno che siamo chiamati a servire la Chiesa universale”.

Di fronte a un calo delle vocazioni di proporzioni drastiche, padre Giovambattista ha provato a smuovere qualcosa in questi anni. E’stato creato un Centro di accoglienza a Chiaravalle, per dare la possibilità ai giovani di vivere per qualche mese l’esperienza della vita fraterna, e la pastorale vocazione francescana itinerante, per aiutare i giovani a capire la propria vocazione nella vita, quale essa sia “I giovani – dice – si allontanano dalla Chiesa perché tante volte anche noi come Chiesa non siamo capaci di dare testimonianze forti e valide. Manca poi il ruolo decisivo della famiglia nell’educare i ragazzi alla fede. E una società secolarizzata, dove si è abbassato drammaticamente il livello di cultura cristiana. E’evidente che far re-innamorare i giovani a Dio è un sfida fondamentale per noi frati e per tutta la Chiesa”.

Ritornare a Dio per padre Giovambattista passa attraverso la spiritualità di Francesco d’Assisi “una spiritualità di cui la società di oggi ha bisogno per ritornare all’origine, al Vangelo. In questo senso, Papa Francesco con la sua schiettezza e i suoi metodi, non sempre capiti e condivisi da tutti anche nella Chiesa, ci riporta al cuore del Vangelo: fare come ha fatto Gesù, stare con i poveri come faceva Gesù, amare come ama Gesù. Questa è stata la vita di Francesco d’Assisi, di cui Bergoglio ha voluto riprendere anche il nome: seguire il Vangelo sine glossa, senza compromessi e accomodamenti”.

In vista del Capitolo che nei primi giorni della prossima settimana porterà all’elezione del nuovo Provinciale dei Cappuccini della Calabria, padre Giovambattista lascia con un augurio e una sfida per i Cappuccini calabresi: “essere sempre più “frati” nella consacrazione al Signore: è questa la priorità. Consacrati al Signore e non ad altro. E poi la sfida della spiritualità, della preghiera: più viviamo di spiritualità, più proponiamo la spiritualità, più siamo aderenti al nostro carisma e diamo una testimonianza di fede credibile e coerente per avvicinare le donne e gli uomini di oggi a Gesù”.