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Vita diocesana

Può un luogo di culto contribuire alla formazione della “identità lametina” e ad unificare un territorio?

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

Può un luogo di culto contribuire all’unificazione di un territorio? Starebbe proprio in questo interrogativo il senso della costruzione della concattedrale San Benedetto che sarà edificata nell’aria a ridosso di Palazzo Maddamme a Lamezia. è proprio in questo dubbio che starebbe tutta l’essenza dell’imponente costruzione che sorgerà nel cuore della città in un territorio che, in un certo senso, rappresenta il crocevia dei tre ex comuni che hanno dato vita a Lamezia Terme: Sambiase, Nicastro e Sant’Eufemia. Lamezia, nonostante sia già abbondantemente negli “anta” non è riuscita a raggiungere quella unità, non solo territoriale, ma anche e soprattutto di appartenenza, che era nell’idea di Arturo Perugini, il senatore della repubblica che presentò la proposta di legge di unificazione, e dell’allora vescovo della curia di Nicastro, Renato Luisi, che, in un certo senso, ne fu l’ispiratore. In quel percorso che tenne conto solo dell’iter legislativo, però, mancò un elemento fondamentale: il senso di appartenenza a quella che, poi, negli anni è diventata la terza città della Calabria. Un senso di appartenenza che, a dire il vero, si denota solo nelle nuove generazioni che, spesso, non mancano di redarguire i propri genitori su quella che è stata sempre la distinzione, non solo fisica, ma soprattutto culturale, dei tre centri facendo notare che “siamo lametini”. Ed in questo senso la Chiesa con la scelta di costruire la concattedrale, la cui prima pietra è stata benedetta da papa Ratzinger in occasione della sua visita pastorale il nove ottobre 2011, tenta di contribuire alla formazione di questa “identità lametina” che, specie tra le “vecchie” generazioni, tarda ancora ad attecchire. La Chiesa, quindi, tenta di portare a compimento un’impresa in cui la politica ha fallito: dare a Lamezia Terme una unità. Sì, perché, di fatto, poi, la città sebbene sia cresciuta (a dire il vero in maniera disordinata) ed abbia cercato di dare un’unità fisica al suo territorio, ad oggi non riesce ad avere una sua identità piena. Lamezia non riesce ancora a sentirsi un tutt’uno, non riesce a dare una continuità (anche culturale) al suo territorio. Sono troppi, in questo senso, i retaggi che ciascuno si porta dentro. Sono tante le differenze, anche nel modo di concepire i rapporti interpersonali, che ancora rimangono specialmente a chi gli “anta” li ha raggiunti e superati. D’altro canto, se da un lato è motivo di “orgoglio” per coloro i quali sono nati prima del 1969 avere sulla carta d’identità marcata la sua origine (nato/a a Sambiase, Nicastro, Sant’Eufemia) evidenziando quel rapporto con le proprie radici alle quali nessuno deve rinunciare, dall’altro nei più ciò viene letto come una forma di distinzione dal resto. Nulla di male se anche su facebook nascono gruppi che, in un certo senso, “rivendicano” l’orgoglio delle origini (ci sono cittadine nel centro Italia – leggi Umbria, Toscana e via dicendo – dove i quartieri si contendono i trofei delle contrade) ma diventa deleterio per la crescita della città se ciò viene tramutato in un motivo di divisione, in un sentirsi altro dal resto della città. Ed in questo senso la politica, negli anni, non ha molto contribuito a far sì che tali distinzioni non venissero avvertire a volte come senso di superiorità di una parte della città rispetto al resto, a volte come senso di inferiorità dell’altra parte. Ora, la nascita di questa concattedrale e della piazza, il cui progetto è stato redatto da Paolo Portoghesi e donato dalla Diocesi al Comune, potrebbe dare anche un luogo, non solo di unità spirituale della Chiesa lametina, ma anche di unità politica e fisica della città andando incontro a quelle che sono le esigenze delle nuove generazioni che, nella stragrande maggioranza, si sentono lametine a tutti gli effetti. Ed è proprio in questa direzione che, forse, bisognerebbe, “leggere” questa nuova struttura che, non solo contribuirà a rendere più vivo il nucleo della città con tutto ciò che dal punto di vista dello sviluppo economico potrà conseguirne, ma aiuterà anche a far sì che, forse, finalmente, dopo generazioni “cenerentole”, possa nascere una “principessa” che abbia la capacità di guardare a testa alta il resto della Calabria (regione di cui tra l’altro Lamezia rappresenta il baricento naturale ad oggi non valorizzato), senza dover abbassare lo sguardo di fronte ad altre realtà cui la città della Piana non ha nulla da invidiare. Ed è stata proprio l’unità il fulcro su cui è ruotato il lavoro del gruppo di architetti che ha pensato questa nuova struttura sotto il coordinamento di Portoghesi che ne ha firmato il progetto e che evidenzia che, “in fondo Lamezia Terme è una città nata dalla congiunzione di diverse comunità. Ha raggiunto una unità amministrativa – dice Portoghesi - ma forse non ancora urbana ed architettonica ed era importante costruire un edificio che fosse come un richiamo all’esigenza dell’unità. Un edificio con uno spazio unico centraleda cui si diramano della braccia che si rivolgono ai fedeli con all’esterno una grande piazza con un grande rapporto con la casa comunale”. E quello del progetto della concattedrale, che si spera porti ad una Lamezia unita, è un “cammino che ha messo insieme molte forze perchè si realizzasse”, come sottolinea il vescovo Cantafora, secondo il quale “la concattedrale è il momento di coagulo della nostra città e gli architetti lo hanno percepito nel loro lavoro. In questa concattedrale il popolo di Lamezia può entrare tutto e diventa lo strumento perché questa unione possa avvenire”.