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Itinerari

Il gioiello del “sacro monte”

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

Con alle spalle lo Jonio blu turchese e il faro di Punta Stilo, l’amico Sandro ed io proseguiamo in auto verso l’interno, risalendo i colli che fiancheggiano il greto dello Stilaro biancheggiante sotto un sole quasi estivo. Man mano che i macchioni di elci e querce cedono ad una vegetazione arbustiva, il paesaggio si va facendo più scabro, più essenziale. è un’altra Calabria quella che si offre ai nostri occhi. Dove sono i fitti boschi che rivestono Pollino, Serre, Sila e Aspromonte? Probabilmente le deforestazioni iniziate fin dall’epoca classica hanno stravolto l’aspetto originario dei luoghi qui più che nel resto della regione.Senzatuttaviariuscire ad attenuare il loro fascino, anzi! In lontananza si profila la barriera formata dal Facciale e dal Consolino, rilievi sui settecento metri. Via via che ci avviciniamo, quest’ultimo si erge maestoso sulvallone scavato dalla fiumara; e aggrappato alle sue rocce tufacee, di cui ha lo stesso colore, ci viene incontroStilo, patria del frate filosofo Tommaso Campanella: la nostra meta di oggi. Stilo viene da Stilida, il villaggio costiero erede, nei tempi della decadenza, della greca Caulonia. Verso il VII-VIII secolo, per scampare alle incursioniarabe, anche i suoi abitantifurono costretti a spostarsi verso l’interno, trovando rifugio ai piedi del Consolino.Ad essi si aggiunsero in seguitomonaci ed eremiti greci profughi da Oriente e Sicilia, attirati dalla posizione inespugnabile e dagli anfratti naturali del territorio. In breve, dentro e fuori le mura della cittadella s’installarono monasteri basiliani, mentre laure eremitiche costellavano le pendici del monte e i dintorni.E come Rossano fu la rocca del monachesimo bizantino nella Calabria settentrionale, Stilo lo divenne per quella meridionale, avendo come “sacro monte” il Consolino. In prossimità borgo rupestre, su una cresta individuiamodalla caratteristica cupola a trullo, prima memoria bizantina,la chiesetta di San Nicola da Tolentino.E poi,nel digradare a valle del nucleo medievalee barocco, la chiesa di San Domenico, i due campanili di San Giovanni Theresti, monasteri e palazzi gentilizi simili a fortezze. In posizione dominante, proprio in cima al Consolino, i ruderi di un castello rievocano invece l’epocadella dominazione normanna, quando i nuovi signori dell’intera Calabria riuscirono nel 1071 ad aver ragione dei greci di Stilo dopo un assedio durato sei anni. Ma il suo gioiello bizantino, la famosa “Cattolica” (da Katholiké) eretta prima della conquista? Non ci riesce ancora di avvistarla. Deve essersi mimetizzata sul costone tappezzato dacupiboschi di cipressi e macchie di fichi d’india. La troveremo tra poco sopra l’abitato, quasi sospesa sul fianco della montagna,scrigno solitario di bellezzacol suo dono di silenzio e di pace:unaminuscola struttura cubica in mattoni rossi sormontata da cinque cupolette su tamburo. Oggi questo tempietto riscoperto nel 1911 dal grande archeologo trentino Paolo Orsi, che lo datò al X secolo e ne curò un primo restauro, è tutto per noi, tra i 25 mila che mediamente in un anno affluiscono qui per visitarlo. Intensamente suggestivo è lo spazio interno, illuminato da alcune monofore e bifore ediviso in nove quadrati da quattro antiche colonne, forse provenienti da Caulonia: due in marmo cipollino, una in lunense e una in granito. Nelle tre piccole absidi situate a levante riconosciamo il bema (la zona dell’altare centrale dove si svolgeva l’azione liturgica),a sinistra la protesis (con un altro piccolo altare), e a destra il diakonikon (il ripostiglio dell’occorrente per il culto). Absidi e pareti eranoun tempo decorate da affreschi: nel corso dei secoli se ne sonosovrapposti ben cinque strati. Spiccano sui brani superstitid’intonaco alcune figuredi varia epoca: santi come Basilio e un Giovanni Crisostomo, una Madonna in trono, un angelo annunciante, due immagini del Cristo benedicente…La scena più completa, quella della DormitioVirginis, risale al XIV o XV secolo. All’interno di questa che fu la prima cattedrale di Stilo non è difficile immaginare i monaci, gli eremiti e gli altri fedeli riunitiin preghiera. Il suo mistico raccoglimento si animava allora di canti liturgici tra nuvole d’incenso. Tuttora– c’informa il custode–pellegrini greci vengono a celebrarvi i loro riti in occasione di qualche ricorrenza particolare come la Pasqua ortodossa.Ma anche il seguace di Maometto vi è il benvenuto, a giudicare dalleiscrizioni in arabo, forse versetti del Corano, ancora leggibili sul fusto di una colonna. Più tardi, esplorando il centro storico, scopriamo un’altra testimonianza dell’Islam: i due delfini marmorei della fontana Gebbia, le cui code intrecciaterappresentano l’alleanza tra bizantini e arabi controOttone II re di Germania e la loro vittoriadel 15 luglio del 982 che mandò in fumo le miresu queste terre dell’imperatore sassone. Non manca una sosta presso il duomo dal bellissimo portale in stile romanico-gotico. Purtroppo questo edificio, che si dice costruito su un preesistente tempio paleocristiano e su una chiesetta bizantina, è chiuso da tempo per restauri. Aggirando il borgo, ci lascia senza parole la visione grandiosa del Consolino precipite su quella che viene chiamata la “valle bizantina”: sulle pendici franose color ocra profondamente solcate dalle acque meteoriche alcune bianche caprette brucano pacificamente.Dev’essere lo stesso scenario incontaminato che contemplavano gli antichi anacoreti dalle loro grotte rupestri, molte delle quali ancora esistenti. Ne visitiamo una alla fine di un sentiero praticato lungo il fianco del monte:la laura di Santa Maria di Tramontana, trasformata nel 1906 da don Vincenzo Papaleo in chiesetta intitolata alla Divina Pastorella. Sopra l’altare, dietro il quale si apre la cavità originaria, un dipinto dei primi del secolo raffigura la Madonna e il Bambino in abitiagresti, circondati da pecore:è Maria “Divina Pastorella” non solo perché Madre del Buon Pastore, ma in quanto lei stessa si prende cura assieme al Figlio del gregge dei fedeli. Questa insolita devozione – scopriremo poi –ha avuto origine in Spagna nel XVII secolo. Diffusissima in Venezuela, lo è stata anche in alcune zone del Sud Italia almeno fino alla prima metà del XIX secolo. Un’altra raffigurazione della Divina Pastorella e del Bambino con cappelli contadini la scopriamo, prima di ripartire, in una cappella della chiesa di San Francesco. Stavolta è un incantevole gruppo ligneo policromo con figure a grandezza naturale, che ispira tenerezza e innocenza: quasi un richiamo all’Eden originario. è questo l’ultimo saluto che ci dà Stilo. (Fonte: Città Nuova)