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Cultura e Società

L'essenzialità di San Francesco di Paola

Paolo Emanuele · 9 anni fa

“San Francesco di Paola ci invita a guardare l’essenza delle cose, l’essenziale, l’essenzialità, non il superfluo, lo sciocco, l’inutile, l’insignificante”. Questo lo specifico del “Cenacolo Filosofico” che il teologo Filippo D’Andrea ha tenuto nella Biblioteca Comunale di Lamezia Terme sul tema “Francesco di Paola. Il santo dell'essenziale”. Lo scritto di D’Andrea è stato, tra l’altro, oggetto di un intervento pubblico che lo stesso autore ha tenuto di recente a Curinga (il pamphlet, di circa 40 pagine, è pubblicato infatti nella collana della Biblioteca comunale di Curinga), al termine della processione in onore del Taumaturgo calabrese, in occasione della locazione della statua del Paolano, a cura dell’Associazione di volontariato “Don Bosco”. L’incontro a Lamezia si inserisce tra gli appuntamenti celebrativi per il VI centenario della nascita del Santo Calabrese (1416 - 2016). Dopo l’introduzione dell’autore, i presenti (che D’Andrea ha omaggiato della copia del suo scritto, che egli ha voluto dedicare ai suoi genitori, morti entrambi il due aprile, la madre del 2004, il padre del 2010) hanno intavolato un dialogo socratico, dove il metodo della maieutica ha fatto sì che attraverso alcune gigantografie di iconografie di San Francesco di Paola, con su scritto la pratica delle sue virtù, si potesse raggiungere autonomamente una conoscenza del “più santo dei calabresi ed il più calabrese dei santi”, così definito da Giovanni Paolo II. Ciò che è emerso dalla discussione sono stati i tratti distintivi che hanno caratterizzato la vita di San Francesco, la penitenza prima di tutto, poi umiltà, carità e sobrietà, valore necessario quest’ultimo per la civiltà dell’essenziale. E a tal proposito Filippo D’Andrea ha evidenziato come “frate Francesco vestiva un saio, si cibava di erbe crude e legumi bolliti, viveva in una grotta, una capanna, una celletta e dormiva su una pietra, oppure su un pagliericcio”. Sicuramente una scelta estrema di povertà la sua, “ma si potrebbe estrapolare da questa scelta così radicale – ha aggiunto il teologo - un valore vivibile obiettivamente oggi, e estremamente necessario: la sobrietà esistenziale”. E’necessario allora uno sforzo per riuscire a capire le profondità, l’essenzialità delle cose. “Penitenza significa lo sforzo, l’impegno, la fatica – ha rimarcato Filippo D’Andrea - di andare all’essenza. Di andare al centro della vita”. E nei vari studi che ha fatto sull’eremita viandante e asceta sociale, D’Andrea ha colto in Francesco di Paola “questo bisogno di coniugare, di riconciliare ciò che è dentro e ciò che è fuori. Ciò che si muove nel profondo delle pieghe dell’animo e ciò che, invece, deve essere costruzione, azione, attività, mobilità”. In conclusione, si rende necessario adoperarsi per costruire quei pilastri che fanno parte di un’architettura basata sull’essenzialità.