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Il Vangelo della domenica

Riflessione sul Vangelo della I Domenica di Avvento

Gigliotti Saveria Maria · 9 anni fa

L’Avvento è una parola piena di contenuto religioso, divino e umano. Avvento vuol dire l’avvicinarsi di Dio e il nostro Dio è Dio che vuol essere vicino alle sue creature perché è Creatore. Vuol essere vicino fino ad arrivare tra noi. Vuol essere Emmanuele, Dio con noi. Per questo si è fatto uomo. Con l’Avvento liturgico ci prepariamo a quella notte di Betlemme, quando Dio si è fatto uomo, nascendo dalla Vergine Maria. Ci prepariamo a questo, ma, nella prospettiva dell’Avvento, dobbiamo pensare all’altro avvento del mondo intero, l’avvento escatologico. E poi dobbiamo pensare alla nostra vita come ad un avvento. Se la nostra vita ha un significato, un senso, lo ha perché è avvento, perché aspettiamo una cosa, aspettiamo un futuro, aspettiamo Dio. Dobbiamo incontrarlo. La vita non va verso la terra, verso la distruzione dell’essere umano. Va verso l’incontro con Dio. Questa è la nostra fede. La Chiesa ci propone ogni anno l’Avvento come un periodo per ravvivare questa fede, per farla di nuovo presente, viva, attuale, ispiratrice per ciascun credente. La fondamentale verità sull’Avvento è, nello stesso tempo, seria e gioiosa. è seria: risuona in essa lo stesso “vegliate” che sentiamo nella liturgia delle ultime domeniche dell’anno liturgico. Ed è, nello stesso tempo, gioiosa: l’uomo infatti non vive “nel vuoto” - lo scopo della vita dell’uomo non è “il vuoto”-. La vita dell’uomo non è soltanto un avvicinarsi al termine, che insieme alla morte del corpo significherebbe l’annientamento di tutto l’essere umano. L’Avvento porta in sé la certezza della indistruttibilità di questo essere. Come lo stesso Gesù ci fa intendere nel Vangelo della prima domenica di Avvento: “Vegliate e pregate...” (Lc 21,36), lo fa perché possiamo essere preparati a “comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36). In questo modo, l’Avvento è anche il primo e fondamentale tempo di scelta; accettandolo, partecipando ad esso, scegliamo il principale senso di tutto la vita. Tutto ciò che avviene tra il giorno della nascita e quello della morte di ogni uomo, costituisce, per così dire, una grande prova: l’esame della nostra umanità. E perciò, quell’ardente richiamo di San Paolo nella seconda lettura di questa prima domenica di Avvento: il richiamo a potenziare l’amore, a rendere saldi e irreprensibili i nostri cuori nella santità; l’invito a tutto il nostro modo di comportarci - in linguaggio d’oggi si potrebbe dire “a tutto lo stile di vita”-, all’osservanza dei comandamenti di Cristo. L’Apostolo insegna: se noi dobbiamo piacere a Dio, non possiamo perseverare nella stasi, dobbiamo andare avanti, cioè “per distinguerci ancora di più” (cf. 1Ts 4,1). Ed è così infatti. Nel Vangelo vi è un invito al progresso. L’Avvento porta in sé il significato più profondo del progresso e, ogni anno, ci ricorda che la vita umana non può essere una stasi. Deve essere un progresso. L’Avvento ci indica in che cosa consiste questo progresso. E perciò aspettiamo il momento della nuova nascita di Cristo nella liturgia. Poiché Egli è Colui che – come dice il Salmo di oggi – “addita la via giusta ai peccatori; guida gli umili secondo giustizia, insegna ai poveri le sue vie” (Sal 25,8-9). In più il salmista proclama che: “Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia per chi osserva il suo patto e i suoi precetti... Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza” (Sal 24[25],10-14). Si, Dio si rivela! Questo rivelarsi di Dio all’uomo merita il nome di buona novella, di promessa. Le parole del profeta Geremia che la prima lettura riporta ne sono una conferma: “Ecco verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele ed alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia... In quei giorni Giuda sarà salvato” (Ger 33,14-16). Esse testimoniano che nella storia del popolo eletto l’eterno disegno di Dio divenne promessa, l’avvento rivestì la sua forma storica e divenne attesa. Ma questo Avvento si è già storicamente realizzato. Viviamo nella luce del Vangelo, cioè nel mistero rivelato da Dio all’umanità in Gesù Cristo. Siamo suoi discepoli e seguaci. Siamo battezzati, cioè immersi, con la potenza dello Spirito Santo, nel mistero pasquale di Cristo: nella sua morte e risurrezione. L’Avvento ha ancora un altro significato. Sappiamo che il Regno di Dio per opera di Cristo è già presente. E tuttavia non cessa di venire, per questo preghiamo insistentemente “venga il tuo Regno”. Cristo stesso ci ha insegnato questa preghiera. E Cristo parla pure, nell’odierno Vangelo secondo san Luca, della venuta del Figlio dell’uomo e dei segni di quest’ultima venuta “con potenza e gloria grande” (Lc 21,27), esortandoci con queste precise parole: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21,28). Questa liberazione, o redenzione, si è già compiuta, tuttavia essa deve compiersi ancora sino alla fine. Questo non è già l’Avvento storico, ma quello escatologico: noi tutti camminiamo verso le realtà ultime. Cristo ci mostra che la redenzione nella sua pienezza escatologica significa la realizzazione degli eterni destini dell’uomo (e del mondo) in Dio: quando Dio sarà “tutto in tutti”.