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Cultura e Società

La visione di città solidale di don Giacomo Panizza Dopo la protesta ora è il momento della riflessione

Antonio Cataudo · 9 anni fa

La visione di Don Giacomo Panizza per una società solidale

Il Quartiere di Capizzaglie nella città di Lamezia Terme, ha vissuto in questi giorni una protesta che l’ha dipinto come simbolo di razzismo e violenza, proprio ora che tutto il mondo sta vivendo la tragedia di una migrazione epocale con famiglie che in preda a guerre e sofferenza decidono di partire rischiando la loro stessa vita. Sono persone che salgono su un barcone o un tir, senza sapere dove stanno andando ma solo da cosa stanno fuggendo. Don Giacomo Panizza da quarant’anni ha abbracciato la città di Lamezia Terme scegliendola come punto di partenza per una comunità fatta di solidarietà e giustizia, contro ogni forma di razzismo e illegalità. Nel 1976, nella vita del sacerdote, un esodo e una visione, decise di migrare da nord a sud, da Brescia a Lamezia Terme, per rispondere alla richiesta di lavorare con le persone diversamente abili in un territorio per molti sconosciuto come la Calabria, un terra che a molti non piace ma che in fondo non conoscono o conoscono poco, riducendo tutto a una regione preda solo di mafia diffusa. La visione del sacerdote si traduce così nella Comunità Progetto Sud, dove Sud non vuole indicare la destinazione geografica ma il progetto di veder vivere e lavorare insieme persone con disabilità e non. Presto la Comunità si è allargata a tutte quelle persone vittime di discriminazioni, da persone con disabilità a tossicodipendenti, a extra comunitari, sfidando ogni forma di razzismo e pregiudizio. Sono coì nati i centri di riabilitazione per persone con disabilità anche in situazione di grave handicap; la comunità terapeutica Fandango, per l’assistenza e la riabilitazione delle persone con problemi di tossicodipendenza; la casa famiglia “Dopo di noi” rivolto a persone con disabilità gravissima prive del sostegno e dell’assistenza dei familiari e il Condominio solidale, struttura costituita da piccoli appartamenti per progetti di vita indipendente rivolti a persone con disabilità. La visione di società solidale ha abbracciato poi centri diurni per persone con disabilità, col centro sociale culturale “Pensieri e Parole” e il parco giochi lilliput che dal 1995 unisce i giovani a Capizzaglie, quartiere periferico di Lamezia Terme. C’è però una comunità che ultimamente è stata teatro di razzismo e violenza gratuita, la Comunità Luna Rossa, che dal 2011 accoglie i minorenni non accompagnati che arrivano sulle nostre coste. Lo scorso 11 agosto in Via dei Bizantini, un gruppo di manifestanti, affiancati anche da alcuni consiglieri comunali, ha protestato davanti alla sede della Progetto Sud in cui è ospitata la comunità Luna Rossa. è bastata una notizia, smentita dopo poco, di un’aggressione ai danni di un anziano nel quartiere in questione, da parte di immigrati. è bastato il sentore di una notizia per unire addirittura membri del consiglio comunale, a protestare contro un’aggressione poi smentita. La protesta non si è limitata a qualche slogan, ma è degenerata in calunnie da parte di alcuni cittadini verso i giovani ragazzi stranieri. “Tornatevene nella savana” è stato il grido di molti di loro, insomma una protesta che come ha dichiarato Don Giacomo Panizza «definire pacifica non esiste». Il dato negativo e più preoccupante è stato che l’ignoranza ha portato alla protesta che tra l’altro, come ha dichiarato Don Giacomo Panizza «non ha visto la presenza della città, ma paradossalmente di partiti politici, ultras del pallone, un paio di residenti, poi il resto veniva da fuori». La protesta, come era inevitabile, è diventata la notizia di punta della stampa, come se della finta aggressione non interessasse più a nessuno. Don Giacomo si è detto convinto che «la vicenda dell’anziano non c’entrava, è stato solo un pretesto per addossare le colpe ai minorenni del nostro centro». Una rabbia gratuita contro un gruppo di persone, tra l’altro minorenni, divenute quindi causa di mali della società, come se la perdita del lavoro o la disoccupazione, dipendessero da un gruppo di extra-comunitari che arrivano nei nostri paesi. Secondo il sacerdote la politica stessa dovrebbe dare l’esempio di comunione e integrazione, eppure vedere due consiglieri del comune di Lamezia alla manifestazione non ha dato prova della sensibilità e della ricerca della verità e della giustizia che chiede e di cui ha bisogno la città. «La Repubblica Italiana – ha ricordato - è dentro la Convenzione di Ginevra, con l’Onu e l’Unione Europea contro la discriminazione, quindi anche i partiti, dovrebbero essere promotori di democrazia, non prendere parte a una protesta che non può definirsi pacifica, i partiti politici che si candidano per il bene comune dovrebbero portarlo avanti». Il messaggio da seguire è secondo Don Giacomo «fare comunità, fare politica, fare inclusione, fare economia sociale, fare rete, fare giustizia, fare cultura perché il patrimonio da perseguire non è il denaro, ma il gruppo che nasce o che aiutiamo a nascere». Dalle sue parole è emersa quindi la necessità di una presa di coscienza per fare della nostra società una grande famiglia, che sappia accogliere e si faccia promotrice di giustizia e comunione, perché il vero modo di essere liberi è proprio perseguire la verità e allontanarsi da ogni forma di pregiudizio. Nella visione che porta con sé Don Giacomo Panizza la città di Lamezia Terme ha la possibilità di diventare il simbolo dell’integrazione e della fratellanza a patto che nasca dai cittadini stessi un sentimento di pace e comunione.