Solennità del Corpo e del Sangue del Signore Omelia – Cattedrale 4 giugno 2015 In una Cattedrale piena ma composta, il 4 giugno la Chiesa Diocesana si è ritrovata per Concelebrare attorno al Vescovo, la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore. In questa celebrazione sono stati istituiti ministri straordinari della comunione numerosi fedeli. Segue l’omelia del Presule Diocesano Celebriamo la Solennità del Corpo e del Sangue del Signore e viviamo il memoriale della Pasqua, cioè del dono della vita di Gesù per noi. Tutta la liturgia insiste sul passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza che si realizza con il sacrificio del corpo e del sangue di Gesù. Nell’agnello immolato dell’Antica Alleanza noi vediamo simbolicamente espresso il sacrificio di espiazione in favore del popolo, ma ciò che avviene nell’Eucaristia non è un simbolo, è la realtà: il pane e il vino diventano realmente il corpo e il sangue di Gesù offerto per la nostra salvezza. Il Signore ha scelto di essere presente tra gli uomini, nelle specie semplicissime del pane e del vino. Per questo la Chiesa ha istituito i suoi ministri, i sacerdoti, perché non mancasse mai ai fedeli il pane della salvezza, il corpo e il sangue di Gesù. Oggi poi in modo particolare daremo il mandato ai ministri straordinari della comunione, uomini e donne nostri fratelli che si impegnano ad essere testimoni dell’Eucaristia, ad essere “cristofori”, portatori di Cristo a coloro che soffrono. Preghiamo per loro, perché nutrendosi dell’Eucaristia e nell’adorazione di tale mistero giungano a donare la loro vita, il loro tempo, la loro disponibilità per gli altri e per il bene della Chiesa. Vorrei fermarmi con voi sul senso dell’adorazione Eucaristica perché fra poco noi attraverseremo la città portando Gesù presente nell’Eucaristia.
In tal modo compiamo un gesto di adorazione e di offerta, mettendoci in cammino. La presenza del Signore nelle specie del pane e del vino e l’adorazione Eucaristica, è un dono speciale fatto dal Signore alla Chiesa cattolica. Ogni grande corrente spirituale all’interno del cristianesimo, ha accentuato un aspetto: i protestanti la parola di Dio, gli Ortodossi il culto delle icone, per la Chiesa cattolica il culto eucaristico. In uno sguardo ecumenico noi possiamo dire che ognuna di queste tre vie realizza lo stesso scopo: la contemplazione di Cristo e del suo mistero, ma per noi l’adorazione eucaristica è la via preferenziale, perché nell’Eucaristia noi adoriamo il sacramento del Dio Vivente. Noi adoriamo il mistero di Dio che si fa Parola, immagine visibile, nutrimento per noi. La Chiesa cattolica valorizza queste tre vie perché riconosce che sono complementari, ma vive la gratitudine immensa per il dono dell’Eucaristia, al punto che si può dire che “l’Eucaristia fa la Chiesa”. Nella celebrazione della Messa, la liturgia della Parola è la prima forma di contemplazione eucaristica. Infatti è la Parola che illumina, chiarifica, provoca la conversione della vita; ancora è la Parola che introduce il mistero che si celebra presentandoci di volta in volta un aspetto della salvezza; attraverso la Parola noi conosciamo Gesù e ci prepariamo a comunicare con Lui, a partecipare della sua vita. La mensa della Parola prepara la mensa del pane, suscita il desiderio e accresce il gusto di seguire Gesù. Per cui non è corretto dire che “andiamo a sentirci la messa”, come se andassimo a teatro o a “prenderci la comunione”, come si prende un caffè. Quando “partecipiamo alla Messa”, noi partecipiamo al mistero di Cristo che è dono d’amore per noi. Quindi ci impegniamo a vivere come ha vissuto Lui, donando se stesso fino alla fine!Benedetto XVI scriveva: «L’Eucaristia ci attira nell’atto oblativo di Gesù e quindi veniamo coinvolti nella dinamica della sua donazione» (Deus Caritas est, 13). Nell’Eucaristia ci nutriamo del corpo e del sangue di Gesù nelle specie del pane e del vino. Il pane è ciò che alimenta e il vino ciò che rallegra la vita dell’uomo. Volendo sacrificare se stesso sulla croce per amore degli uomini, Egli ci ha lasciato il memoriale della sua Pasqua: «Prendete questo è il mio corpo… questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti». Questo significa far si che anche la nostra vita sia eucaristica, assuma una forma eucaristica, di dono totale! Ma questo dono non si improvvisa. è possibile se coltiviamo alcuni atteggiamenti interiori che precedono, accompagnano e seguono la celebrazione dell’Eucaristia: la meditazione della Parola, la contemplazione dei misteri della vita di Gesù e il loro risvolto nella vita concreta personale e della comunità; l’intuizione della volontà del Padre per noi e il desiderio di attuarla… Questi sono per noi come il luogo “dove prepariamo la Pasqua”! Un giorno il santo curato d’Ars, vedendo ogni mattino, un contadino in preghiera davanti all’Eucaristia, gli chiese che cosa facesse tutto assorto. Il contadino candidamente gli rispose: «Cosa faccio? Niente. Io guardo Lui e Lui guarda me». Solo anime veramente semplici sanno gustare questa Presenza d’amore e bruciare il proprio tempo, apparentemente in pura perdita! La contemplazione cristiana è allora fatta di sguardo e di amore. è un contatto da cuore a cuore, è il dono di riconoscere in quell’Ostia consacrata la presenza reale del Signore accanto a me, davanti a me, in me, come dice il salmo: «Effondi il tuo cuore davanti al Signore e spera in Lui».Anche se noi siamo distratti, aridi o ci sentiamo lontani, Lui c’è: «non si addormenta il custode d’Israele!». Non solo ma Gesù ci ha promesso che «chiunque mangerà di me vivrà per me», cioè attraverso me! Vivrà grazie a me, attraverso il nutrimento che è la “mia” vita, ma anche darà la vita per me, come me! Questo è un mistero grande di cui siamo resi partecipi. Ce ne rendiamo conto? L’Eucaristia ci rimanda dunque al nostro nutrimento e possiamo chiederci: che cosa nutre veramente la mia vita? Il tema del pane è una questione sociale di importanza e urgenza mondiale. All’Expo di Milano ci si interroga su questo, ma anche noi possiamofarlo diventare un tema da vetrina, se non ci lasciamo scomodare dai bisogni reali dell’umanità. «Abbiamo bisogno della parola di Dio che ci istruisca su come rapportarci con il paneaffinché sia davvero nutriente, per sé e per tutti. Possiamo ampliare lo sguardo e giungere a dire che dobbiamo imparare a mangiare il pane dentro le nostre stesse parole umane, perché il pane che sazia è quello condiviso nella bellezza delle relazioni, rese possibili da parole vere, giuste, miti, ospitali». (Comunità di Dumenza). Allora con fiducia e in verità possiamo dire al Signore: «Dacci sempre di questo pane!»
Amen